Una promozione attesa 12 anni. Una partita a difendere la porta della propria città. La realtà supera il sogno, quello di Nicola Sambo: “Terzo portiere del Venezia di Inzaghi, mezzo giocatore e mezzo tifoso. Quando Perinetti mi chiamò non ci potevo credere. E con Tacopina si scherzava: ero un po’ la mascotte di quella squadra”.
Sono passati tre anni. Mille vite: Super Pippo ha appena festeggiato un’altra promozione record, ma in Serie A, e con il Benevento troverà il Venezia da avversario in una calda notte di luglio. L’ex direttore sportivo del club ha ormai lasciato anche il Genoa. Mentre l’italoamericano non è più il presidente. E Nicola? A nemmeno 25 anni ha deciso di dire basta: “A gennaio ho rescisso con la Luparense in Serie D”, l’ex portiere inizia a raccontare per GianlucaDiMarzio.com. “Era il momento di prendere una decisione radicale per il mio futuro: ho degli obiettivi di vita con la mia compagna e per questo ho scelto di imbarcarmi, nel settore nautico per turisti a Venezia. Per colpa del coronavirus è tutto in standby, l'economia della città in ginocchio da mesi. Ma appena si ripartirà voglio ottenere la licenza per guidare il taxi acqueo”.
Anche se la nuova vita di Nicola non è del tutto fuori dal calcio. “Intanto collaboro con la scuola portieri Imparare a volare di Francesco Benussi e Giuseppe Aprea”. Grandi ex arancioneroverdi, che Sambo conosce da sempre. “La mia prima partita al Penzo fu quel Venezia-Fiorentina 4-1 con tripletta di Recoba. Poi facevo da raccattapalle ad Aprea quando io ero nel settore giovanile, prima di passare al Chievo: ora sono contento di condividere le mie esperienze con i più piccoli. Di calcio ne ho vissuto abbastanza”.
Dopo Venezia un’altra promozione con il Livorno, poi Carpi. Perfino un mese di prova con il Leeds United in Championship: “Ero convinto di poterci stare”, l’amarezza di Sambo. “Poi purtroppo non mi presero per due chili di troppo. Avrei preferito sentirmi dire di essere scarso: il rimpianto è per quello che ho trovato in questo mondo, non per le scelte che ho fatto”.
Anzi, forse una sì. “Nel caso del Venezia è stato diverso: lì le gerarchie erano state messe in chiaro sin da subito e le possibilità di avere spazio erano poche. Oggi a mente fredda, da veneziano firmerei di nuovo e ogni giorno. In termini di percorso professionale, magari no: avevo bisogno di giocare”. Tante piazze importanti, poche occasioni: solo 7 presenze in carriera tra i professionisti. “Anche se una di quelle mi basta per tutta la vita”.
L'istante
30 aprile 2017. Il Venezia ha vinto con cinque giornate di anticipo il girone B di Serie C e ospita l’Albinoleffe per l’ultima stagionale al Penzo. C’era già stato spazio per tutti, mancava solo Nicola. “La settimana prima a Gubbio aveva giocato Vicario”, ricorda lui con un sorriso. “A fine partita Inzaghi mi fermò negli spogliatoi: guarda che la prossima tocca a te. Nei quattro giorni successivi avrò dormito dieci ore in tutto”. Adrenalina a mille. “Non volevo sbagliare, non l’avrei mai accettato. Ma c’erano tanti fattori di cui tenere conto: l’inattività, il pubblico, l’emozione. L’avevo preparata in modo maniacale”.
Si parte. Dopo 5 minuti, un difensore del Venezia perde palla da ultimo uomo. L’attaccante dell’Albinoleffe vola verso la porta, Sambo si immola in uscita e salva tutto. Boato del Penzo. “Bella parata, sì. Davanti alla mia famiglia e agli amici di sempre”. Finirà 1-1, senza intoppi o altre prodezze. “Nel mio piccolo, posso dire anch’io di aver fatto parte di quella stagione storica”
Mentalità Inzaghi
Per l’ex numero 12, ci sono due immagini copertina. “Naturalmente la festa promozione, perché quando vinci un campionato così e segui le orme di Poggi, Collauto e di tutti i grandi veneziani di questa società è una soddisfazione unica. E poi il giorno della presentazione della squadra”. In modalità lagunare. “La nostra piattaforma-bus era attraccata nel bacino tra l’Arsenale e i Giardini della Biennale. A due minuti a piedi dalla casa dove sono nato: mi sembrava un giro coi 'fioi' in sestiere, eppure annunciavano il mio nome davanti alle facce di sempre”.
L’inizio di un ciclo. “In quei mesi tutto era passato da meraviglia a normalità”, Sambo spiega i segreti delle squadre di Inzaghi. “Il mio vicino in spogliatoio era un ex Serie A come Domizzi: le prime volte ero un po’ teso, poi nemmeno me ne accorgevo più. Merito della mentalità portata dall’allenatore. Un campione del mondo a Venezia era una manna dal cielo. Una persona che aspira sempre al top, capace di farci sentire tutti partecipi, alla pari. Eravamo un corpo unico verso l’obiettivo. Oggi vedo il cammino del Benevento e non mi sorprende: so come funziona con lui”.
Anche quando si va in vacanza. “Finito il campionato ci siamo incontrati io, Marco Modolo e Pippo a Formentera: un aperitivo al volo, qualche risata. Ma dopo tanto lavoro intenso, trovare anche solo mezz’ora in cui staccare la spina per il piacere di ritrovarsi tutti insieme è ancora più bello. E la dice lunga sullo spessore umano di Inzaghi”. Il capitano invece è l’unico giocatore rimasto di quella squadra. “Marsura l’ho ritrovato a Carpi, con gli altri ogni tanto ci sentiamo e continuiamo ad avere un bel rapporto. Anche se ormai abbiamo preso altre strade”.
Oggi Sambo continua a tifare. “Come no! Sono già tornato in Curva Sud e non vedo l'ora che riapra: il calcio senza pubblico fa malinconia”, continua l’ex portiere, ormai dall’altra parte. “Tra il piacere di aver difeso quei pali e il rammarico non esserci più? Non voglio essere ipocrita. Le scelte si fanno ma sono sofferte. Ora riparto da zero. Sogno la mia squadra in Serie A e una famiglia: se un giorno avrò un bambino, gli racconterò che ho giocato nel Venezia e che ho avuto come allenatore Pippo Inzaghi. A lui l'ho già detto”. L’incanto di un momento, da rievocare durante una corsa in taxi.