"Ora non siamo solamente uno tra i migliori club in Inghilterra, ma anche in Europa. Non ci resta che raggiungere il livello successivo vincendo un titolo. Se non ci riusciremo, vorrà dire che non avremo fatto un bel niente”. Mauricio Pochettino è stato chiaro: qualcosa al Tottenham è cambiato. È pronto per il grande salto. Ne ha fatta di strada la sua squadra, proprio come lo stesso manager argentino. Pensate che iniziò la carriera da allenatore addirittura come secondo della squadra femminile dell’Espanyol, dove iniziò a diffondere gli insegnamenti del suo “secondo padre” Bielsa.
Né Guardiola né Simeone: semplicemente Pochettino
Per quanto riguarda questo Tottenham 2.0 non stiamo parlando solo dello stadio, di quel Wembley diventato una nuova casa per gli Spurs. La vittoria per 3-1 di ieri sera sul Real è solo l’ultima tappa di un percorso iniziato nel 2014 con l’avvento dello ‘Sceriffo di Murphy’. Il presente dice primi nel gruppo H di Champions a quota 10 davanti al Real e terzi in Premier a 20 punti. Ora però basta complimenti: è tempo di titoli. È stata raggiunta la maturità necessaria. In primis grazie uno stile di gioco contraddistinto da una duttilità estrema. La squadra di Pochettino infatti a seconda delle partite e di come si sviluppano ha infinite opzioni per quanto riguarda il cambio di modulo: che si giochi con la difesa a 3, a 4 o a 5, con un centrocampo a 2 o a 3 o con 1 o 2 attaccanti, cambia poco. Pochettino sa esattamente cosa vogliono i giocatori e cosa vuole lui dai suoi giocatori. La squadra non gioca più con le linee alte in modo quasi ossessivo cercando di pressare gli avversari a ridosso della loro area, ma ha imparato anche ad attenderli chiudendosi nella propria area creando così uno spazio letale da attaccare per Kane & Co. alle spalle della difesa avversaria. Ha imparato a concepire il contropiede come arma in più. Alternando ovviamente l’interpretazione a seconda anche dei rivali di turno. Senza ovviamente disdegnare la ricerca immediata della verticalizzazione appena riconquistato il pallone o il dominio del possesso con un fraseggio mai sterile di marca Pochettiniana. E nemmeno il lancio lungo dalla difesa con Alderweireld spesso protagonista alla ricerca di Kane che attacca la profondità. Punto cardine del gioco degli Spurs rimane l’attacco combinativo: arrivare in porta con combinazioni di passaggi tra giocatori con le ali che si accentrano per giocare la palla all’interno del campo lasciando così spazio agli esterni bassi di giocare a trazione anteriore. Insomma, la sua filosofia non è paragonabile né a Guardiola né a Simeone, né tantomeno al suo maestro Bielsa: è semplicemente Pochettino. Per quanto riguarda gli allenamenti invece spesso lo ‘Sceriffo di Murphy’ divide la squadra in più gruppi sottoponendoli a varie partitelle a tema dove il vero tema ricorrente è la ricerca della massima intensità. L’atletismo ricopre un ruolo fondamentale nella testa del Poch. Le sue sedute di infatti sono famose per… quanto si corre! L’allenatore argentino filma tutto, poi. Tutto. Una specia di Grande Fratello Tottenham grazie alle numerose telecamere posizionate in ogni angolo del training ground, dove Pochettino trascorre anche 12 ore al giorno tra allenamenti e sedute video in cui osserva minuziosamente e ripetutamente l’allenamento del giorno stesso. Voce del verbo: maniacalità. Pretende massima attenzione dai propri giocatori anche nello studio dei video. Terminate le sedute, quando li incontra per i corridoi del centro sportivo, spesso si sofferma per far loro domande trabocchetto riguardo quanto appreso: vuole assicurarsi che tutti abbiano ascoltato attentamente. Per chi non risponde in modo esatto… sono guai!
