Suo padre Amerigo è stato un ottimo corridore negli anni '40 e '50 e poi organizzatore di eventi in ambito ciclistico, lui stesso ha provato a cimentarsi con la bicicletta prima di dedicarsi al mondo del calcio. Maurizio Sarri e la bicicletta, una grande passione quella dell'attuale allenatore della Lazio che risale alla sua infanzia e che continua tuttora.
Sarri: "Casa mia era pane e ciclismo. Ero un buon ciclista, l'anomalia per me è stata il calcio"
"La mia passione con ciclismo c'è da sempre. Mio padre, nonni, zii...Casa mia era pane e ciclismo. Era normale appassionarsi e andare in bicicletta. E' stato tutto naturale, l'anomalia è stata il calcio non il ciclismo. Secondo me ero un buon ciclista e un giocatore mediocre. Per me andare a correre era una responsabilità: sentivo che venivo da una famiglia di ciclisti e dovevo vincere. Mi pesava un po', ma l'amore per il ciclismo è rimasto sempre", così Maurizio Sarri a Eurosport.
Sul soprannome Parapei: "Era il soprannome di mio nonno. Qui in Toscana ci si conosce tutti per soprannomi e io me lo sono scritto anche davanti a casa. Poi è diventato il soprannome del mio babbo e io ero il Parapeino secco perché ero l'ultimo arrivato e perché ero 187 cm e pesavo 69 chili. Ero il secco".
Sarri: "Moser mi ha fatto emozionare. Calcolavo le ammonizioni per vederlo correre"
Sul suo stile: "Ero più un passista veloce, mi divertiva tantissimo la discesa, ma ancora...Credo che sarei un corridore da classica in Belgio e non da grandi giri". Sui primi ricordi del ciclismo e sull'idolo: "Il mio primo ricordo è un Giro d'Italia vinto da Gimondi all'ultima curva, ero veramente piccolino, la fulminata totale però me l'ha data Francesco Moser. Moser rimarrà un idolo per tutta la vita: mi ha fatto emozionare. Quando correva lui e giocavo io cercavo di calcolare le ammonizioni per vederlo alla Parigi-Roubaix. L'ho seguito con una passione enorme. Lo trovai una volta in Versilia, aveva la maglia della Filotex e mi misi a seguirlo a distanza. L'avevo seguito anche quando era ancora un dilettante perché correva in Toscana al Bottegone e mio babbo mi diceva sempre che c'era un ragazzo forte".
L'allenatore della Lazio si sofferma poi sul paragone tra il Sarrismo e Landismo, due concetti che possono essere visti come sinonimi: "Sono quelle filosofie bellissime, ma quasi sempre perdenti. Il bello è il viaggio, non la meta".
L'allenatore toscano si è poi soffermato sulle differenze tra Tour e Giro, con delle similitudini con Premier e Serie A: "La differenza che c'è tra il Tour e il Giro mi ricorda quellla tra la Premier League e la Serie A: uno strapotere mediatico-economico che sarà difficile colmare, però speriamo che le grandi squadre abbiano interesse più per il giro d'Italia in modo che questi nomi girino anche qui. Siamo in un momento in cui siamo in attesa. Abbiamo corridori che nelle corse di un giorno possono far bene, manca quello che può far appassionare anche i giovani. Per quanto mi riguarda, essendo innamorato del ciclismo, che ci sia uno sloveno o un italiano mi importa poco, però per il sistema sarebbe importante un nome che vince e che faccia appassionare i bambini ad andare in bicicletta".