Verso Qatar 2022: viaggio nel Mondiale d’inverno
A che punto è il Qatar? Aria condizionata all’esterno e stadi smontabili, vizi e virtù dell’emirato che vuole prendersi il grande calcio
Farà un certo effetto. I maxischermi tra i mercatini di Natale, niente tuffi nelle fontane se le cose dovessero andare bene. Il prossimo Mondiale si giocherà d’inverno, in un paese grande come l’Abruzzo e con la popolazione di Roma.
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Dalla città agli stadi, il paradosso ecologico
Voglia di stupire e contraddizioni. Il quartiere di Msheireb è un avveniristico capolavoro dell’ecosostenibile, interamente alimentato da pannelli solari. Qualche chilometro più a nord, per le strade del Katara Hall l’aria condizionata esce direttamente dai marciapiedi (no, quelli nella foto non sono tombini), con la cappa desertica trasformata in freschissimo spreco.
Allo stesso modo, il Ras Aboud Stadium è stato progettato per venire completamente smantellato al termine del torneo, grazie a una struttura riciclabile in container navali. Già pronto all’uso nell’Aspire Zone, una vera e propria cittadella dello sport sulla via del deserto, c’è invece il Khalifa con il suo sistema di climatizzazione monstre di dubbio impatto ambientale. I due estremi delle otto case del Mondiale, tre completate e cinque ancora in costruzione. Ma per tutte, la corsa al 2022 procede a ritmi serrati. Anche in condizioni climatiche proibitive, sulle spalle di una forza-lavoro d’importazione (d’altronde, il 90% degli abitanti sono immigrati).
Tra storia e futuro: ma quanto è costata la metro?
L’immagine della fatica è l’Al Wakrah Stadium. Il primo a essere terminato fra quelli nati da zero, l’elegante design di Zaha Hadid che riproduce una perla e le onde del mare. Tutto il lusso del Qatar, ma anche un tributo a un passato di stenti. Prima dell’oro nero che ha cambiato tutto, i qatarioti sono sopravvissuti per secoli proprio grazie al commercio di perle. Uomini legati a una fune scendevano nelle profondità del Golfo Persico, setacciavano il fondale e tornavano sulle navi. Se andava bene. Nel 1925 un unico naufragio fece gli stessi morti dell’11 settembre, il dolore tenuto vivo nei racconti di chi ce l’ha fatta. Ora anche negli edifici.
La maggior parte delle nazionali deve ancora iniziare il percorso delle qualificazioni, ma il Qatar si sta già allenando. Nell’ultimo anno ha già ospitato i Mondiali di ginnastica artistica, quelli di atletica e i World Beach Games. Caldo a parte, zero problemi e affluenza contenuta. Tutto, ovviamente, è un continuo banco di prova per il 2022. A partire dalla metropolitana all’ultimo grido, progettata ad hoc per collegare cinque delle otto strutture (immaginatevi il turismo mondiale, sotto il sole di Doha, migrare da uno stadio all’altro!).
Tutto luccica anche sottoterra: stazioni spaziali, treni con poltrone in pelle che viaggiano da soli, prezzi di lancio stracciati (l’equivalente di 50 cents a biglietto). E se si domanda quanto è costato l’intero ambaradan, qui fanno tutti spallucce: i soldi sono l’ultimo dei problemi, quello che conta è superare l’esame FIFA a pieni voti. Fino all’ultimo dettaglio.
I cultori dell’esotico rimarranno delusi. Se trovate un dromedario per le strade, sarà probabilmente uno spot pubblicitario. Ma se siete donne non abbiate paura di vestirvi all’occidentale, perché correranno a salutarvi in inglese con un sorriso. Prendere o lasciare, questo è il Qatar. Una sfida contro la natura, come un Mondiale d’inverno. Che poi a Doha oggi sono 21 gradi.