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Ore 18:04 – Lazio campione, lo scudetto in due atti

Il 14 maggio 2000 i biancocelesti di Eriksson vincevano il loro secondo tricolore. Ballotta dall’Olimpico e Olive dal Curi, oggi ce lo raccontano così: cronaca vintage del giorno più pazzo della storia della Serie A

Ore 9, il calcio italiano si sveglia per l’ultima domenica di campionato. All’Olimpico arriva la Reggina: out Marchegiani, Marco Ballotta è pronto a difendere i pali della sua Lazio. “La fine di una settimana come le altre. Almeno per noi: ci eravamo preparati pensando solo al campo”. Perché fuori dalla bolla Formello, invece, era successo di tutto. Il gol di Cannavaro annullato al Delle Alpi, il calcio e la stampa indignati, Moggi nel mirino.

“Qui invece sentivamo tutte le pressioni. Giorni davvero pesanti, anche dal punto di vista mediatico”. Renato Olive, centrocampista 29enne, è il capitano del Perugia. Aveva già fatto il suo, la squadra di Mazzone ormai salva. Ma avrebbe dovuto strafare: Juve 71, Lazio 69 e bianconeri al Curi. La pulizia del campionato aggrappata alla resistenza degli umbri: “Anche la stagione precedente lo scudetto era passato dalle nostre mani”, ricorda Olive. “Non riuscimmo a fermare il Milan, ma anche perdendo evitammo la retrocessione”.

Al presidente non bastò. “Non l’avevo mai visto così arrabbiato: a campionato finito ci mandò tutti in ritiro per un mese in Giappone. Prima della Juve non c’era bisogno di altre minacce: conoscevamo già le varie procedure Gaucci. Che in settimana continuava a garantire: “Sarà spareggio, spareggio, spareggio”. Si sbaglierà.

Nessuno avrebbe immaginato come


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Ore 12:30. A Piazzale Flaminio i tifosi biancocelesti marciano nel corteo funebre più clamoroso: è la morte del calcio, con tanto di bara e compianta regolarità sportiva. “Sapevamo delle manifestazioni”, dice Ballotta. “Ma guai a distrarsi: sempre un gran polverone, quando c’era la Juve di mezzo all'epoca. Tutte ipotesi che per noi calciatori non portavano a nulla. Contava solo battere la Reggina, poi avremmo avuto anche la finale di Coppa Italia. La nostra stagione era ancora lunga”.

A Roma il sole batte forte. A Perugia il cielo si rannuvola: ore 15, Borriello e Collina fischiano il calcio d’inizio. Per il primo quarto d’ora i tifosi della Lazio sono in protesta silente, ma la squadra macina gioco. Ballotta mai chiamato in causa: “Eravamo superiori, partita portata a casa in scioltezza. Mai avuto il timore di non vincerla”. I rigori di Inzaghi e Veron nel primo tempo, Simeone nella ripresa. Piano piano il pensiero si spostava sempre di più al Curi.

Olive corre. “Difficilmente si poteva vedere un’abnegazione simile da parte di una squadra senza più obiettivi: volevamo vendere cara la pelle, forse la Juve non se lo aspettava. Ma se i bianconeri si sono ritrovati in quella situazione è per aver dilapidato un vantaggio importante nelle settimane precedenti. Noi abbiamo solo giocato a calcio.


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Ore 15:25, a Perugia inizia a piovere. “Il fattore climatico magari ci ha favorito. Ma fino a che punto, chi l’avrebbe detto: forse solo un arbitro della caratura di Collina poteva gestire una situazione del genere”. Finiscono i primi tempi: Juventus 72, Lazio 72, l'acqua degenera in nubifragio.

Ore 16:08, con le due squadre già nel sottopassaggio viene ritardata la ripresa di Perugia-Juve. Per dieci minuti a Roma si aspetta, poi Lazio-Reggina deve ripartire. In Umbria la sfida diventa un’altra.

“Io, Conte e Collina a decidere il futuro del campionato”


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Una pausa, poi il primo sopralluogo dei due capitani. “Di’ all’arbitro che si deve giocare! Prova là, che il pallone rimbalza! Gaucci era scatenato. “Mi aveva richiamato più volte”, sorride Olive. “Io andavo da Collina a fargli vedere che si poteva, che il campo era praticabile. Ma onestamente, ero peggio di Pinocchio: in quel momento la palla si impantanava e basta”. E Conte? “Prima di quella partita avevo un ottimo rapporto con lui: pugliesi e centrocampisti tutti e due, per me era un punto di riferimento. Poi per tanti anni mi ha tolto il saluto. Ora gli è passata…”

La posizione della Juve era chiara. Non volevano proseguire: logico, e all’inizio il campo lo giustificava. Ogni 5 minuti tornavamo a controllare con le pressioni dei rispettivi presidenti. Ma figuriamoci se Collina si lasciava influenzare”. Quando parla dell’arbitro di Viareggio, Olive si illumina: Un’interruzione record, senza precedenti nella storia del calcio. Ma rinviare il match al giorno dopo, con i tifosi della Lazio che sarebbero venuti in massa, sai che caos anche per l’ordine pubblico? Collina è stato bravissimo ad aspettare tutto quel tempo”.

