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Data: 17/11/2016 -

I pianti per la Lazio, la stima di Guardiola. A tutto Del Nero: "Io, promessa mancata che voleva fare il pugile per Rocky"

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Da piccolo voleva fare il pugile: "Sono un fan di Rocky, me lo sto guardando su Sky. Mio figlio piccolo mi segue, gli ho regalato i guantoni e...da certi pugni che non ti dico!". Una passione diversa da quella di papà: "Il pallone non sembra piacergli molto". Calciatore da vent'anni, Del Nero. "E con un figlio che ama il pugilato". Stereotipi? No, grazie. Proprio come la storia di Simone, che di "cazzotti" dalla vita ne ha presi tanti. "Potevo fare di più, molto di più. Sono una testa di ca...volo!". Beep inevitabile. Rialzarsi sempre però, Rocky insegna: "Non è importante come colpisci, ma come sai resistere ai colpi".

Mai knock out, sempre a testa alta: "Se tornassi indietro, rifarei tutto da capo". Impavido. Brescia, Lazio, la Malesia, l'Under 21. Esterno o fantasista, con Ballardini anche terzino. "Me la sono cavata bene, ma meglio giocare davanti". Tecnicamente fortissimo: "Il mio punto di forza". Oggi, a 35 anni, Del Nero ricomincia nella sua Carrarese in Lega Pro: "Ho trovato il miglior gruppo della mia carriera, sto a già a 2 gol - racconta in esclusiva su GianlucaDiMarzio.com - Abbiamo ragazzi umili, volenterosi. E un grande allenatore come Danesi, l'ho avuto anche nei dilettanti...". Precisamente alla Massese, in Serie D. "Come?!". Uno così, in D. Misteri: "Volevo giocare, non mi interessava dove. Ho due bambini piccoli, il mio obiettivo era avvicinarmi a casa e smettere di girare". Tutto risolto, ma inizi difficili: "Pensavo di mollare, non volevo fare brutte figure. Poi mi sono messo al servizio dei ragazzi e si è rivelata un'esperienza formativa". Occhi della tigre alla Balboa e "never give up". Più una rabona che fa il giro del web: "Avrei preferito farla in altri contesti però". Così avrebbe girato il mondo.

Voleva fare il pugile, ma il destino ha preteso una palla di cuoio: "Ho iniziato alla Carrarese e oggi chiudo un ciclo. Ho esordito in Serie A nel '99 con l'Empoli di Orrico, poi sono andato a Brescia". Cuore in gola, partiamo da Mazzone: "Era molto autoritario, esigente. Mi metteva in soggezione! Diceva sempre che aveva un fratello gemello. Uno veniva al campo durante gli allenamenti, l'altro si sedeva in panchina. Si trasformava, era nervoso, sanguigno. Difficile, ma caratterialmente mi ha formato". Proprio come Baggio: "Roby, che dire?". Unico: "Sono orgoglioso di aver giocato con lui, in campo non si discute. Gli ho fatto anche un assist contro il Siena, era un leader in campo. Risolveva le partite da solo". Ma la scintilla si accende parlando di Guardiola: "Un punto di riferimento indiscusso, aiutava tutti. E quanto mi stimava!". Occhi lucidi: "Diceva sempre che ero un gran giocatore, un continuo. Ogni volta che entrava in campo prendeva i ragazzi più giovani e faceva il torello. Mi piacerebbe andare a trovarlo a Manchester, sono sicuro che mi saluterebbe con affetto". Capitolo Hamsik: "A 16 anni era già un campione con la personalità di un veterano". Adani invece? "Era un allenatore in campo, predisposto a ciò che sta facendo ora. E' uno dei commentatori più stimati e preparati". Ne ha per tutti Del Nero, pure per Zeman: "Tra i quattro allenatori migliori che abbia mai avuto, gli altri sono Maran, Danese e Claudio Gentile, con cui ho vinto l'Europeo U21 del 2004 e un bronzo alle Olimpiadi di Atene. Ringrazio anche Alessandro Bedini, il mio preparatore personale. E' stato importantissimo, fondamentale per la mia carriera. Mi ha aiutato molto coi suoi consigli e i suoi metodi di lavoro, aiutandomi a superare problemi di crescita nel periodo dello sviluppo". Lode al boemo, però: "L'ho avuto solo 5 mesi, ma non sono mai stato così al top fisicamente. Mai più con nessuno...".

