Chi è McKennie, tuttofare per il centrocampo della Juve di Pirlo
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Data: 26/08/2020 -

Chi è McKennie, tuttofare per il centrocampo della Juve di Pirlo

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"Rising Stars". È così che in America chiamano quelli come Weston McKennie. Letteralmente, stella nascente. Il centrocampista classe '98 dello Schalke 04 si è guadagnato la chiamata di un club come la Juventus alla ricerca di forze fresche per ringiovanire la sua rosa esperta. 

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McKennie è nato a Little Elm, nel cuore del Texas, il 28 agosto 1998. È un emblema dell'ottimo lavoro che da qualche anno sta svolgendo il calcio americano con i giovani che emergono dai settori giovanili. La scalata di Weston, nonostante i suoi ventun'anni, è cominciata già diverso tempo fa. Merito del padre, militare statunitense che con i figli ancora piccoli fu costretto a trasferirsi in Germania. "Ero di stazione a Fort Lee, in Virginia", ha ricordato tempo fa papà John su ussoccer.com. “Dopo tanti sacrifici è arrivata la possibilità di trasferirmi in Alaska o in Germania. Ne ho parlato con la famiglia e subito ci siamo detti 'Ah, non vogliamo andare in Alaska, fa troppo freddo lì!'". 

Nuova vita, destinazione base aerea di Ramstein: circa 10 miglia fuori Kaiserslautern, nella piccola città di Otterbach. Lì il calcio è entrato nella vita del piccolo Weston. "Avevo 6 anni, volevo stare fuori dai guai", ha raccontato. A volte andavo dall'altra parte della strada con mio fratello per giocare a calcio. Ed è stato allora che ho incontrato il mio primo allenatore. Mi ha invitato a giocare nella squadra del villaggio locale. Lì è iniziato tutto." Intuizione dell'allenatore del settore giovanile del FC Phönix Otterbach, David Müller, che ricorda bene quel momento. "Nella prima partita Weston ha segnato otto gol". Predestinato. “Lo abbiamo spostato con il gruppo dei '96. Finché era lì, non abbiamo perso una partita. Penso che la mentalità che ha ora provenga molto da questo periodo perché io non ero un allenatore a cui piacevano le scuse". Talento sì, ma grazie a quegli anni anche un rigore caratteriale tipicamente tedesco. 

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"È stata sicuramente un'esperienza che mi ha cambiato la vita perché prima di trasferirmi in Germania non sapevo davvero che il calcio fosse uno sport", dichiarerà poi Weston. Tuttavia, McKennie e la sua famiglia dopo tre anni tornarono in Texas, dove è poi cresciuto fino alla sua adolescenza. 

A 11 anni la scelta di vita. Football americano o calcio. "Eccelli in entrambi gli sport, ma devi scegliere, non puoi continuare a praticarli entrambi" gli dissero. Fu chiamanta della FC Dallas Academy a convincerlo. E per provare ad inseguire il sogno di tornare - ovviamente da calciatore - in quella Germania di cui si era innamorato, McKennie ha scelto il calcio. Riuscirà a formarsi come un centrocampista che abbina buona tecnica ad un grandissima fisicità e voglia di non mollare mai in campo. Del resto, è quello che fanno i giocatori di football, sempre pronti a far guerra.

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Il destino chiama. Nel giorno del suo diciottesimo compleanno lo Schalke preleva Weston"Provai a dire qualcosa ma ho iniziato a piangere", ha detto McKennie ricordando il momento in cui lasciò l'America. Torna quindi in Europa dove con l'U19 del club tedesco ha continuato a distinguersi come centrale di centrocampo generoso, duttile e costante. L’ottimo impatto con un calcio completamente diverso da quello statunitense viene coronato con l’esordio in Bundesliga nell’ultima giornata di quella stagione, 2016/2017, quando Markus Weinzierl gli regala un quarto d’ora contro l’Ingolstadt.

L’anno seguente, l'arrivo di Domenico Tedesco sulla panchina dei Knappen coincide con l’inizio dell’impiego in pianta stabile del centrocampista a stelle e strisce in prima squadra, per di più con un buon minutaggio in una stagione 2017-2018 chiusa al secondo posto alle spalle del Bayern di Heynckes. Il 2018/2019 è invece un’ulteriore conferma per McKennie nonostante un campionato difficile per lo Schalke. Si toglie la soddisfazione di giocare sei partite in Champions, compresi gli ottavi di finale contro il Manchester City, di segnare una rete decisiva a Mosca contro la Lokomotiv e di entrare per la prima volta nel tabellino dei marcatori anche in Bundes. "Il mio allenatore mi chiama un piccolo carro armato. Non ho intenzione di dire che sono il miglior giocatore, ma se hai bisogno di qualcuno che entri e attacchi, di qualcuno che recuperi palloni per te o che semplicemente corra, anche un po' per i compagni, penso di essere il tuo tipo" dirà di se stesso.

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Quest’anno l'allenatore dello Schalke 04 David Wagner lo ha sempre utilizzato quando disponibile, lasciandolo fuori solo in cinque occasioni a causa di infortuni e una volta per squalifica. McKennie ha giocato principalmente come centrocampista centrale o davanti alla difesa, ma sono state parecchie le volte in cui ha fatto il trequartista o addirittura, nella fase in cui lo Schalke era falcidiato dagli infortuni, il difensore centrale o il terzino destro. E nella sua esperienza in Bundesliga ci sono pure un paio di apparizioni come punta centrale. Insomma, in una squadra come la Juventus dove bisogna fare tutto, saprà sicuramente rendersi molto utile.

E la personalità? Riavvolgendo il nastro della sua storia, abbiamo visto che neanche quella gli manca. Duttilità, sacrificio, ma anche un grande cuore. Come ha dimostrato lo scorso 30 maggio, quando in occasione di un match di Bundesliga contro il Werder Brema è sceso in campo con una speciale fascia al braccio dedicata a George Floyd: "Justice for George" il messaggio, risultando il primo calciatore afroamericano ad aderire pubblicamente al movimento di protesta che partiva in quei giorni. Perchè nonostante il suo percorso in Europa, Weston è orgoglioso della sua nazione.

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Proprio dall'America ha avuto inizio il suo lungo viaggio. Ma da quel giorno in cui il padre decise fra l'Alaska e la Germania, McKennie un po' di strada l'ha fatta. Adesso c'è l'Italia nel suo destino, la Juventus lo aspetta. Si è preso tutto, ora vuole fare bene anche nel nostro campionato con quella mentalità che l'ha sempre contraddistinto. Per dimostrare, una volta per tutte, di essere una vera "Rising Star".

A cura di Marcello Mazzari 



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