C’è chi nasce figlio d’arte, e chi artista. In casa Beruatto c’è chi studia recitazione in America e c’è chi invece ha seguìto le orme di papà. Con la maglia sbagliata? Punti di vista: lui, Pietro, che di anni ne ha 20, è felicissimo di vestire la maglia bianconera, che per papà Paolo era stata da giocatore quella degli Avversari. Con la A maisucola.
Più piemontesi di Paolo ce ne sono pochi in fin dei conti: è nato a Cuorgné, è cresciuto nelle giovanili del Toro prima di provare altre esperienze, tra cui Avellino e Lazio. Poi, è diventato allenatore e a Trieste, quando nel 98 era alla guida della Triestina, ha concepito Pietro. Il calcio nel DNA per il terzo dei quattro figli: Andrea studia a Los Angeles e vuole diventare attore; Giulia, la secondogenita, vive a Trieste; quindi, dopo Pietro, c’è anche Greta che ha appena compiuto 18 anni e vive ad Arezzo. Dove è nata Giovanna Colombin, moglie di Paolo, nominata nel 2006 miss Mamma Italiana.
Pietro è stabile a Torino. Gioca nella Juventus Under 23 ma spesso viene aggregato nella squadra di Sarri. Papà Paolo lavora come collaboratore tecnico nella selezione Under 16: il fatto che abbia sempre detto di simpatizzare per il Toro non lo ha frenato per nulla. Anzi, ha sempre speso parole di elogio per il progetto bianconero, soprattutto pensando alle prospettive di crescita che si sono presentate al figlio. Il primo successo è arrivato nel 2016, con la vittoria della Viareggio Cup. Ora si pensa a crescere.
Chi lo conosce bene, lo presenta come estremamente educato, tranquillo: pochi eccessi, tanta voglia di allenarsi. Sarri questo l’ha notato e in estate l’ha “rubato” a Pecchia per dargli anche la possibilità di scendere in campo da titolare contro la selezione coreana sfidata in tournée. Con lui, quel giorno, c’era anche Muratore. Il centrocampista è un altro piccolo gioiello che la Juve Under 23 vuole valorizzare molto. Per ora, però Beruatto sembra un gradino avanti: ha giocato tutte le partite in C, arando quella fascia sinistra avanti e indietro, come piace a Pecchia. Ma anche a Sarri. Senza dimenticare papà Paolo. Anche lui era un esterno difensivo, anche lui mancino. È difficile trovare qualcuno più figlio d’arte di così. Ora bisogna diventare anche un po’ artisti: la strada è tracciata.
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