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Rubino: “Livorno, avevi perso l’abitudine a vincere. Ora sii spensierato”

Nove anni fa, il 26 novembre del 2011, Raffaele Rubino diventava l’unico giocatore capace di segnare almeno un gol in tutti i quattro campionati professionistici italiani con la stessa maglia. Novara-Parma, Minuto 70’, cross di Rigoni e colpo di testa che si insacca alle spalle di Mirante. E’ 1-1, è storia: “Dentro di me so di aver lasciato un segno, spero sia davvero così”, spiega in esclusiva ai nostri microfoni. Quel gol lo festeggiò mostrando una normalissima t-shirt bianca con una scritta in pennarello nero: “Record”. Una maglia semplice, “Da C”, come la definì lui stesso. E in C è tornato. Non da giocatore, ma da direttore sportivo del Livorno che, nell’ultima giornata di campionato, ha raccolto la prima vittoria stagionale sul campo del Renate: “Però non c’è da festeggiare – avverte Raffaele – è solo un’ondata di buon umore, che ci ha regalato una giornata con il sorriso”. Il Livorno infatti ha vissuto settimane buie, sospeso fra una grande incertezza societaria e la paura di sparire:Abbiamo fatto un percorso tortuoso, è come se partissimo con cinque giornate di ritardo. Il tutto ha pesato sulla testa dei ragazzi. Ora cerchiamo di metterci a posto quanto prima e di lavorare tanto. Senza imporci traguardi precisi”.  


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Imbarazzo

La vittoria mancava da giugno. Dopo il 2-3 alla Juve Stabia, la Serie B si era chiusa con 8 sconfitte consecutive e la conseguente retrocessione. Così come la Serie C si era aperta con 5 gare senza un successo: “Avevamo perso l’abitudine a vincere – spiega Raffaele – ora servono spensieratezza e coraggio”. Anche perché la classifica dice 16esimo posto e il calendario corre veloce: sette partite in un mese, dalla Pergolettese domenica alla Pro Vercelli capolista il 6 dicembre. Nel mezzo avversari tosti come Juventus U23, Carraese, Alessandria e Grosseto: “Dovremo fare più punti possibile, anche perché probabilmente riceveremo diverse penalizzazioni”. Tutta colpa del caos societario e di scadenze non rispettate. Oltre a questo, anche una fideiussione che verrà depositata in ritardo ma necessaria per sbloccare l'acquisto di calciatori svincolati come i vari Mazzarani, Stancampiano, Bussaglia e Gemignani: “Ho vissuto tutto l’ultimo periodo con imbarazzo. Ho lavorato 20 giorni nel buio, senza certezze. Ad un certo punto mi sono fermato, non volevo creare altra confusione. Quando fai questo lavoro, ci metti la faccia. A giocatori e agenti non puoi promettere cose che non si possono mantenere. Ora la priorità è dare consistenza alla squadra”.

"Dal Canto ci ha tenuto a galla"


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Rubino è uno che non si arrende. Da giocatore debutta in A nel 2003. Lui, attaccante del Siena contro l’Inter di Toldo, Cannavaro e Materazzi:Quanto pesava quella maglia…”. Un paradiso che però ritroverà solo otto anni dopo, nel 2011: “Nel calcio ci sono dinamiche incredibili. Infortuni, club che falliscono… delle volte mi capita di guardare la lista degli svincolati e mi chiedo come mai alcuni giocatori siano a spasso”. Non lo è Alessandro Dal Canto, guida scelta proprio da Raffaele. Di corsa: “Perché c’era la richiesta immediata da parte della federazione di completare l’organigramma tecnico. Ho avuto incontri molto veloci con due o tre allenatori”. Una decisione che si è rivelata più che azzeccata: “E’ riuscito a tenerci a galla, grazie a lui la squadra non ha mai dato sensazioni di collasso. Ha sempre trovato stimoli e parole giuste, gliene va dato merito”. Spesso è stato costretto a convocare appena 16 giocatori, tanti i giovanissimi: “Dalle difficoltà possono nascere delle opportunità. Un esempio è Hamza Haoudi, centrocampista classe 2001 italo marocchino che ha già segnato un gol. Non pensavo riuscisse a dire già la sua. Ma non dimentichiamoci di Pallecchi, ala di 20 anni, o di Neri, portiere del 2002”.


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Rubino ha un rapporto speciale con la Toscana. Ha esordito in Serie A con la maglia del Siena, mentre la sua favola con il Novara è iniziata nel 2001 alle Due Strade di Firenze contro la Rondinella. Lì vive con la moglie, che è di Prato, la squadra con cui si è ritirato nel 2015: “Durante quell’anno la Federazione mi ha concesso di seguire i corsi a Coverciano. Lì si è creato un bel rapporto con Paparesta, allora presidente del Bari. Ho iniziato come capo scout. Le persone si fidano dell’immagine che ho creato in 20 anni di carriera”.

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I tifosi del Livorno, invece, vogliono fidarsi della squadra: “Sono la parte più importante del club. I ragazzi devono sapere che loro ci saranno sempre. Per loro bisogna dire la verità, essere chiari, lavorare su certezze e non su ipotesi”. Si riparte da qui, dalla vittoria sul Renate. Nella speranza che il peggio sia passato e con la voglia di recuperare il tempo perso.