A Neerpede, il centro dove crescono i giovani dell’Anderlecht, le regole sono ferree. Non sono ammessi tatuaggi e orecchini, anche i nomignoli sono visti di cattivo occhio. Negli spogliatoi dell’Under 21, in bella vista, fino a qualche anno fa c’erano addirittura due foto appese a fare da monito: “Una di Cassano, l’altra di Balotelli. C’era una X sopra e una scritta eloquente ‘tu non sei così’”. Lo racconta Massimo Sarcì, palermitano doc emigrato in Belgio nel 2006 per inseguire il sogno di crescere giovani talenti.
Dall’Academy del Milan a quella dell’Anderlecht, passando per la scuola calcio della società belga, per un percorso iniziato nel 2012 e che continua in giro per l’Italia e l’Europa con la sua Golden Team Academy. Sarcì ne ha conosciuti tanti: Tielemans, Praet, Dendoncker. Anche i fratelli Lukaku: “Romelu non l’ho mai allenato, ma l’ho conosciuto bene - racconta Sarcì a Gianlucadimarzio.com - La prima cosa che mi ha colpito di lui era la sua compostezza. Salutava tutti quando arrivava al campo, anche chi non conosceva. Abbassava leggermente la testa e ti stringeva la mano. Era composto, puntuale, educato. Mai fuori posto, mai una voce alzata”.
TALENTO DA SGREZZARE
Perfetto stile Anderlecht, la squadra che allena la testa prima di tutto: “Alla base della metodologia di lavoro c’è la velocità mentale. Esercitazioni, allenamenti, anche il modo di stare con i compagni, tutto è teso a sollecitare la parte cognitiva del calciatore. In poche parole tutto quello che viene fatto in un campo di calcio ma al doppio della velocità”. Un lavoro che ha sgrezzato Romelu: “Era molto meno bravo di quanto non sia ora. Molto più legnoso".
È migliorato col lavoro e l’impegno, ci ha creduto sempre: “Era uno di quelli che arrivava prima e se ne andava dopo”. Un gigante grezzo diventato attaccante letale: “La sua struttura fisica era impressionante già da giovanissimo. Era uno veloce nel lungo, ma non rapido, col tempo è diventato anche bilaterale: destro, sinistro, con struttura corporea e bilanciamento sempre perfetti. A livello fisico non incarnava il modello di giocatore da Anderlecht, ma la sua velocità di pensiero lo ha reso un attaccante straordinario”.
I gol però li ha sempre fatti: “Tantissimi, fin dal primo anno”. A Neerpede aveva già tanti ammiratori, ma il fan numero uno è sempre stato il fratello, più piccolo di un anno: “Jordan stravedeva per lui – ricorda Sarcì - era il suo idolo. Quando Romelu passò al Chelsea la prima cosa che faceva Jordan finita la partita era vedere il risultato della squadra inglese e la chiamata di rito per sapere come fosse andata non mancava mai”.
RAPPORTO SPECIALE
Un rapporto cementato nelle difficoltà di un’infanzia difficile vissuta in povertà, anche se all’Anderlecht in pochi si erano accorti della difficile situazione finanziaria della famiglia Lukaku: “Si capiva che fosse una famiglia umile, anche perché viveva in uno dei quartieri più difficili di Bruxelles, ma non abbiamo mai pensato ad uno scenario come l’ha poi raccontato Romelu nel corso degli anni”. Un letto per due, poco cibo e tanta fatica per arrivare a fine mese: “La sensazione che la famiglia fosse in difficoltà economica c’era, ma non lo davano a vedere”.
Anche perché era difficile vedere Jordan senza il sorriso stampato in volto: “E’ sempre stato esuberante, vivace, decisamente diverso rispetto a Romelu”. Ragazzino simpatico, sempre pronto a qualche ‘marachella’: “Una volta siamo andati in ritiro a Palermo, casa mia – ricorda Sarcì - La sera c’era poco da fare, quindi ognuno doveva inventarsi uno spettacolino in coppia con un compagno. Lui ha cantato una canzone con Massimo Bruno e Praet e nel momento topico, quando sembrava dovesse iniziare il ritornello, si fermò e con il suo solito sguardo divertito si bloccò, ci guardò e con naturalezza disse: “C’est fini”, facendo scoppiare a ridere tutti”.
Un ricordo in particolare lega Sarcì a Jordan: “Il suo abbraccio al triplice fischio della finale del Viareggio contro il Milan nel 2013. Il suo sguardo non lo dimenticherò mai”. Diversi ma uniti da sempre, i fratelli Lukaku si sono ritrovati in Italia. Uno nell'Inter, l’altro alla Lazio. “Partiti dal basso e arrivati fin qui”, recitava un post di Romelu al termine della sfida tra i due di poche settimane fa. Da Neerpede alla Serie A per un fioretto fatto con la mamma che pregava al buio per un futuro migliore: “Qualcosa cambierà”. Promessa mantenuta.
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