Un gol ancora addosso, sulla pelle. San Siro, un derby, il buio, uno stadio intero ai tuoi piedi... e magari non sai come esultare. Incredulità oltre la felicità: Ezequiel Schelotto oggi è allo Sporting, in Portogallo, un'altra vita da terzino destro (qui la prima parte dell'intervista). Titolare e inamovibile, che strano il calcio. Ma ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com riavvolge il nastro, l'Italia gli è rimasta nel cuore.
E lo ricorda come fosse oggi, quell'Inter-Milan del febbraio 2013: "Dimenticarlo credo sia impossibile. Ero arrivato all'Inter da pochissimi giorni. C'è il derby, avevo portato in tribuna tutta la famiglia: dai nipoti ai fratelli, mamma e papà, la mia futura moglie. Perdevamo 1-0, appena entrato mi è capitato subito un pallone all'improvviso su cross di Nagatomo. L'ho colpito di testa... entra. Gol, ho segnato. Non ci credevo, davvero: non sapevo neanche come esultare".
Il sorriso di Schelotto si allarga, le emozioni di quella sera sono infinite. Da non perdersi neanche un dettaglio: "Ho pianto di felicità appena tutti i compagni mi hanno sommerso, un abbraccio fantastico. E tutto San Siro urlava il mio nome perché giocavamo in casa... non avevo la minima idea per un'esultanza. E poi, di corsa ad abbracciare Stramaccioni".
Lui, Strama, l'allenatore che lo ha voluto: "Gli devo tanto, lo sento qualche volta e mi fa sempre piacere. Lo trovo bravissimo, spero torni presto protagonista perché se lo merita". La notte più lunga della vita di Schelotto non finisce qui. Negli spogliatoi arriva Massimo Moratti, il Galgo è quasi commosso: "Lo vedevo avanzare verso di me, sorridevamo entrambi. Ci siamo abbracciati e mi ha detto una sola frase: 'Sappi che da ora in poi sarai nella storia dell'Inter'. Sentire quelle parole da un presidente così... indimenticabile. Anche perché Moratti è una persona davvero speciale".
Sembra l'inizio di una favola, a tutti gli effetti: "Su consiglio di Ricky Alvarez sono andato subito a fare un tatuaggio con la data di quel derby. La porto sulla pelle, oggi e per sempre". Ma il sogno dura poco, pochissimo. Perché tra Ezequiel e l'Inter qualcosa si rompe, il cambio in panchina stravolge le strategie. Rincorso e acquistato a gennaio, messo sul mercato in estate: "Per me è una ferita ancora grossa. Mi ha voluto Stramaccioni, poi è andato via e con Mazzarri non sono neanche stato portato in ritiro". L'amarezza per Schelotto è ancora tanta: "Mi è dispiaciuto non poter dimostrare il mio valore, ero appena arrivato e sono diventato il capro espiatorio da far fuori senza avere una chance. Avevo solo 23 anni: un peccato".
Se con Mazzarri non è scattata la scintilla, nelle memorie di Schelotto c'è un allenatore che oggi è sulla bocca di tutti. Un retroscena? Prendete un Catania tutto argentino, un aereo e il Cholo Simeone, mescolate bene. Al resto pensa Ezequiel: "Eravamo in volo tutti insieme, avevamo vinto a Brescia, punti pesantissimi. Poco prima di atterrare ci hanno informati del gol del Genoa contro la Samp: 'Ha segnato Boselli', Lo Monaco esulta. E siamo impazziti di gioia sull'aereo, la salvezza era stata raggiunta. Una festa che non vi dico...".
Schelotto ride e ripensa al Catania da favola, una delle tappe più belle della sua carriera: "Ballavamo tutti insieme e cantavamo con Papu Gomez, anche Simeone era incontenibile... ci eravamo salvati con quello che allora era un record di punti storico. Quel Catania è stato qualcosa di magico e si riassume in quel momento, sembrava di giocare in una squadra argentina!". Ma com'era il primo Simeone in panchina? "Semplice: era già un fenomeno. Aveva grinta, rabbia, cattiveria come da giocatore. Ma la cosa più particolare era vederlo durante le partite: le soffriva tantissimo, sembrava quasi fosse in campo con noi. Maniacale in ogni dettaglio. Se perdevamo, ci difendeva e ci aiutava. A un patto: lottare, sempre, fino alla fine. Io, Papu Gomez, tutti insieme. Un gruppo fantastico". La legge del Cholo.
Già, il Papu. Più di un compagno per Schelotto: "Gomez è un amico, ora lo guardo su Instagram: mi fa morire per le fasce da capitano che fa! E poi balla sempre, ballava anche a Catania, anche fuori dal campo è una splendida persona". Dici Papu e pensi all'Atalanta. Per Schelotto, non sarà mai una squadra come le altre: "L'Atalanta rimane nel mio cuore. Sono arrivato giovanissimo, Colantuono ha creduto in me. Poi Bergamo è una piazza fantastica, la cosa più bella che ricordo è il tifo: un calore pazzesco, vincere contro quell'Atalanta era durissima per tutti. Lì sono diventato uomo e poi calciatore, fino a guadagnarmi l'Inter. Adesso stanno facendo cose incredibili, auguro alla Dea di andare in Europa perché se lo meritano tutti, tifosi e squadra così giovane ma così forte...".
Eh già, l'Italia. Adesso Schelotto è amatissimo allo Sporting ma non dimentica il suo passato. Tornare, un giorno? "Chissà, mai dire mai. Non ci penso, ho la testa allo Sporting, un paradiso. Anche se ho ancora lì da voi la mia famiglia...". Non ditelo ad alta voce nella splendida Lisbona dove Ezequiel è un idolo, titolare fisso. L'aereo del Catania, l'urlo di San Siro, l'Atalanta dei sogni, magari l'Argentina con Messi come nuova data indimenticabile. Buon viaggio, Galgo. Al prossimo tatuaggio.