Il Real Madrid è campione di Spagna per la 35ª volta nella sua storia. Trionfa ufficialmente a quattro giornate dal termine, lasciando alle spalle una stagione di incontrastato dominio casalingo, in cui tutte le rivali si sono arrese al passo insostenibile degli uomini di Carlo Ancelotti. L’ultimo mattoncino nella costruzione del titolo è arrivato con la vittoria sull’Espanyol, liquidato per 4-0 dalla squadra riserve come una pratica qualunque. Un pomeriggio esemplare per spiegare il dominio dei blancos.
Marcelo e Ancelotti, uomini da record
Si aggiunge un trofeo di Liga nelle vetrine del club, che torna ad alzarne uno sul prato del Bernabéu per la prima volta dal 2007, quando il campionato lo vinse Capello. Anche due anni fa il Real Madrid festeggiò in casa, ma lo fece all’Alfredo Di Stéfano. Lasciate alle spalle le restrizioni sanitarie, si tornerà anche a festeggiare a Cibeles, storico ritrovo delle celebrazioni madridiste.
Più importante del dove, però, è il chi ha sollevato il trofeo. L’onore Ancelotti ha voluto lasciarlo a Marcelo, primo dei capitani nella gerarchia della rosa, ma quasi mai titolare da un paio d’anni. La scelta non è casuale: con questo titolo il brasiliano raggiunge i 24 trofei in bianco e diventa il giocatore più titolato di tutti i tempi del Real Madrid, lasciando dietro Paco Gento. Nella stagione della sua last dance, al termine della quale scadrà il suo contratto. Era arrivato a Madrid appena maggiorenne, se ne andrà da leggenda ai 33. Missione compiuta.
Leggenda lo era già Ancelotti, ma oggi scrive una pagina gloriosa anche lui. In un colpo solo, è diventato il primo allenatore della storia a vincere tutti e cinque migliori campionati europei, e il primo a vincere tutti i trofei possibili nel Real Madrid (che cosa c’è da sapere sul record e il suo palmares completo).
Campioni senza storia
Era dallo scorso novembre che i blancos scappavano dalle avversarie. Si sono date il cambio, ma nessuna li ha mai messi in discussione per davvero. L’unica che ha condiviso il primo posto con loro è stata la Real Sociedad. Poi c’ha provato il Betis, ultimamente si era lanciato il Barça, ma partiva da troppo lontano; il Siviglia è stata la più credibile, ma non ha retto il peso della competizione. E infine l’Atlético, campione uscente che alla prossima giornata dovrà regalare un pasillo a Benzema e compagni, in visita al Wanda per giocarsi il derbi. Il più umiliante dei passaggi di consegne.
Concorrenza agguerrita o meno, non si possono togliere meriti alla stagione del Real Madrid, che potrebbe anche superare gli 87 punti dell’ultimo campionato vinto, così come gli 86 dell’Atlético la scorsa stagione.
Forse non sarà l’uomo copertina, ma uno dei grandi artefici di questa cavalcata è Carlo Ancelotti. La sua leadership calma è tornata a sedurre la Spagna, ancora incantata dai suoi modi e dal suo lavoro. A volte qualcuno ha provato a punzecchiarlo perché il suo Madrid ha saputo giocare anche di rimessa, ma lui ha spento le critiche dicendosi “Encantado” di aver trovato la maniera migliore per far rendere i suoi. In fondo, non sono stati ancora stabiliti quanti modi esistano per vincere a questo gioco, ma quel che sappiamo è che lui qualcuno in più degli altri deve conoscerlo.
Uno di quelli è proprio il gioco che ci ha permesso di conoscere la coppia-gol più devastante d’Europa. Vinicius e Benzema parevano due mondi opposti. “Non passategliela”, diceva ai compagni l’asso francese l’anno scorso. Altro che. Oggi si scambiano assist come saluti e segnano a rotazione continua (a proposito di rotazioni, con l’Espanyol sono rimasti in panchina dall’inizio per respirare prima del City, tanto era certa ormai la vittoria del titolo, ma Benzema ha avuto tempo per segnare lo stesso).
I gol in campionato sono 26 per un Benzema che cavalca verso il Pallone d’Oro, 14 per un Vinicius che grazie alla cura Ancelotti si è scoperto goleador (l’anno scorso la musica era ben diversa…). In generale, con Carletto il conto di gol è schizzato rispetto all’ultima stagione dell’allievo Zidane. La scorsa Liga, infatti, finì con 67 reti segnate, mentre questo Madrid può superare agevolmente il muro delle 80. Contando su un materiale umano molto simile.
Ma ora non è più il momento di fare i conti. Parte la festa, si alza la coppa, un’altra. Qualche coriandolo, un brindisi, e domani sarà un giorno di lavoro, un altro. Non c’è tempo per guardarsi allo specchio: mercoledì arriva il City, un trofeo da conquistare, un altro. La noiosa routine del club più titolato d’Europa, che ha solo oggi per godersi una Liga dominata. Un’altra.