C’erano una volta un ex rapinatore (d’area), un analista di (calcio)mercato e un avvocato di New York. Si trovano a Venezia, hanno in mente il colpo da novanta: niente lingotti d’oro stile Italian Job, ma un progetto di rinascita che vale molto di più. Riportare un club reduce da tre fallimenti ai fasti di Recoba e Maniero. Ieri sogno pazzo, oggi realtà concreta e ancora in divenire. Il deal tra Tacopina e il direttore sportivo scatta tra i dilettanti nel 2015. Inzaghi arriva in medias res, una stagione e una categoria più avanti. “Era incuriosito dalla mia scelta di dirigente, con tanti anni di Serie A alle spalle e allora sceso fino alla D”, racconta Giorgio Perinetti in esclusiva per GianlucaDiMarzio.com.
Oggi al Penzo, con il suo Benevento, Pippo tornerà per la prima volta da avversario. E qui, l’album dei ricordi viene rispolverato anche dall’ultimo ds del Genoa. “A Inzaghi le sfide sono sempre piaciute, quella poi era davvero in controtendenza anche per un giovane allenatore”, Perinetti rievoca la scintilla. “Abbiamo sempre continuato a sentirci, a partire dalla mia breve esperienza juventina”. 1998-2000: l’uno responsabile del settore giovanile bianconero, l’altro Super Pippo nel fiore degli anni. “Gli illustrai il progetto Venezia e rimase colpito dalla passione. Fu tutto naturale. Mi ricordo ancora l'Inzaghi attaccante: quando era alla Juve conosceva tutti i giocatori, anche della Serie C! Un'enciclopedia del calcio. E quindi, per uno come lui, ritrovarsi in Lega Pro da allenatore fu la stessa cosa. Seguiva tutto, sapeva ogni dettaglio, parlava ai suoi ragazzi come se avesse sempre fatto quella categoria, pur essendo al debutto”.
Centravanti, allenatore e...prof
Seguirà un biennio magico, capace di far tornare a sognare una piazza ormai irretita dal calcio. “Inzaghi riceve applausi ovunque, tutti gli vogliono bene. E a Venezia l’entusiasmo fu incredibile già alla presentazione”. Pensate a una città che per anni ha visto la propria squadra annaspare dalle dolomiti al delta del Po, nel buio del dilettantismo dopo aver assaggiato la Serie A più bella di sempre. Un campione del mondo in Piazza San Marco era garanzia di rinascita. Lui lo sa bene, entra nel cuore della tifoseria, cerca di capire Venezia prima del Venezia. “C’è sempre stato un grande feeling, voglia di fare, rispetto dei ruoli”, continua Perinetti. “E anche per i ragazzi della Lega Pro lui era innanzitutto il centravanti del Milan, prima ancora che l’allenatore”. Vedere per credere. Il primo ritiro estivo iniziò con Super Pippo in campo, a farsi passare il pallone dallo staff. Tutta la squadra seduta attorno come una scolaresca: gli occhi sul prof. Inzaghi, che spiegava agli attaccanti i trucchi del mestiere. A fine stagione, Moreo e compagni ringraziano.
Lo dicono i numeri. Subito arriva la promozione in Serie B dominando il girone del Parma, la vittoria in Coppa Italia Lega Pro, il triplo salto di categoria sfiorato l’annata seguente. L’ora dei saluti: Perinetti a fine 2017, Inzaghi nell’estate 2018. “Si creano dei minicicli, poi è difficile riproporsi con tanta regolarità”. L’ombra del rammarico, nelle parole del ds. “Io sarei rimasto. Purtroppo però ci sono stati degli equivoci e le cose sono andate diversamente, bisogna andare avanti”. Oggi il Venezia è ancora lì, lo spavento della scorsa stagione alle spalle e il nuovo corso di Dionisi in rampa di lancio. Del trio originale, resta solo il presidente Tacopina. “Con me e Inzaghi sono stati anni vincenti, è normale che i tifosi ci ripensino. Il club, dalla scorsa stagione, ha rivoluzionato i ranghi e i migliori sono stati ceduti”. Vicario, Stulac, Moreo. “Un’altra testimonianza del nostro buon lavoro. Oltre ai risultati sono arrivate anche plusvalenze interessanti”.
"Pensava solo al gol? E oggi solo al risultato, che è un po' il gol di chi allena"
E lo stesso Inzaghi non ha dimenticato. Soprattutto nel momento più difficile, con la città in ginocchio durante questo novembre di acqua alta da record. Troverà una Venezia sulla via del recupero, un Venezia che non è più il suo. Super Pippo l’emotivo, al di là del gol, come visto in sala stampa nei giorni prima della gara. “Al Venezia continua a essere legato - continua Perinetti - ma il calcio sarà sempre così. Quella di Bologna è stata una parentesi negativa, ma c’è una differenza tra l’impegno economico che Saputo ha messo quest’anno rispetto al 2018. Ora Inzaghi si rilancia a Benevento: una società importante, che gli dà i mezzi per far bene e questo primo posto rispecchia le sue capacità”.
Il calciatore si ritira, il killer instinct no. “È vero quel che si dice”, ammette il dirigente. “Inzaghi giocatore pensava solo al gol, e li faceva. Era un vero cannibale dentro l'area di rigore. Oggi pensa solo al risultato, che è un po’ il gol di chi allena. Era pragmatico e realista, è così. Il profilo ideale per realizzare quello che abbiamo fatto a Venezia”. Già si sentono gli applausi del Penzo, e pazienza se la giacca avrà l’emblema del Benevento: non era un film, ma il Leone d’Oro è arrivato comunque.