Oltre un’ora. In due atti e due città, lo scudetto 1999/00 si è deciso anche così.

Dietro le quinte

“Noi del Perugia eravamo convinti che la partita non sarebbe ripresa”, confessa il capitano. “E quindi chi fumava la sigaretta, chi si era fatto la doccia, chi era sparito e non sapevamo dove fosse. Ormai si pensava già al giorno dopo”. L’opposto della squadra di Ancelotti: “A un certo punto ci siamo affacciati in palestra. I bianconeri erano tutti lì, serissimi. Stretching e riscaldamento. Chissà quante energie mentali avranno consumato. In quel momento noi eravamo l’anticalcio, alla fine invece saremmo stati premiati”.

Sorpresa un po' per tutti. Ore 16:50: tra i biancocelesti entra Conceiçao ed esce Mancini. È l'addio al calcio di Roberto, il giro d'onore sulle spalle di Lombardo: per adesso, il loro unico tricolore rimane quello vinto con la Samp.


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Ore 17:11, sliding door della stagione. Fischio finale all’Olimpico, Lazio batte Reggina 3-0. E adesso cosa facciamo?. Per Ballotta e compagni si fa surreale:Quel giorno, la vera partita scattava allora: dentro lo spogliatoio. Inizio del secondo tempo al Curi: Olive sul pallone, non piove più. “Il campo era ancora molto pesante, ma sempre più praticabile: se penso alle gare che rinviano oggi per maltempo, mi viene da ridere”.

Al Perugia torna il calcio, a Roma… Prigionieri della radiolina!, sorride il portiere. “Noi giocatori, divisi tra tribuna e spogliatoi, la gente riversata in campo: tutti eravamo consapevoli che prima o poi i bianconeri avrebbero segnato. E poi che ridere, le notizie che continuavano ad arrivare. Gol della Juve, anzi annullato, boati a caso”. Tutto il Calcio dagli altoparlanti dello stadio non bastava a placare un vocio mitologico. “Bel casino però. Se succedesse oggi? Social, streaming in diretta, si sa tutto e di più. Quello invece era anche uno scudetto da ascoltare. Intensamente”.

Ore 17:17. Conte rinvia corto, un difensore del Perugia stoppa, calcia d’esterno e lascia di sasso Van der Sar. Lazio 72, Juve 71.

Che c… abbiamo combinato!


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Gol di Calori

Che sul megaschermo dell’Olimpico diventa Cappioli. “A quel punto nessuno capiva più niente. E l’ottimismo cresceva”. Eriksson camminava, nervoso. I suoi ragazzi un corpo unico. “Assembrati attorno alla radio”, continua Ballotta. Simone era attaccato con l’orecchio e muoveva le mani a ogni azione. Couto e Pancaro sopra il tavolo, altri in mutande”.

Mentre al Curi, Olive è nel pieno della battaglia. “Loro hanno avuto 4-5 palle gol, Mazzantini ha fatto grandi parate: abbiamo alzato una barricata incredibile”. La Juve getta la maschera, alle corde. Zambrotta entra e dopo 7 minuti si fa cacciare per due entrate killer, Inzaghi si mangia la palla per pareggiare: ormai non c’erano proprio con la testa.


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La Lazio in apnea, scaramantica: “Dai, anche se segnano sarà spareggio”. Il Perugia resiste: “Ogni momento di quel giorno mi sembra ieri. Ma l’ultima scena ce l’avrò in mente per sempre: tifosi e forze dell’ordine già a bordocampo, Materazzi che porta la palla verso la bandierina, Esnaider in pressing. E vallo a spostare Marco. Attimi lunghi, lunghissimi. Come racconta Stankovic.

Poi Collina fischia. “E noi scappiamo subito negli spogliatoi del Curi”. Nuovo scambio di ruoli: all’Olimpico invece, tutti fuori. “Il putiferio, la baraonda totale: chi strappava pezzi di campo, chi la rete della porta. Seguiranno i complimenti del mondo dello sport al Perugia, “perché avevamo onorato il calcio italiano, dimostrando che nulla era impossibile. Ma se l’avessimo giocata altre 100 volte, avremmo sempre perso”. Seguiranno i caroselli della Lazio: Non avevo e non avrei mai rivisto Roma così in festa. Proprio nell’anno del Giubileo, mai banale la storia di questo club: dovevamo vincere noi”.

Era scritto

Olive e Ballotta sono d’accordo, uniti dalla commedia di un giorno che continua vent'anni dopo. Perché di episodi da raccontare ne salteranno fuori altri, statene certi. Ma le lancette, quelle si sono fermate da un pezzo.

Ore 18:04. La Lazio è campione d’Italia.

 


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