‘Gli uomini sognano più il ritorno che la partenza’. Scrive così il brasiliano Paulo Coelho. Per Pochettino quella di Parigi sarà una ri-partenza, una grande occasione. A distanza di 18 anni dall’ultima volta, l’argentino torna al Psg. Dopo l’esperienza dal 2001 al 2003 come difensore del club parigino, l’ex Tottenham prenderà il posto dell’esonerato Tuchel. Non è la prima volta che allena in una squadra dove ha giocato. Era già successo all’Espanyol, con i catalani aveva iniziato nel 1994 la sua esperienza europea da giocatore, che si è conclusa sempre a Barcellona nella sua seconda tappa con la maglia Blanquiazul, per poi iniziare ad allenare il club dal 2009. Argentino ma cittadino del mondo. Passaporto italiano e spagnolo, undici anni di esperienze tra Liga e Premier, con la Serie A sfiorata e adesso la Ligue 1.
'NON SONO BIELSISTA'
Soprannominato El Sheriff de Murphy, per la piccola cittadina in provincia di Santa Fe dove è cresciuto, sarà chiamato a gestire le tante personalità di uno spogliatoio che vede tra gli altri Neymar, Icardi e Mbappé. A Parigi da Santa Fe. E’ lì che in una notte degli anni ’80 venne scoperto da Jorge Griffa e Marcelo Bielsa. “Apprezzo e rispetto molto Mauricio. I top club cercheranno di prenderlo”. Aveva detto El Loco, con il quale c’è un grande rapporto: lo ha fatto esordire e vincere con la maglia del Newell’s Old Boys, per poi allenarlo nella nazionale argentina e all’Espanyol. Ma non è un suo discepolo, come aveva spiegato in un’intervista a Un Caño nel 2013: "Chi non mi conosce dirà sicuramente che sono un bielsista. Ma mi sembra di non essere un tecnico con lo stesso pensiero di Marcelo". Un pragmatico, con una mentalità elastica, a cui non piace fissarsi su un sistema di gioco, ma che predilige uno stile offensivo e diretto. Lo ha fatto all’Espanyol e al Southampton, come al Tottenham.
A PARIGI PER VINCERE
Dopo oltre un anno, l’allenatore di origini piemontesi torna su una panchina. Era stato esonerato il 29 novembre 2019, a causa di un inizio di stagione negativo, dopo aver portato il Tottenham a giocarsi la finale di Champions League contro il Liverpool. La prima della storia degli Spurs, arrivata senza operazioni in entrata nell’ultimo mercato e con tanti U23 all’interno della rosa. Un risultato storico, ma che ha lasciato in lui tanta delusione, per questo si è rinchiuso in casa per dieci giorni.
Sei stagioni a Londra senza trofei vinti, ma con una finale di League Cup, quattro qualificazioni in Champions e due in Europa League. Zero titoli, ma tanti giocatori valorizzati, da Eriksen a Dele Alli fino a Kane e Son. Nella capitale francese però gli verrà chiesto qualcosa di diverso, forse l’esatto opposto. I campioni e le star già ci sono, serve vincere e provare a fare meglio del suo predecessore, che dopo aver perso la finale contro il Bayern gli ha lasciato una squadra terza in campionato dietro a Lione e Lille, con un ottavo di Champions contro il nemico di sempre, il Barcellona del connazionale Messi. Una sfida che magari gli ricorderà quella dei tanti derby catalani giocati in carriera. Con qualche pressione in più e con l'obbligo di vincere: un'ossessione che accomuna la proprietà qatariota e l'allenatore argentino.
di Mattia Zupo