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Ibrahimović: “Leão tra i più forti al mondo. Pallone d’Oro? L’avrei dato a Yamal”

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Zlatan Ibrahimović

Il passato da calciatore e il presente da dirigente del Milan: le parole di Zlatan Ibrahimović a il Festival dello Sport di Trento

In occasione dell’ottava edizione de il Festival dello Sport di Trento, sono intervenuti diversi ospiti legati al mondo del calcio: da Michel Platini all’allenatore del Genoa Patrick Vieira, fino a Roberto Mancini.

Tra i protagonisti sul palco anche Zlatan Ibrahimović, che ha cominciato raccontando le sensazioni dopo il ritiro: “Da quando ho smesso di giocare a calcio, sembra che il tempo stia fermo. Devo fare qualcosa per sentirmi vivo. Non c’è la stessa adrenalina di quando giocavo. Sono attivo e mi impegno“.

L’ex attaccante ha proseguito parlando delle sue giornate da dirigente del Milan: “Dove sto ora? 80/90% in Italia, a Milano. Mi sveglio, vado in palestra o a Casa Milan o a Milanello. Dipende dell’agenda. Poi viaggio, anche fuori dall’Europa. Diverse cose per crescere come persona e fare altre esperienze per crescere. Perché non avevo un ufficio a Casa Milan? Voglio essere più aperto, quando ci sono appuntamenti o riunioni vado da loro. Sennò mentalmente sei troppo fissato sull’ufficio“. Il DNA di Ibra: “In tutto quello che faccio, voglio sempre vincere. Mi piace vincere. Devo vincere. Se non riesco a essere me stesso non mi diverto, non mi piace e non sto bene. Devo essere me stesso“.

L’ex attaccante ha ritrovato Massimiliano Allegri, allenatore con il quale ha vinto il campionato nella stagione 2010/11: “Tutto quello che facciamo, lo facciamo per i risultati. Finché il Milan vince, le critiche si allontanano. Se non vinci le critiche si avvicinano, soprattutto quando giochi in un club come il Milan. Secondo me, sta giocando bene la squadra. C’è un mix di esperienza e talenti per il futuro. Stanno giocando bene e portano risultati. I litigi con Allegri? Non una, tante volte. Una volta a Londra contro l’Arsenal, che tutti si ricordano. Quando hai due persone con una mentalità vincente nella stessa stanza è normale, non è tutti i giorni amore o abbracci, c’è anche un’altra parte di queste situazioni. Diversi caratteri, diverse mentalità. Poi, purtroppo, quando esce sui giornali… per noi è la normalità. Per voi sembra ‘wow, cos’è successo?’, ma per noi sono cose normali. Soprattutto per me”. Su Rafel Leão, invece, ha commentato: “Cosa manca a Leão? Tanti parlano di lui. Se non si parlasse di lui, non sarebbe uno dei più forti. Si parla dei più forti. Se guardiamo il passato, quando abbiamo vinto lo Scudetto, per me lo ha vinto da solo. Faceva la differenza. La squadra stava dietro a questo fenomeno. Leão ha vinto lo Scudetto da fenomeno, da solo. Chiediamo tanto a lui perché ha questa magia che ogni volta che fa qualcosa… quando non fa queste cose, partono le critiche. Lo aspettiamo perché è uno dei più forti al mondo. Tutto qua”.

Ibrahimović: “Milan? Sono tutti uniti, Allegri sta facendo bene”

Ibrahimović ha commentato anche la scelta dei suoi figli di provare a imitare il suo percorso: “I miei figli? Hanno avuto un papà che ha fatto la storia. Non è facile per loro, perché sono già giudicati per colpa mia. Ho consigliato loro di non giocare a calcio, ma non è andata bene (ride, ndr). Ho protetto tutti e due col cognome di mia moglie, meno tensione e più privacy. Quello che arriva deve essere loro merito, per il lavoro che fanno e i sacrifici. Tutto quello che fanno devono meritarselo, non deve arrivare perché hanno il cognome Ibrahimović. Mia moglie? Non sono sposato perché quando mi ha chiesto mi ha detto no, l’unica persona che mi dice no in questo mondo (ride, ndr)”.

Durante il periodo da calciatore, l’attuale Senior Advisor di RedBird ha postato una foto su Instagram che ritrae i suoi piedi, “attrezzi del mestiere” con cui ha segnato quasi 500 gol: “Foto dei miei piedi appesa nella casa in Svezia? Oggi sono più belli, in quella foto giocavo (ride, ndr). C’è questa foto perché a casa mia si devono ricordare che tutto quello che abbiamo è grazie a questi due piedi”. Ibrahimović ha parlato del momento attuale del Milan. “Stanno andando bene. Quest’estate è arrivato Allegri, che è un allenatore vincente. Ha portato esperienza, equilibrio. Poi quando vinci, lo spirito è sempre al top. Stanno tutti uniti per fare il meglio possibile”.

