21 marzo, un martedì come tanti, tu e i tuoi compagni ad aspettare la lezione di letteratura. Il professore entra, posa i libri, e vi dice che oggi si celebra la giornata mondiale della Poesia. Prende un gesso e scrive alla lavagna "Che cos'è la poesia?". E tu, che la forma di poesia più vera che conosci è il calcio, pensi al doppio passo di Luis Figo. Ma non lo dici, perché il calcio per quel professore non sarà mai degno oggetto di versi d'autore. E' proprio così?
Il calcio e la poesia, due elementi che sembrano diametralmente opposti, in realtà nella storia della letteratura hanno più volte formato un binomio creativo indissolubile. Sono molti gli autori che li hanno intrecciati in versi o in narrativa. Da Pasolini a Soriano, da Camus a Borges. Perché l’incanto della poesia vive della rappresentazione magica della realtà, dell’uomo che la interpreta e di conseguenza delle sue passioni, anche le più profane e ancestrali. E cosa, meglio del calcio, rappresenta il sentimento più terreno, la “religione che non ha atei” (come scrisse in modo geniale un anonimo) e alla quale aderiscono in massa le folle? René Frégni disse: “Tutte le mattine, in ogni angolo del mondo, dalla praterie dell’Islanda ai confini della Terra del Fuoco, dalla Siberia più orientale al Brasile, il calcio abbraccia i cuori di miliardi di uomini che si svegliano”.
Ecco servita la materia ai poeti che si nutrono della società; che osservando, hanno percepito il trasporto delle folle nel seguire un pallone che corre su un prato. Su quel campo che diventa teatro di vita, “ultima manifestazione sacra del nostro tempo”, ricordando Pier Paolo Pasolini. Dove si vince, si perde, si fatica, si urla e si tifa per i colori della stessa maglia. Scriveva Umberto Saba, in una delle Cinque poesie sul calcio:
Correvano sue e giù le maglie rosse,
le maglie bianche, in una luce d’una
strana iridata trasparenza. Il vento
deviava il pallone, la Fortuna
si rimetteva agli occhi la benda.
Correre, stoppare, dribblare, andare in gol, meglio se con la fantasia che fa vibrare gli spalti ed emozionare gli spettatori, perché “In fin dei conti il calcio è fantasia, un cartone animato per adulti”. (Osvaldo Soriano, autore, tra i tanti testi, di “Pensare con i piedi” e “Fùtbol”). E se pensiamo al luogo dove pallone e fantasia sono le radici fondanti del modo di giocare, oltre che di vivere, non possiamo che dire Brasile! Quella nazione sorta sulla terra dove la palla sembra scivolare meglio anche quando un bambino la calcia per la prima volta. Perché, citando lo scrittore e saggista uruguaiano Eduardo Galeano, “Ci sono alcuni paesi e villaggi del Brasile che non hanno una chiesa, ma non ne esiste neanche uno senza un campo di calcio”.
Là, come in tutto il Sudamerica, il calcio E’ religione. E non servono stadi moderni, impianti ad alta tecnologia. Bastano una palla e un paio di piedi che se ne interessino per poter capire quanto è vero ciò che disse Jorge Luis Borges: “Ogni volta che un bambino prende a calci qualcosa per la strada, lì ricomincia la storia del calcio”.