Quel giorno indossava la mascherina. Di quelle protettive, che il portiere prima o poi nella vita mette per forza. Massimiliano Benassi qualche mese prima era tornato malconcio da Firenze. Con un'uscita provvidenziale aveva evitato il gol di Ljajic, ma non i tacchetti del compagno e amico Tomovic, che gli avevano rotto il naso. Allo Stadium però c'era anche lui. E' il 2 maggio del 2012 e il Lecce gioca contro la Juventus di Conte. Lotta salvezza contro volata scudetto, sullo sfondo una bolgia impressionante alimentata dal gol di Marchisio e dall'espulsione di Cuadrado. Sembra tutto deciso, fino al minuto 85. Barzagli la passa indietro a Buffon, che sbaglia un controllo comodissimo. Bertolacci, entrato da un quarto d'ora, gli ruba la palla e fa 1-1. Mani nei capelli per Conte, tifosi ammutoliti. Il Milan ora è a - 1 a due giornate dalla fine. Pazzesco.
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"Non fu colpa di Gigi"
"Non fu colpa di Buffon, quella porta era impraticabile - ci racconta Max, spettatore privilegiato di un evento drammatico - durante il riscaldamento l'allenatore dei portieri mi disse che una porta era messa bene e una male: 'Ma dai, siamo allo Stadium... come può essere', gli risposi. Mi riscaldai in quella buona, poi il primo tempo lo giocai dall'altra parte e sofrii tanto. Il campo era melmoso, restare in piedi non era semplice". Chissà cosa avrà pensato Max sotto la mascherina. Probabilmente a come difendersi dagli ultimi attacchi della Juve, che nel frattempo aveva messo pure Del Piero: "A fine partita Gigi, nonostante tutto, venne da me e ci abbracciammo. Lo stadio lo invocava, lui chiese scusa a tutti. Si comportò da campione".
Il Lecce oggi torna in quello stadio per la seconda volta nella sua storia, ad otto anni dalla prima. Lì prese gol dopo 8'. All'intervallo Max discute pacificamente con Carrozzieri, che non giocava da due mesi e che, per necessità, era stato gettato nella mischia. Piano piano iniziano a parlare tutti: "Dopo qualche minuto di confusione generale sentimmo un: 'Posso parlare io adesso?'. Era Cosmi, che ci stava osservando - ricorda Benassi - fece un discorso da pelle d'oca. Lui e il suo staff, con Francesco Bulletti e Mario Palazzi, erano unici. Ci alzammo e ci sentivamo noi la Juventus". Alla fine il Lecce pareggerà quella partita, ma retrocederà in Serie B, nonostante i gol di Cuadrado e Muriel e le parate di Max, il portiere di quella A con la media voto più alta di tutti.
"I miei anni con Allegri e Sarri"
"La costanza permette di conquistare l'impossibile". Max lo ha tatuato sull'avambraccio destro. Ora ha 38 anni e il coronavirus ha interrotto la sua stagione con il Montevarchi in Serie D. Ieri, però, giocava contro Ibra, Pirlo e Cavani. Nel 2008 festeggiava la promozione in B con il Sassuolo. In panchina c'era Allegri. Arrivava dal Lecco, dove era durato solo poche settimane. Colpa della società che non gli aveva preso i giocatori che chiedeva: "E' un grandissimo - ricorda Max - in lui vedevamo la persona giusta, per questo davamo il massimo. Ci allenavamo sull'erba sintetica e calciava da dio. Lo faceva con le scarpe da ginnastica e senza calzini, incredibile. Quando faceva tattica, giocava anche lui. La sera poi mangiavamo al solito ristorante. Ad un certo punto si alzava e, prima di andare via, pagava per tutti".
A fine anno Allegri vincerà la sua prima Panchina d'Oro e inizierà il viaggio in A con il Cagliari. Intanto Benassi va al Perugia. Qui trova Sarri, che nel frattempo si era lasciato malissimo con l'Avellino e aveva collezionato un esonero lampo a Verona: "Un po' lo conoscevo perché qualche anno prima ero passato dal Sansovino. Era una sua creatura, lì tutti parlavano di lui. Mi raccontarono che una volta, prima di una vittoria, tamponò per sbaglio la macchina di un suo ragazzo. Da quel momento in poi, per scaramanzia, accennava sempre la stessa scena. A Perugia non toccava mai la palla e tagliava il campo solo a fine partita".
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Stasera lo guarderà da Arezzo. Si metterà davanti alla tv insieme al figlio Gianmarco, che ha tredici anni e che fa il...portiere. Gli racconterà di Buffon, di quell'area di rigore fangosa, dello stop sbagliato e dell'abbraccio finale. Secondi drammatici, dejà vu indelebili. E' di nuovo Juve-Lecce.