Cronache da Brescia, forse gli anni migliori della carriera. Partite? 125. Gol? 10: "E il più bello resta quello contro l'Inter a San Siro, il primo in Serie A". Parentesi di vita. Come la vittoria all'Europeo: "Avevamo già il titolo in tasca, la rosa era eccezionale! Impossibile perdere, momenti indelebili. Giocavo, ero al top della forma, ho dato il mio contributo. Porterò tutto con me". E che compagni: "Barzagli, Gilardino, De Rossi, Zaccardo, Amelia, nel 2006 hanno vinto il Mondiale". Precisazione doverosa: "Lasciatelo dire, se avessi avessi avuto la costanza e la freddezza di Cristian Ledesma avrei vinto la Coppa del Mondo insieme a loro, sono sicuro". Alt, niente presunzione: "Soltanto ora ho capito alcune cose, negli anni ho creduto poco in me stesso e ne ho pagato le conseguenze. E' una questione mentale, caratterialmente ero un un po' debole. Ti spiego". Vai: "Se giocavo bene i primi tre palloni, allora avrei potuto fare di tutto. Altrimenti era un casino. Non avevo equilibrio". Promessa mancata? "Sì, sono sincero". Varie cause: "Sentivo molto la partita, sono ansioso e questo aspetto mi ha tagliato un po' le gambe. Dopo 70' avevo i crampi, sono cose che mi hanno condizionato. Ora sono sicuramente diverso, l'ho capito in ritardo".

Diverse soddisfazioni però: "Ho vinto una Coppa Italia, ho giocato in Champions. Anche con la Lazio ho bei ricordi". Tutti d'un fiato: "Ho avuto tanti problemi fisici, è vero. Ma stavo benissimo". Qualche aneddoto simpatico poi: "Una volta entrai nello spogliatoio e vidi che Baronio aveva attaccato i miei vestiti alla parete col nastro adesivo. Non ci ho visto più, presi la sua roba e gliela buttai sotto la doccia. Poi abbiamo chiarito. In tutto ciò Cribari se la rideva come un matto! Lui è uno dei miei migliori amici, tutt'oggi lo sento ancora, siamo rimasti legatissimi, ci conosciamo dai tempi delle giovanili dell'Empoli". Poi l'addio nell'ultimo giorno di mercato (gennaio 2012). Del Nero saluta e arriva Candreva, con un retroscena: "Avevo spento il cellulare quel giorno, volevo restare a Roma. Poi lo riaccesi, trovai 70 chiamate perse e fui costretto ad accettare. Ho pianto, non lo nego, ma a Cesena mi sono rimesso in gioco ed è andata bene, sono riuscito a segnare in Serie A 7 anni dopo l'ultima volta". Colpa dei tanti problemi fisici: "Giocavo 4 partite e mi stiravo".

Compagni di tutto rispetto, uno in particolare: "Mi chiedono di Pandev e Zarate, ma sai chi è stato il più forte per me? Francelino Matuzalem! Ero completo, aveva tutto. Tranne la testa, altrimenti sarebbe andato a giocare al Barcellona insieme a Iniesta". E Simone Inzaghi? "Un giocherellone, avevamo un bellissimo rapporto. Spero faccia bene, è il miglior acquisto della Lazio e si merita tutto. Da giocatore faceva gruppo, andavamo anche a giocare a biliardo insieme". Quattro anni e mezzo di Lazio, poi il Cesena: "Avevamo una grande squadra, ma non c'era affiatamento". Infine la Malesia, tappa allo Johor con Dani Guiza e Pablo Aimar: "Stadio pieno, bei tifosi. Sono stato alla grandissima, sono rimasto in contatto col presidente e ogni anno vado a trovarlo! Quando arrivai mi fece vedere il suo parco macchine, aveva più di 300 auto tra Lamborghini e Maserati, incredibile". Come la storia di Del Nero, mai al tappeto nonostante i tanti "montanti" della vita: infortuni, sorte avversa, una fascite plantare curata in Finlandia, la sfortuna tutta sua di trovarsi (a volte) nel posto sbagliato al momento giusto: "Resta la soddisfazione di aver fatto grandi cose, ma il rimpianto di non aver dato il meglio di me". Knock out? Mai. E ora insegna alla sua famiglia come non mollare indossando un paio di guantoni. Di padre, in figlio. Con "gli occhi della tigre".



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