Zlatan Ibrahimović a il Festival dello Sport di Trento – credit GDM.com

Le parole di Ibrahimović sul Milan

Ibra ha parlato anche di ciò che è successo dopo la partita tra Juventus e Milan: “Dopo Juve-Milan ero dentro lo spogliatoio, sto vicino alla squadra. Il Milan è come una famiglia. Facciamo tutto insieme: perdiamo e vinciamo insieme. Dopo la partita erano tutti arrabbiati perché era una partita che si poteva vincere. Poi quando Allegri parla, tutti ascoltano e parla lui. Si è sfogato perché non era contento, anche i giocatori erano arrabbiati. Dopo la partita ognuno è pieno di adrenalina, quindi la risposta subito dopo la partita non è quella che dai il giorno dopo. Bisogna stare attenti quando si parla dopo la partita. Lo spogliatoio è come una casa, e quando entri non devi disturbare troppo i giocatori e l’allenatore“.

Parlando di Luka Modrić, Ibrahimović ha ribadito chiaramente la sua idea: “Modrić è un maestro. Non gioca a calcio, lui è il calcio. Gli ho detto: ‘Non aspettare, se fai questo loro sono disponibili. Devi solo fare la guida’. Più o meno come ho fatto io. Lui molto più leader in campo. Il mio modo può sembrare più aggressivo e più duro, ma per me è la normalità. Un giocatore, però, non fa la differenza da solo e questa squadra è ben equilibrata”.

“Guardiola e Mourinho hanno cambiato il calcio. Capello mi ha trasformato”

Ibrahimović ha poi raccontato alcuni aspetti del suo passato, partendo dal rapporto con Guardiola e Mourinho, e poi con Fabio Capello: “Questi due allenatori (Guardiola e Mourinho, ndr) hanno cambiato il calcio. Ho avuto la fortuna di avere tutti e due. Hanno fatto la storia, tutti e due mi hanno voluto nella loro squadra. Sono due diverse persone: Guardiola era all’inizio della sua carriera, e l’altro era tutta mentalità, ti entrava in testa e ti controllava. Tutti e due vincenti, ma in modo diversi“. Su Fabio Capello: “Mi ha portato alla Juventus, è lì che è iniziato il percorso da calciatore a fuoriclasse, quell’ultimo step a cui pochi arrivano. Mi allenavo in un altro modo, mentalmente e fisicamente. Capello era un allenatore che ti alza e ti schiaccia: ti faceva sentire ‘wow’ e il giorno dopo zero. Aveva la sua strategia per entrarti in testa. Da allenatore devi entrare nella testa dei giocatori. Entrare nella loro testa e farti seguire. Capello mi ha trasformato da normale a un animale“.

Sui trofei e sul Pallone d’Oro, Ibrahimović si è espresso così: “In casa ho messo i miei trofei, tutte le cose che ho vinto. Postato nel giorno del Pallone d’Oro? Mi è arrivato così, non c’è gelosia. Ho fatto questo video 4 mesi fa, non sono una persona che vive sui social. Rimpianto Pallone d’Oro? Non è un rimpianto, è molto strano che non l’abbia vinto (ride, ndr), non sempre il più forte lo vince. Non ho vinto nemmeno la Champions League, non è un segreto. A chi lo avrei dato? Devi giudicare il giocatore che ha fatto la differenza individualmente. Per me Yamal l’ha fatta“.

Ha poi raccontato l’aneddoto sul messaggio a Francesco Camarda, rivelato su Instagram dallo stesso Ibrahimović dopo il primo gol in Serie A del classe 2008: “Messaggio a Camarda? Aspettavo solo che facesse il suo primo gol per farlo vedere, è una bella storia. “Mi chiamo Francesco Camarda…” nell’ultima frase si presenta. Avrei voluto che il suo primo gol in A fosse col Milan. Deve fare il suo percorso e crescere“.

Sulla Nazionale italiana: “Hanno sofferto un po’ negli anni passati. Non sono riusciti ad andare al Mondiale e l’Italia deve essere ai Mondiali. Ma questo non inizia nella prima squadra, parte dall’accademia. Per questo abbiamo creato il Milan Futuro, per portare avanti talenti che devono diventare professionisti. Inizia dalla base. Noi stiamo cercando di portare questi talenti in avanti, farli crescere per farli diventare fenomeni e fuoriclasse“. Dalla Nazionale al “suo” Milan: Paolo Maldini? Top, uno dei difensori più forti di tutti i tempi. E completo, non una normalità per i difensori”. Su Giorgio Chiellini: “Era il mio preferito, c’erano dei duelli… poi entrambi eravamo giovani. Si capiva già da al tempo che sarebbe diventato un professore della difesa“. L’ex attaccante chiude parlando del suo ritorno in rossonero: “Sono tornato in un Milan diverso dalla prima volta. Siamo diventati una famiglia forte, abbiamo vinto e nessuno ci credeva. Non era neanche considerata tra le top 4/5. Invece l’ho detto dal primo giorno che avremmo vinto“.