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Data: 29/12/2018 -

​Tchetchoua, il calcio è un affare di famiglia: l'esordio da titolare con la Virtus Francavilla e la sorpresa di papà Michael

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Nato in Camerun, arrivato in Italia a 3 anni, ha sei fratelli che giocano a calcio: “Ho studiato Stankovic e Sneijder, chi insulta come successo con Koulibaly ha una vita vuota”
Nato in Camerun, arrivato in Italia a 3 anni, ha sei fratelli che giocano a calcio: “Ho studiato Stankovic e Sneijder, chi insulta come successo con Koulibaly ha una vita vuota”

Sotto l'albero di Natale, ha trovato la prima partita da titolare tra i professionisti. E ora si gode una vista sul 2019 fatta di campo, ottimismo e voglia di emergere. Giovanni Tchetchoua si è guadagnato la copertina nella Virtus Francavilla che ha costretto al pareggio la capolista Juve Stabia nella giornata di Santo Stefano.

Radici in Camerun, nozioni calcistiche acquisite in Italia, passando per il settore giovanile dell'Inter e l'Olginatese, prima di accettare in estate – a 18 anni – la prima sfida al sud con i pugliesi. Fino al 26 dicembre aveva totalizzato otto minuti in campo in serie C, contro il Monopoli, poi mister Trocini l'ha lanciato nella mischia dal 1' contro la Juve Stabia. Risposta positiva, per 92 minuti giocati da 'tuttocampista', tutto corsa e grinta. Fino agli applausi al momento dell'uscita dal campo nel finale.

“E' stato bellissimo, devo ringraziare il mister e la società per la fiducia – spiega Giovanni da casa sua, a Milano, ai microfoni di gianlucadimarzio.com - io ho sempre cercato di dare il massimo per dimostrare di essere pronto in qualsiasi momento. La mia ora è arrivata e spero di aver risposto bene”. Una giornata indimenticabile, resa tale anche da una sorpresa inattesa a fine partita: “Mio padre Michael è venuto allo stadio a vedere la partita, non mi aveva detto nulla. Mamma Melanie invece è rimasta a casa, ma lei e i miei sei fratelli hanno seguito tutti la partita”.

In casa Tchetchoua, Giovanni è il più piccolo. “Ma anche il più coccolato – sorride – siamo molto uniti e legati al calcio”. Che è un affare di famiglia: tutti lo praticano, anche sua sorella, e quattro anni fa i suoi fratelli Stendhal, Aldric e Roussel hanno giocato insieme nel Tribiano, in Promozione. Per loro non è una novità fare squadra: “Con il calcio impari meglio tante cose – ammette Giovanni – conosci bene le persone e socializzi in fretta. Sono arrivato in Italia quando avevo 3 anni e giocare mi ha aiutato tanto per crearmi nuove amicizie”.

Amici, come quelli che l'hanno accolto al ritorno a Milano per le vacanze di Natale, agevolate dal calendario che vede la Virtus a riposo nell'ultimo turno: “Mi sono venuti a prendere in stazione, è bello ricaricarsi grazie alla compagnia di chi conosci da una vita”. Stessa sensazione che ha della città in provincia di Brindisi: “Ringrazio l'ex direttore Fracchiolla che mi ha chiamato durante le vacanze per propormi la Virtus, mi hanno convinto il progetto e la solidità societaria, con il presidente Magrì che non ci fa mancare niente. Qui si vive bene, c'è grande compattezza e in città si sta bene”.

Eppure gli inizi non sono stati facili. Tanta panchina, altrettanta tribuna. Per un 18enne, avere pazienza non è mai semplice: “All'inizio, ho cercato di dimostrare il più possibile, poi dopo il mese di ricovero a Milano e l'arrivo di mister Trocini sono ripartito”. Già, perché nel 2018 di Tchetchoua c'è stato spazio anche per un “virus molto pericoloso, che per fortuna ho debellato”. Studi al liceo scientifico (“Adoravo la storia, ho studiato anche quella della Virtus prima di venire qui” sorride), idee chiare sugli ululati sentiti a Milano verso il difensore del Napoli Kalidou Koulibaly: “Chi insulta come successo con Koulibaly ha evidentemente una vita vuota, e magari nemmeno ha badato al fatto che nell'Inter giocava Keita, che è senegalese come il difensore del Napoli – ammette Giovanni - è gente che non va nemmeno commentata. Ne ho vissute anche io nel calcio giovanile, ma ho sempre cercato di non farci caso e di fare del comportamento di queste persone un'arma in più a mio favore, per caricarmi”.

Carica, come quella che esprime in campo. Merito anche di maestri studiati a lungo negli anni con il settore giovanile dell'Inter: “Stankovic, Sneijder e Brozovic – risponde senza dubbi parlando di modelli - vederli allenarsi dal vivo è un'occasione di crescita. Hanno tutti un gran tiro dalla distanza, un'arma sulla quale lavoro tanto. L'anno scorso così ho realizzato anche un bel gol con la maglia dell'Olginatese contro il Bra”. Dalle reti ai goal, inteso all'inglese nel senso di obiettivi.

“Non sono mai tornato in Camerun, ma vorrei farlo a breve. E' uno dei desideri per il 2019”. Prima, però, c'è una seconda parte di stagione da vivere con la Virtus: “La società arriva da due anni importanti, non lasciano nulla al caso e ho capito che è grazie all'organizzazione che hanno raggiunto i playoff nelle ultime due stagioni. Ultimamente abbiamo cambiato rotta, speriamo che il 2019 sia l'anno della continuità”. Per lui e la Virtus.



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