I tatuaggi in più, la fascia e la canottiera in meno, le corse verso la Nord sempre quelle. Altri due gol all'Udinese e Ciro Immobile scalza Tommaso Rocchi nella classifica all-time dei marcatori della Lazio: 105 pari, ma 84-82 nella sola Serie A. “Eh sì, mi ha preso”, sorride l’ex attaccante, 42 anni, ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com. Ieri capitano, oggi allenatore, bandiera biancoceleste sempre. Filosofia, una: lazialità senza rivalità.
“Ma è normale, parliamo di un giocatore importante che ha sempre segnato tantissimo. Sono contento per lui, perché i suoi gol servono alla Lazio. E poi è un bravo ragazzo, ancora giovane: spero che riesca a superare anche gli altri”. Giordano, Chinaglia, Signori, Piola. Il primo è un passo (108), il recordman ancora lontano (159), gli altri due (122 e 127) acciuffabili già nella stagione in corso. Se i ritmi di Ciro rimangono questi: 19 reti, dicembre è appena iniziato. Inarrestabile. “La cosa impressionante è che questi numeri li ha fatti nella metà del tempo che ci ho messo io (tre anni e mezzo contro otto, ndr)”, gli rende onore Rocchi, invidiandogli qualche colpo. “Mi piace molto quando si muove in profondità, che è un po’ quello che facevo io attaccando alle spalle dei difensori. A smarcarsi e a finalizzare è un campione”.
"Lazio in Champions? Serve continuità fino alla fine"
Anche perché, con dei rifornimenti così… “Senza togliere nulla agli altri. Però centrocampisti offensivi con la qualità di mandarti in porta, che mettono il passaggio filtrante come Luis Alberto o Milinkovic…diciamo che mi avrebbero fatto comodo”, l’ex numero 18 vede esultare Immobile e ricorda. “Ne ho passati, di momenti magici con questa maglia. Tutti i derby, giocati e vinti. Se non si prova non si può capire. E poi il double Coppa Italia più Supercoppa a Pechino”. L’unico titolo soffiato all’Inter di Mourinho, nella stagione del triplete. “Una partita di grande sofferenza, con mio gol decisivo, alzando un trofeo importante da capitano. Indimenticabile”.
Come le notti dell’Europa che conta, ad oggi le ultime della Lazio. “Una bella soddisfazione per tutti, quel 2007. In pochissimi erano riusciti ad arrivarci”. Nesta, Nedved, Salas. Tocca rispolverare gli eroi del secondo scudetto. “Era l’anno buono, sentivamo di potercela fare”, spiega Rocchi. “Quindi abbiamo dato quel qualcosa in più che alla fine ha fatto la differenza”. Forse ciò che è mancato alla squadra in questi ultimi anni. 2011, 2012, 2015, 2018: troppi, i flirt finiti male con la Champions. “Arrivarci non è mai facile, ci sono sempre tante concorrenti attrezzate. Fin qui ci voleva un po’ più di continuità di risultati: le maratone per l’Europa si decidono spesso all’ultimo e allora conta la testa”. Ma, 30 punti in 14 giornate, la squadra di oggi è diversa? “L’obiettivo è quello, stanno facendo molto bene. La mia Lazio merita di tornare lì”.
Rocchi allenatore
Tommaso non si sbilancia e tifa dall’interno, perché dopo aver chiuso la carriera in Ungheria e assaggiato il ruolo di talent a Sky, dal 2016 è tornato a casa. “Quando uno smette, non si sa mai cosa si è portati a fare”. Chiamatela crisi del ritiro. Presto risolta, entrando dall’altra porta nel settore giovanile biancoceleste. “L’ho capito giorno per giorno: questa è la mia strada, sono felice e non mi manca il calcio giocato. Perché gli allenamenti li faccio lo stesso, anche se in un altro ruolo: il semplice fatto di spogliarsi, mettersi le scarpe ed entrare in campo mi riempie di gioia”. Ancora di più se arrivano i primi successi: lo scorso maggio, la sua U14 ha vinto il campionato regionale battendo la Roma in finale 3-0. Scatenando l’ambiente, Rocchi come il primo Inzaghi. “Il paragone fa piacere”, il commento dell’allenatore oggi salito all’U15. “Ma sono concentrato sul mio percorso: un passettino alla volta, cercando di fare più esperienza possibile per salire di categoria. Solo il fatto di essere tornato a lavorare qui, per me è un grande privilegio. Ormai questa è la mia città”.
Fuori dal campo: da Rialto ai Fori, papà e chitarrista
Laziale d’adozione, veneziano di nascita. Proprio nell’isola dello stadio: radici che riaffiorano, in un momento così delicato. “Che disastro, l’ultima acqua alta”, ora Rocchi si rabbuia. “A Venezia torno poco, ma lì ho ancora la mia famiglia e sono collegato tutti i giorni. Dispiace: purtroppo in tanti pensano che l’alta marea sia un’attrazione turistica quando invece è un fenomeno che crea tanti disagi. Speriamo si risolva tutto presto, per il patrimonio artistico ma soprattutto per quelli che ci vivono”. Da Rialto ai Fori, certo che Tommaso ha deciso di circondarsi di bellezza. “Mi manca prendere il vaporetto e guardare fuori, la laguna e la città che ti scorrono davanti”. Momento nostalgia, anzi no. “Eh, il clima di Roma…dove lo trovi al nord? Sole e caldo fino a novembre. Così allenarsi diventa una goduria”.
Non solo in campo. “Faccio il papà a tempo pieno, ho tre figli piccoli che mi fanno correre ed è bello così”, spunta l’uomo dietro all’ex calciatore. “Poi suono la chitarra: ogni tanto ci troviamo a cena con il mio staff e poi suoniamo un po’ in giro. Elettrica o acustica, ci piace svariare”. Dalla squadra alla band (e non è l'unico), il gruppo sempre al centro. “Lo facevo da giocatore, ora penso sia giusto farlo anche con i miei collaboratori e trasmettere questi valori ai ragazzi”, spiega Rocchi. “Canzone preferita? L’ultima che stiamo provando è Non avere paura, di Tommaso Paradiso”. Coincidenze della fede: il cantautore è uno sfegatato biancoceleste, cresciuto con Signori e oggi nel mito di Immobile. Vedete? Lazialità batte sempre rivalità. Pallone o plettro che sia.