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“Facciamo entrare il ragazzino”: 28 marzo ’93, Totti esordisce in A

Ora scendo le scale, entro nello spogliatoio che mi ha accolto che ero un bambino e che lascio adesso, che sono un uomo. Sono orgoglioso e felice di avervi dato 28 anni di amore”. Lacrime, applausi, silenzio: “Vi amo!”.

Totti per la Roma ha significato tutto. Le sue ultime parole da giocatore, in quel discorso del 28 maggio 2017, risuonano ancora per le strade della città. 70 mila persone accorse per celebrarlo. Ma più che di festa, all’Olimpico si respira aria di lutto. Perché quando un popolo viene privato della propria guida, fa fatica a pensare a un futuro migliore.

785 partite, 307 gol. Tutti con una sola maglia. Storia sentita milioni di volte, ma la grandezza non suona mai ripetitiva. Lo Scudetto del 2001, il Mondiale del 2006, gli stadi di tutto il mondo ad applaudirlo. Ma per arrivare a toccare il cielo, Francesco Totti ne ha dovuta fare di strada. Ed è tutto cominciato un 28 marzo del 1993, allo stadio Rigamonti di Brescia.

“FACCIAMO ENTRARE IL RAGAZZINO”


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Mancano tre minuti alla fine e la Roma, grazie ai gol di Caniggia e Mihajlovic, sta vincendo 2-0 sul campo dei biancoazzurri. Vujadin Boskov, allenatore giallorosso, guarda Rizzitelli mentre passa vicino alla panchina: “Dai dai, Ruggiero, facciamo entrare il ragazzino”. Quel ragazzino ha 16 anni e mezzo, e il giorno prima ha segnato una doppietta – sott’età – con la Primavera. L’ha segnata nel primo tempo, perché all’intervallo è stato richiamato dai dirigenti: “Fatti la doccia, domani vai a Brescia con la prima squadra”.

Con i grandi non si è mai nemmeno allenato, al massimo qualche incontro in famiglia. Ma l’infortunio di Hassler non ha lasciato altra scelta a Boskov. E quella che sembrava una semplice convocazione, alla fine, si trasforma nel sogno di una vita. Esce Rizzitelli, entra Totti. Il ragazzino esordisce in Serie A. “Io però Francesco non me lo ricordo in quella partita, ma in tutte le partitelle del giovedì che faceva con noi” afferma proprio Ruggiero Rizzitelli, attaccante della Roma tra l’’88 e il ‘94, a GianlucaDiMarzio.com. “Non era l’unico a salire ogni tanto dal settore giovanile, ma di sicuro aveva qualcosa in più degli altri”.

In quelle partitelle a Trigoria ai più ‘vecchi’ va poco di giocare, mentre i giovani cercano di mettersi in mostra: “Ma se uno correva troppo gli entravano durissimo”. La maggior parte dei ragazzi si intimorisce, si allontana: “Francesco invece dopo aver preso le botte faceva tunnel, dribbling e giocate. ‘Ma guarda questo, non ha paura di niente’ ci dicevamo. Oltre a essere forte aveva tanta personalità, che è stata la sua forza. Sapevamo di vedere qualcuno di speciale, cresceva sempre di più. E per farlo in un ambiente difficile come Roma servono carattere e cattiveria”. Parola di RizziGol, che nella Roma ci ha giocato 211 volte segnando 55 reti. “Francesco poi non si è mai montato la testa. E a quell’età bastava un attimo…”.

“UNO COME LUI? NEMMENO TRA MILLE ANNI”


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A fare eco a Rizzitelli c’è anche Antonio Tempestilli, ex difensore giallorosso, poi allenatore nelle giovanili e infine dirigente. 32 anni di Roma, dall’’87 fino al 2019. Anche lui titolare in quel Brescia-Roma del ’93: “Ricordo che a fine partita Francesco era felicissimo” racconta Tempestilli ai nostri microfoni. “Lui era nelle giovanili da 4 anni e tra di noi se ne parlava da un po’. Si vedeva che sarebbe esploso, giocava sempre sott’età e aveva una tecnica fuori dal normale”.

Dopo l’esordio con Boskov, però, negli anni successivi a Totti è servito un vero e proprio maestro: “Mazzone è stato bravo a tutelarlo e a proteggerlo, essendo giovane non era facile. Boskov lo ha lanciato, lui lo ha consacrato. Dopo il ritiro io l’ho seguito da vicino a Trigoria, osservando tutta la sua crescita. Totti per la Roma è stato tutto. Un giocatore forte come lui, cresciuto nel vivaio, credo che non si troverà nemmeno tra migliaia di anni”.

Francesco è ancora oggi il gagliardetto della Roma” ribadisce poi Rizzitelli. “Non puoi dire Roma senza dire Totti, sono concetti che vanno in simbiosi. Ha dedicato la sua vita alla Roma, ha mollato tutto per la Roma, ha rinunciato a ogni cosa pur di rimanere lì. Totti non fa parte della storia della Roma, Totti è la Roma”.

UN DESTINO PRESO CON FORZA


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Da quel lontano 28 marzo 1993 ne è passato di tempo. E pensare che Totti, alla Roma, rischiava anche di non andarci. Dopo gli inizi tra Fortitudo, Smit Trastevere e Lodigiani, erano prima Milan e poi Lazio a volerlo. I rossoneri offrivano tanto sia al suo club che alla famiglia, ma la chiamata che Francesco aspettava era sempre stata un’altra.

Arrivata nell’’89, quando Lodigiani e Lazio – che offriva cash, al contrario dei giallorossi – erano a un passo dall’accordo. Ma la volontà di Totti è stata chiara fin da subito: “Voglio solo la Roma”. E così è stato. Con il numero 10 quella squadra se l’è presa sulle spalle. L’ha riportata ai vertici, a lottare con le grandi. L’ha fatta conoscere ancor di più al mondo, in una dimensione che per anni la Roma aveva dimenticato.

Da Brescia fino alla notte d’addio all’Olimpico. 28 anni di Francesco Totti racchiusi in un “vi amo!. Con quella rete scudetto contro il Parma ancora nel cuore: “Il gol della mia vita, nella domenica più importante della nostra storia”. Detto da chi, la storia della Roma, la incarnerà per sempre.