La Roma di José Mourinho va a giocarsi la finale di Conference League a Tirana. Un'altra finale, dopo 31 anni. Un'eternità calcistica annullata in un anno e un giorno di gestione del portoghese. Tanto è passato da quell'ultima semifinale vinta, in Coppa Uefa contro il Brondby di un altro Schmeichel (il padre di Kasper) nella stagione 1990/91. Un anno in cui la maggior parte dei titolari giallorossi di oggi non era nemmeno nata.
Ha deciso tutto un gol di Tammy Abraham all'11'. Da calcio piazzato, un colpo di testa dopo essere andato più in alto di tutti. Il punto di forza di questa Roma, il punto debole del Leicester. E l'inglese, oltre che a riportare la squadra giallorossa in una finale europea, è anche riuscito a sfatare il suo personale tabù contro le Foxes segnando loro il suo primo gol in carriera in 8 partite (compresi dunque i precedenti in Inghilterra).
Le ultime reti dell'inglese? Nel derby contro la Lazio - in campionato - e contro il Bodo in Conference, competizione in cui ha realizzato il suo nono gol. Gli unici inglesi ad averne realizzati di più in una grande competizione europea (escluse le qualificazioni) sono stati Shearer (11 Coppa Uefa 04/05) e Bowles (Coppa Uefa 76/77). Inoltre, Abraham è diventato il primo giocatore inglese a segnare 25 gol in questa stagione, in tutte le competizioni, nei cinque maggiori campionati europei. Decisivo.
L'atmosfera di una finale
In realtà Roma-Leicester non è iniziata alle 21. Era già cominciata per le vie della città, molto prima. Con i clacson che già risuonavano per le strade (e non per il traffico); anche qualche 'Grazie Roma' a tutto volume dalle macchine dei meno scaramantici. L'atmosfera era quella di una finale. Come aveva detto José Mourinho, che ai suoi tifosi aveva chiesto anche di giocarla. Bandiere e voce per tutti e novanta i minuti di gioco, più i 5 di recupero e oltre. Nessuno degli oltre 63mila dell'Olimpico voleva lasciare il suo posto.
Tutti in piedi, come Mourinho e Foti praticamente per tutta la gara. A dare indicazioni, guidare la squadra senza più avere un perimetro vicino alla panchina. Dalla metà campo alla bandierina prima di un corner battuto da Pellegrini. Una partita nella partita. A bordocampo come sugli spalti.
Quindicesimo sold-out stagionale, oltre 63mila tifosi presenti e il milione di presenze complessive superato in stagione. Un Olimpico pieno di sogni e di bandiere. Che ha cantato senza sosta, così forte da non far sentire nemmeno l'inno della Conference. Troppo più forte la spinta del pubblico. Lo stesso che ha sospinto ogni azione della Roma, ogni discesa di Zalewski, ogni chiusura di Smalling. Che ha risposto aumentando i decibel ad ogni invito di Pellegrini o Abraham, con le braccia larghe verso gli spalti come a dire: 'Di più'. Detto, fatto. Applausi per tutti. Anche per Claudio Ranieri, l'unico stasera in grado di unire i tifosi della Roma e gli oltre 3mila del Leicester che hanno riempito il settore ospiti. Un grazie a Sor Claudio e Sir Ranieri che ha ricambiato con un applauso, un sorriso e gli occhi lucidi.
Tra presente e ricordi, un ponte Roma-Leicester prima di ritornare a Roma-Leicester che si stava giocando in campo anche con l'aiuto delle inquadrature dei maxischermi. Più partite nella stessa partita. Quella di un 5 maggio difficile da dimenticare per i tifosi della Roma è iniziata alle 21 e finita intorno alle 23 ma in realtà è cominciata molto prima. Un po' dal pomeriggio con il suono dei clacson come se fosse già cominciata una festa, un po' dall'andata di Leicester. E un po' dal 4 maggio. Ma del 2021. Un anno e un giorno dopo l'annuncio di Mourinho, la sua Roma conquista la finale di Conference League. L'inizio di questo cammino. Da allora, un giorno nuovo. 'New Day', volendo. Intonato con quella base di sax che tanto piace a Mourinho in pullman prima di una gara, come sottofondo discreto all'affetto assordante dei tifosi, e dopo una vittoria.