Immaginate di essere uno dei ragazzi di Di Biagio, nel pieno dell’Europeo in casa, alla prima grande occasione della carriera. Regola numero uno: niente distrazioni. Poi una sera vi telefona vostro padre, noto volto dello spettacolo. Sta per rilasciare un’intervista dove si parlerà di voi. Scatta l’inversione dei ruoli: “Mi raccomando papà, non dire ca…te”. Con affetto, ma oggi c’è il Belgio.
È la storia di Arturo e Paolo Calabresi. Il primo ha 23 anni, di mestiere fa il terzino destro nel Bologna (ma nasce difensore centrale) e con l'Italia Under 21 ha giocato la sua partita più importante proprio al Dall’Ara contro la Spagna. L’altro è attore, trasformista con la Roma nel cuore, ‘Iena’ su Italia1 e tifoso numero uno del figlio. “Se aveste visto le mie partite con la Nazionale attori, avreste capito che Arturo in Azzurro è una conseguenza naturale, una legge darwiniana. Anche se in realtà lui dice che sono una sega. Tutto è arbitrario e soggettivo, no?”, racconta sornione Calabresi senior in esclusiva per GianlucaDiMarzio.com.
“Scherzi a parte, vederlo giocare con quella maglia è una grandissima emozione. La sera prima di Italia-Spagna ero andato al concerto di Ennio Morricone a Caracalla”. L’ultimo della carriera del grande compositore. “Uno spettacolo commovente, c’è stato tutto il suo repertorio. Ma poi al Dall’Ara ero talmente emozionato e contento che l’Inno di Mameli mi è parso un capolavoro: merito di Artu, mi ha fatto sembrare l'Inno all’altezza di Morricone!”.
Finalmente l’occasione di vedere il figlio da vicino: tra il pallone e il teatro, i Calabresi durante l’anno sono sempre in tournée ma su binari diversi. “Soprattutto durante l’inverno”, spiega Paolo. “La domenica lavoro e il mio giorno libero è il lunedì. Quindi di solito ci sono per le prime e le ultime partite della stagione. Che fatalità sono quelle che quest’anno Arturo non ha giocato: riesco a seguirlo poco, fortunatamente”. Prego? “Lo dico per lui. Sin da quand’era piccolo, se io vado a vederlo ho sempre un po’ gli occhi addosso. Merito o colpa di quello straccio di popolarità immeritata che ho, è normale”. L’attore ammette le debolezze del tifoso. “Inizio la partita con grande aplomb, quasi all’inglese. Ma al primo rigore negato mi vedono attaccato alla rete come un gibbone. È meglio che stia a casa”.
Passione paterna, ma anche pallonara. Ognuno ha assaggiato il mestiere dell’altro, in famiglia Calabresi. Paolo alle partite del cuore, Arturo come comparsa nella serie tv Boris e in Smetto quando voglio. “Ma più che con il cinema io l’ho corrotto con il calcio”, continua Paolo. “E con la Roma. Perché poi c’è stato questo terribile evento lo scorso autunno: il suo esordio in Serie A in Bologna-Roma 2-0”. Il figlio contro la fede. “Lui quella mattina ci ha mandato un messaggio. -Gioco, state tranquilli-. Come a dire, ‘so di cosa è capace papà in questo momento’, perché sapeva quanto fossi dilaniato dentro”.
E oltre ai rossoblù chi ha vinto? “È stata una partita incredibile: veder giocare Arturo contro la Roma è stata davvero una beffa del destino. Al secondo gol di Santander ho anche accennato una piccola esultanza col pugno. Poi mi sono guardato e ho detto -Ma cosa mi sta succedendo?-. Lì ho iniziato un lungo percorso di psicanalisi che sto seguendo tuttora”, scherza (siamo sicuri?) Calabresi. “Ho cominciato a sognare molto, anche lo spettro di Falcao diverse volte…quindi vedremo, vedremo cosa succederà”.
A partire da stasera: dopo aver riposato contro la Polonia, Arturo potrebbe tornare titolare. Anche perché l’attestato di stima che il ct gli ha riservato dopo l’esordio vincente sulla Spagna non è cosa da tutti. “Bello, ma mi hanno detto che Di Biagio era ubriaco…”. Risposta da ‘Iena’, ma c’è di più: Paolo Calabresi mette a suo agio sui binari dell’ironia, senza trascendere nel comico e toccando la realtà con un sorriso. “Per questi ragazzi è sempre un regalo in più poter indossare la maglia della Nazionale. Ci tengono veramente. E quelle del ct sono parole che danno soddisfazione, perché domenica Arturo ha giocato con equilibrio e ne ha dato anche alla squadra. È bello che gli sia stato riconosciuto”.
Il padre spiega il calciatore dietro le quinte. “Come genitori apprezziamo molto il suo approccio allo sport. È sano, magari non paga nell’immediato ma alla lunga sì”, spiega Calabresi. “Arturo è un giocatore vero, che ama profondamente il calcio e quindi ne sfrutta soltanto la parte essenziale”. Scarpini e pallone, nothing else. “E usa pochissimo i social, in modo molto attento: di avere popolarità non gliene frega niente. Gli interessa passare il turno con l’Italia, giocare e se possibile bene”.
Paolo si gioca l’ultima battuta. “Eh sì, ho fatto una richiesta esplicita alla Federazione per fare in modo che Arturo domani faccia parte dell’undici titolare. Ma nessuno mi ha riposto, stranamente. Staremo a vedere cosa succede…”. In attesa del Belgio, scatta spontanea la domanda per il Calabresi calciatore: è stato abbastanza bravo papà?