La psicologia, l’Inter e il Benevento. Caldirola: “Ora è tempo di rivincita”
Il difensore si è raccontato per gianlucadimarzio.com
Luca Caldirola da bambino aveva due grandi passioni: il disegno e il Milan. Ben presto però le cose sono cambiate. La matita è diventata un pallone, e il rossonero si è trasformato in nerazzurro. Faccia pulita. Timido e silenzioso. Alle parole preferisce i fatti. Studia per diventare sommelier e legge libri di programmazione neuro linguistica: “Credo che la testa sia un fattore fondamentale”. Vizi? Nessuno, o quasi: “Football Manager è il mio punto debole. Potrei passare ore a giocarci”. Ma riavvolgiamo il nastro. Nato a Desio in provincia di Monza, Luca ci parla di sua mamma e confessa per gianlucadimarzio.com: “Era convinta diventassi un architetto”. A soli cinque anni, però, il calcio prese il posto del disegno: “Mio padre mi portò per la prima volta in un campo. Da quel momento la mia vita è stata tutta casa e pallone”.
L’INTER: “QUI SONO DIVENTATO UN UOMO”
A otto anni durante un torneo viene notato dagli osservatori dell’Inter: “Era molto strano. A quell’età non ti rendi realmente conto di giocare per una squadra così importante. Cosa ricordo? “I miei pianti. Ero tifoso del Milan e non volevo andare all’Inter”. Una carriera in discesa quella di Luca, un solo intoppo all’età di 13 anni: “Pensai di lasciare. Il motivo? Giocavo difensore centrale, invece io volevo fare l’attaccante. E adesso eccomi qua”. Caldirola sorride ricordando ciò che è stato e ciò che è. Lui, che dai 14 anni in poi ha preso la fascia da capitano dell’Inter senza più lasciarla: “Ero un capitano atipico. Sempre silenzioso. Fu Depaoli a farmi capire l’importanza di portare la fascia dell’Inter”. Il primo contratto a 15 anni. “Arrivarono parecchie chiamate da squadre inglesi tra cui il Tottenham, la mia preferita. Mi piaceva l’idea di giocare in Inghilterra, ma mia madre non voleva lasciassi l’Italia”. Poi ci pensò Ausilio a risolvere tutto: “Grazie a lui firmai il primo contatto con l’Inter”. Un’ascesa senza freni, che porta dritto all’Inter del triplete allenata da Josè Mourinho: “Lui è speciale. E’ dotato di un’intelligenza incredibile. Ha un modo di parlare magico. Ti fa venir voglia di mangiare l’erba”. Un ricordo? “L’anno del triplete dovevamo giocare a Udine e io ero l’unico difensore centrale di ruolo disponibile. Ricordo che la mattina in hotel mi chiamò in disparte. Io ero quasi intimorito. Mi disse che aveva pensato di farmi giocare, ma che non se la sentiva di rischiarmi in un match delicato. Apprezzai molto questo gesto, non era tenuto a dare spiegazioni a un ragazzino di 18 anni”. Poi aggiunge: “Lo incontrai qualche anno dopo in un’amichevole estiva tra Werder Brema e Chelsea. Mi chiamò il magazziniere prima della partita dicendomi che Mourinho mi stava cercando. Rimasi spiazzato, si ricordava ancora di me”. Il ricordo più bello in maglia nerazzurra? “L’esordio in Champions League. Inspiegabile a parole”.
DALL’ITALIA ALLA GERMANIA: ARRIVA IL WERDER BREMA
Dopo alcuni prestiti Luca saluta l’Inter e l’Italia. Prima però gioca un grande Europeo con la maglia dell’Under 21, perso in finale contro la Spagna. Così arriva il Werder Brema: “Mi chiamò il mio procuratore appena terminata la finale dicendo che doveva parlarmi urgentemente”. Ad aspettarlo, la Germania: “Mi venne dato il contratto già pronto. Non lessi nulla e firmai. Mi sono sentito subito a casa”. Il primo anno Caldirola si mette in luce, rivelandosi fondamentale per la squadra di Dutt, poi qualcosa cambiò: “La seconda stagione a novembre subentrò Skrypnyk. Mi disse che ero fuori dai suoi piani. Rimasi praticamente un anno fermo”. Luca però decide di non lasciare la Germania e si trasferisce al Darmstadt: “La squadra aveva appena effettuato il doppio salto dalla C alla A”. Sorride e ci confessa: “Sembravamo la Longobarda, ci davano tutti per spacciati”. Invece…: “Sorprendemmo tutti. La salvezza con i Die Lielen è il ricordo più bello dell’esperienza tedesca”. Poi per Caldirola inizia un calvario lungo quasi due anni: “Tornai al Werder e mi ruppi prima il malleolo, poi un dito del piede. Fu un anno tremendo”. La stagione successiva nessun miglioramento : “Per il Werder non ero più nulla. La società non sapeva niente di me e io non mi sentivo più un calciatore. Pensai di smettere di giocare. Sentivo morirmi dentro. Ero a disagio con me stesso”.
IL BENEVENTO: LA MIA RIVINCITA
L’occasione giusta si presenta in Italia: “Il mio obiettivo era sentirmi di nuovo un calciatore”. Così arriva il Benevento: “Mi chiamò il mio procuratore parlandomi dell’interesse dei giallorossi. Dissi subito sì. Non mi interessavano le cifre né la durata dell’accordo”. Artefice del trasferimento Pasquale Foggia, direttore sportivo del Benevento: “Ha puntato su di me quando non l’avrebbe fatto più nessuno. Spesso mi dice che se non fosse stato per lui sarei ancora a prendere freddo in Germania. Però ha ragione. Gli devo tanto. Diventerà un grande direttore sportivo. E’ sempre un passo avanti a tutti”. Speciale anche il rapporto con il presidente Vigorito: “Qui è il papà di tutti. Mi impressiona come riesce ad emozionarsi per la squadra. Ogni volta che mi vede mi abbraccia. Dice che sono un ragazzo sincero e questa è la vittoria più bella per me”. Luca si è preso subito il posto da titolare senza più lasciarlo. La scorsa stagione si è chiusa con una delusione: “Contro il Cittadella nella semifinale playoff sono venuti fuori tutti i nostri limiti. Dopo aver preso la prima rete eravamo impauriti. Era chiaro che avremmo perso”. Quest’anno qualcosa è cambiato. Il Benevento è in testa alla classifica di Serie B con 14 punti di vantaggio sulla terza: “Siamo una squadra vera. Siamo uno spogliatoio pieno di carisma. Abbiamo fame e rabbia. Vogliamo vincere sempre”. Una squadra guidata alla perfezione da Pippo Inzaghi: “Mi chiamò quest’estate e rimasi sorpreso. Mi spiegò che sarebbe diventato il nuovo allenatore del Benevento. In allenamento ti rendi conto del perché ha vinto tanto in carriera. Ha un’energia incredibile che ti entra dentro. E’ un martello e cura i dettagli in modo maniacale. E’ capace di scavare nell’anima di un calciatore. Tatticamente? “E’ molto preparato e ha la bravura di avere uno staff eccellente”.
L’obiettivo è chiaramente la Serie A. Il Benevento ha 14 punti di vantaggio sulla terza, ma Luca non vuole fermarsi: “Voglio essere protagonista con questa maglia in massima serie. Sono sicuro che questa società una volta tornata in Serie A non farà la comparsa. Qui c’è un grande futuro”. Luca, gigante buono delle “streghe”. Difensore di una città che lo ha adottato.
Foto Mario Taddeo e Benevento Calcio
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