De Zerbi: “È un lavoro pesante, ho pochissimo tempo. Rowe-Rabiot? Ci ha fatto bene”

Dal settore giovanile del Milan al mondo Marsiglia: Roberto de Zerbi si racconta
Dal nulla al settore giovanile del Milan, fino all’Olympique Marsiglia. Fino a battere il Paris Saint-Germain al Vélodrome. Che storia, quella di Roberto De Zerbi, che si è raccontato in una lunga intervista al Corriere della Sera.
“C’è un periodo della mia vita in cui inizio a fare calcio per sistemare la mia famiglia. Passo dall’oratorio al Lumezzane e poi al Milan, fra il 1992 e il 1994, in coincidenza con la crisi economica in casa: siamo costretti a vendere la fabbrica di tappetini e passiamo anni molto difficili. Lì non scherzavo più. Uscito dalla Primavera, il giorno dopo la firma del primo quinquennale col Milan, ero in filiale a firmare il mutuo per comprare la casa ai miei genitori. Il calcio per me è anche riscatto sociale, non è mai stato solo divertimento“.
L’ex allenatore del Brighton ha parlato dei sacrifici fatti: “Ho fatto gli ultimi anni di carriera in Romania, lontano dalla famiglia. Poi ho iniziato ad allenare e mi sono perso l’infanzia e l’adolescenza dei miei figli. Con i giocatori e lo staff cerco un rapporto: se oltre a rispetto e stima c’è anche affetto, è un mix esplosivo“.
Un commento su Marsiglia e l’OM: “È speciale, come Foggia 10 anni fa: il modo di vivere il calcio è uguale ed è quello che si addice a me. Non so se io sono l’allenatore ideale per loro, ma Marsiglia è il posto ideale per me, per il valore che dà al calcio. Tutte le contraddizioni sociali vengono dimenticate durante i 90 minuti, e lo si percepisce“. Il suo rapporto coi dirigenti: “A Marsiglia con il presidente Longoria e il direttore Benatia ho costruito forse il rapporto più bello di sempre“.
De Zerbi: “Il settore giovanile del Milan era una scuola”
Sul Vélodrome e l’iniziativa di andare a correre alle 5 di mattina, col rischio di incontrare i cinghiali: “Probabilmente è stata la cosa più bella che ho fatto, quella più vicina a me come persona. Ho ascoltato e compreso il malessere dei ragazzi, che in casa non riuscivano a rendere. Ho fatto qualcosa di forte, per farli conoscere tra di loro. Poi ho fatto tre riunioni: in una tiravamo fuori i sentimenti negativi che avevamo al Vélodrome. Il giorno dopo ogni giocatore ha raccontato i valori in cui si identifica, li abbiamo scritti e appesi, poi abbiamo fatto vedere un video sui tifosi al Vélodrome, per far capire loro chi hanno davanti“.
De Zerbi ha raccontato il periodo in cui era nel settore giovanile del Milan: “Era una scuola. Maldini, Baresi, Tassotti e tutti quei grandi calciatori mi hanno insegnato l’etica nel calcio, il valore dell’allenamento, il fatto di allenarti più forte dopo una vittoria, il rispetto dentro a un gruppo. Io mi sento un figlio di Milanello, del Milan, quello vero“. Sul valore dell’allenatore e del calciatore: “L’ho già dimostrato tante volte che non alleno per me stesso, anzi. Amo i giocatori forti e li voglio. E credo che il calciatore conti più dell’allenatore per i risultati. Ero un numero 10: non potrei mai togliere valore al calciatore“. Molto vicino al Bayern Monaco prima dell’OM? La risposta di De Zerbi: “Mi pare una mancanza di rispetto parlarne, ma qualcosina c’è stato. Col Milan? Mai“.

De Zerbi: “Se ho mai visto una rissa come quella Rowe-Rabiot? Mai”
E ancora: “Se penso solo al calcio? No, sono molto attento a tutto ciò che succede e non solo perché ero in Ucraina quando scoppiò la guerra. La verità, però, è che il tempo per il resto – come ha raccontato Klopp, che stimo forse più come uomo che come allenatore… e ho detto tutto – è davvero poco. Faccio fatica a godermi qualunque cosa, non sono mai contento. Allenare mi piace tanto, ma bisogna capire quanto potrò allenare ancora. Come lavoro è pesante, Klopp ha ragione. Io nel calcio non devo starci per forza, ma ci voglio stare a modo mio: ad esempio riuscendo a tirare sempre fuori le qualità dei giocatori“.
Sulla rissa tra Rowe e Rabiot: “Mai visto nulla di simile, e io vengo dalla strada. Ma ci ha fatto bene, perché la società ha scelto di fare a meno di Rabiot, che non ha voluto fare un passo indietro“.