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Del Nero: ‘Senza l’ansia e gli infortuni avrei vinto il mondiale del 2006 con Gilardino”

Ospite dell’appuntamento delle 17:00 con la rubrica “Casa Di Marzio” è stato l’ex calciatore della Lazio Simone Del Nero. Doveroso iniziare a parlare della situazione attuale: “Viviamo un periodo complicato. Spero che tutto finisca presto per poter tornare a correre, allenarmi e giocare a tennis”. Del Nero al momento gioca nel Rivasamba, squadra di Eccellenza allenata da suo padre: “L’anno scorso eravamo in Promozione e siamo stati promossi. Diciamo che io aiuto mio padre gli faccio da secondo poi magari quando sto bene gioco”.

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Del Nero, inizia a sfogliare il suo personale album dei ricordi partendo da Brescia: “Ero giovanissimo, avevo 18 anni. All’inizio ricordo che Mazzone mi prese sotto la sua ala protettiva. Con il tempo però non mi ha più dato la possibilità di mettermi in mostra. In quei due anni ero molto in soggezione quando mi allenavo. Baggio? Non avevamo un rapporto stretto. Probabilmente la mia timidezza di quegli anni non mi fece avvicinare a lui e questo mi dispiace molto ancora oggi. Era incredibile vederlo all’opera in allenamento come in partita”. Poi su Guardiola: “E’ speciale. Si fermava spesso con i ragazzi più giovani. Ci aiutava molto. Se andassi da lui a Manchester sono sicuro che mi abbraccerebbe. Era un vero leader”. Poi un aneddoto su Matuzalem, intervenuto durante la diretta Instagrm: “Aveva una qualità incredibile. Per me era a livello di Xavi e Iniesta tecnicamente. Ricordo che prima del match dell’addio di Baggio a San Siro, nel 2004 mi sostituii al nostro massaggiatore. Durante il massaggio dissi a Matuzalem che avrebbe fatto due reti quella partita. Fece doppietta”.


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Sull’esperienza alla Lazio: “Arrivai in punta di piedi. A Roma sono stato accolto benissimo. Purtroppo anche in quell’esperienza gli infortuni giocarono un ruolo importante. Il ricordo più bello? Sono due: l’esordio nel preliminare di Champions League contro la Dinamo Bucarest e la vittoria in Coppa Italia contro la Sampdoria. Quel giorno l’Olimpico era impressionante. Quando andai via dalla Lazio piansi perché mi ero abituato ormai a quella situazione. Presi coscienza del fatto che era finita un’esperienza bellissima della mia vita”. Simone Inzaghi? Ho un grande ricordo di lui. Ci sentiamo ancora oggi. Prima di allenarci a Formello pranzavamo insieme e giocavamo a biliardo. Non mi aspettavo questo percorso come allenatore. Non era uno che prendeva le cose sul serio. La sua Lazio può vincere lo scudetto. Io al massimo della forma mi sarei ritagliato uno spazio importante nella sua squadra”.

Poi sulla trattativa con il Cesena, quando fu scambiato con Candreva nel gennaio 2012: “Ero fuori dai piani di Reja e della Lazio. A fine allenamento ho deciso di spegnere il cellulare, erano gli ultimi sei mesi di contratto, non volevo andare via. Gli ultimi cinque minuti di mercato la coscienza mi ha fatto cambiare idea. L’ho acceso e alla fine decisi di andare a Cesena”. Sulla sua carriera: “Gli infortuni mi hanno perseguitato. Ero discontinuo. Oltre a questo ero un calciatore molto debole emotivamente. Soffrivo la partita, le reazioni del pubblico. Senza l’ansia e gli infortuni avrei vinto anche io il mondiale del 2006. Un rimpianto? Non aver creduto nelle mie potenzialità. Avrei potuto fare molto di più nella mia carriera”.


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Infine sull’esperienza in Malesia: “Ero fermo. Mi chiamo Makinwa dicendomi che aveva fatto il mio nome perché cercavano un trequartista. Andò tutto molto veloce, ma è un’esperienza che rifarei. La potenza economica del presidente era incredibile. Ricordo che ci teneva molto alle auto. Appena arrivato mi portò a vedere il suo parco macchine. Ne aveva 200 tra cui 13 Rolls Royce, 14 Limousine, 4 Lamborghini, 7 Ferrari. Impressionante. Spesso mi chiamava per fare delle serate e non potevi rifiutare in alcun modo. A fine serata ti ringraziava per la compagnia pagandoti. Un altro mondo davvero”.

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