La nazionale del melting pot. La pentola, dove si mescola tutto e non si distingue più nulla. Di squadre così nel calcio attuale ce ne sono tante, ma gli USA lo sono forse un po’ di più. È la loro storia che lo impone, del resto. Da sempre. Certo, fa però effetto leggere una statistica particolare: la Nazionale diretta da Sarachan (ct ad interim) che affronterà il 20 novembre 2018 l’Italia di Mancini in un’amichevole in Belgio conta 8 giocatori con il solo passaporto statunitense. Su 27.
Una particolarità bella e buona, che dimostra come il calcio negli USA sia tutt’altro che una pratica comune, locale. È uno sport in espansione, è vero, ma sono molti i giocatori che hanno scelto la Nazionale americana pur di potere avere una finestra sul calcio internazionale, che affascina da sempre. 8 su 27: poco meno di un terzo. E gli altri? C’è chi è nato negli Stati Uniti, ma ha un genitore proveniente da un’altra parte del mondo, come il portiere Guzan, nato 34 anni fa in Illinois ma con passaporto polacco, o come il 29enne Villafaña, esterno sinistro con chiaro albero genealogico di origini messicane.
C’è chi, invece, negli USA non è nato ma si sente comunque cittadino americano. È il caso di cinque giocatori tra cui figura un nome particolare, quello del ventunenne Jonathan Klinsmann. Proprio lui, sì, figlio di Jürgen, attaccante ex Inter incoronato campione del Mondo nel 1990. Per distinguersi ha scelto di fare il portiere (è sotto contratto con l’Herta Berlino) e di giocare nella Nazionale a stelle e strisce, proprio come un altro figlio d’arte: Timothy Weah.
Lui ha intrapreso le orme del genitore, dimostrandosi un attaccante già di primissimo livello: ha compiuto da qualche mese 18 anni, ha cittadinanza americana (è nato a New York), francese, è seguito dalla Liberia dove il padre George è presidente, e gioca già in un club di primissima fascia come il Paris Saint-Germain. È figlio del suo tempo, come Klingsmann e come tutti gli altri ragazzi che vedono nell’America una speranza di poter emergere nel calcio moderno.
D’altra parte, la storia degli USA ha imposto anche questo: una sorta di terra promessa per tante opportunità, le più diverse possibile. Calcio compreso. Chiamatelo melting pot, quindi. E non solo per i figli d’arte...
Giocatori solo americani:
Walker Zimmermann (difensore, 25 anni)
Aaron Long (difensore, 26 anni)
Reggie Cannon (esterno difensivo, 20 anni)
Tyler Adams (centrocampista centrale, 19 anni)
Westo McKennie (centrocampista centrale, 20 anni)
Luca de la Torre (esterno offensivo, 20 anni)
Bobby Wood (punta, 25 anni)
Josh Sargent (punta, 18 anni)
Giocatori nati in America con doppio passaporto:
Brad Guzan (portiere, 34 anni, con passaporto polacco)
Ethan Horvath (portiere, 23 anni, con passaporto ungherese)
Matt Miazga (difensore, 23 anni, con passaporto polacco)
Jorge Villafaña (esterno difensivo, 29 anni, con passaporto messicano)
DeAndre Yedlin (esterno difensivo, 25 anni, con passaporto lettone)
Shaq Moore (esterno difensivo, 22 anni, con passaporto Trinidad e Tobago)
Will Trapp (centrocampista centrale, 25 anni, con passaporto greco)
Kellyn Acosta (centrocampista centrale, 23 anni, con passaporto grenadese)
Marky Delgado (centrocampista centrale, 23 anni, con passaporto messicano)
Sebastian Lletget (centrocampista centrale, 26 anni, con passaporto argentino)
Kenny Saief (esterno offensivo, 24 anni, con passaporto israeliano)
Julian Green (trequartista, 23 anni, con passaporto tedesco)
Christian Pulisic (esterno offensivo, 20 anni, con passaporto croato)
Timothy Weah (punta, 20 anni, con passaporto francese)
Giocatori nati all’estero con passaporto americano:
Jonathan Klinsmann (portiere, 21 anni, Germania)
John Anthony Brooks (difensore, 25 anni, Germania)
Cameron Carter-Vickers (difensore, 20 anni, Inghilterra)
Antonee Robinson (esterno difensivo, 21 anni, Inghilterra)
Romain Gall (esterno offensivo, 23 anni, Francia)