L’importanza dei giocatori homegrown
Un aspetto della filosofia di Pochettino che può essere paragonato a quella di uno dei grandi del passato è la dedizione verso i talenti cresciuti nell’Academy. Sì, proprio come Sir Alex Ferguson. Infatti, come Sir Alex ai tempi dello Utd, ha costruito una squadra composta prevalentemente da talenti dell’Academy e soprattutto da inglesi. Secondo Poch è impossibile esser vincenti per un lungo periodo in Inghilterra senza avere un vero e proprio senso di appartenenza. “Siamo una squadra inglese e per me è importante mantenere una certe cultura. In Inghilterra non puoi sconfiggere una squadra inglese solo con giocatori provenienti da culture differenti come quella argentina o francese”. Non solo. Per non limitare la crescita dei ragazzi delle giovanili ha assolutamente vietato l’imposizione di un modulo da seguire ad immagine e somiglianza della prima squadra. Questo perché Pochettino è fermamente convinto che ogni squadra e ogni allenatore debbano avere la propria filosofia così da saper affrontare ogni situazione e modulo di gioco. I risultati ottenuti in carriera coi giovani gli danno ampiamente ragione. Maestro vero e proprio nel lanciarli: Clyne, Shaw, Chambers, Lallana, Rose, Dier, Mason, Alli e Kane sono solo alcuni dei tanti talenti lanciati da Pochettino e arrivati a vestire la maglia della nazionale inglese. Merito dell’eredità culturale inculcata nella sua testa fin dai tempi del Newell’s, società in cui il settore giovanile conta veramente più di ogni altro aspetto.
Parole d’ordine: positività, professionalità e… ritualità
Professionalità, buona attitudine, disponibilità e positività sono i mantra del Poch. Ciò che richiede ai propri giocatori senza se e senza ma. Necessita di un rapporto vero e diretto con loro. Pretende soprattutto molto dal punto di vista caratteriale. Come nel caso di Aurier, arrivato agli Spurs in estate ma reo di numerose ‘marachelle’ in passato: “Voglio capire cosa mi trasmettono i miei giocatori dialogando con loro. È importantissimo per me. Con Serge ho avuto una lunga conversazione e gli ho spiegato esattamente cosa mi aspetto da lui”. Il manager argentino in cambio assicura massima imparzialità: per lui i suoi giocatori sono tutti uguali, da Kane all’ultimo della rosa. Massima trasparenza e fiducia, poi. Non vuole che i suoi ragazzi in caso di qualche problema extra campo si sottopongano a sedute con psicologi o motivatori, ma desidera che si rechino da lui personalmente per discuterne. Perché con Pochettino si può parlare di qualsiasi cosa: dai dubbi tecnico tattici ai litigi con la fidanzata. Soprattutto l’ex Southampton assicura massima positività: l’aspetto sul quale si fonda la sua filosofia di vita. Dicono ne sia ossessionato a tal punto da avere una cesta di limoni sulla scrivania dell’ufficio: a suo dire, assorbirebbero le energie negative presenti nell’ambiente. Se lo dice lui... Tutto testimoniato dal suo libro ‘Brave New World: Inside Pochettino’s Spurs’ scritto da Guillem Balague e uscito a fine ottobre. Quella dei limoni non è però l’unica stravaganza presente nel libro. Anzi. Tra le più curiose eccone una legata al detersivo usato dalla lavanderia del club per le divise della prima squadra scelto personalmente da lui: Pochettino è fermamente convinto che il profumo e la fragranza facciano la differenza. Importantissima anche la dieta da seguire minuziosamente per i giocatori del Tottenham. In caso contrario si rischierebbe di far la fine Georges-Kevin N’Koudou. Ovvero, scoperto mentre si gustava delle lasagne di nascosto, è stato prima richiamato e poi allontanato dal centro sportivo ancor prima di iniziare l’allenamento. Le fissazioni sfociano spesso e volentieri anche nella routine. Un esempio? Ogni mattina, prima di mettersi in moto sulla propria auto, accende il motore della stessa aspettando 10’ prima di partire: per ingannare l’attesa ascolta le canzoni di Robbie Williams, uno tra i suoi artisti preferiti. Non solo. Per quanto riguarda il campo non entra mai negli spogliatoi prima degli allenamenti ritenendoli un luogo sacro per i propri giocatori e durante le partite non esulta (quasi) mai quando i suoi segnano. Tutto ciò per non lasciar trasparire un messaggio, a suo dire, negativo. Vuole e pretende però che i suoi giocatori celebrino i gol preparando anche esultanze e balletti ad hoc. Infine, adora bere del vino rigorosamente argentino: il Malbec, il migliore del mondo secondo Pochettino. "Mi rende felice e mi riporta al mio paese, quando ero un bambino e vivevo nella mia casa in Argentina a contatto con frutteti e cavalli”. Insomma, stravaganza ne abbiamo. Moltissima. Accompagnata però dalle vittorie in campo: in caso contrario la routine e le abitudini di Pochettino rischierebbero di sfociare quantomeno nelle prese in giro dei media. Invece, risultati alla mano, queste ritualità potrebbero aver conferito al Tottenham quel qualcosa per raggiungere il definitivo salto di qualità. Ora però, come affermato da Pochettino stesso, serve "iniziare a vincere".