Prima la salute, poi il calcio. Ed è per questo che da poche settimane, dopo l’esplosione della pandemia da Covid-19, il pallone ha smesso di rotolare in ogni nazione, o quasi. In quattro paesi al mondo si gioca ancora. Precisamente in Bielorussia, Turkmenistan, Tagikistan, Taiwan e Nicaragua.
Tra le proposte presentate dai virologi per limitare in contagio in campo, c’è anche quella di far indossare ai calciatori guanti e mascherine protettive. Marc Von Ranst, virologo e consulente del massimo campionato belga, qualche giorno fa in un’intervista a Le Soir ha ribadito l’importanza di giocare coprendo le vie aeree.
Ancor prima della proposta di Von Ranst, c’era già chi aveva sperimentato l’utilizzo della mascherina in campo. Nella fattispecie in Asia, a Taipei, capitale del Taiwan, una scuola calcio locale ha deciso di far indossare le mascherine a tutti, sia istruttori che bambini. “Non è facile correre con una protezione sul viso, ma i piccoli si stanno abituando”, ha raccontato l’allenatore italiano Thomas Costa in esclusiva a gianlucadimarzio.com.
L’allarme, però, arriva dai professionisti, con il metodo provato ma subito scartato dal Cacique Diriangén, squadra nicuaraguense che nella gara giocata contro il Deportivo Ocotal è scesa in campo indossando le protezioni sopracitate.
Al termine della gara vinta per due a zero, però, l’attaccante uruguaiano Bernardo Laureiro, autore di entrambi i gol, ha spiegato ai microfoni di El Mundo Deportivo le difficoltà che si presentano giocando con la maschera a protezione delle vie aeree.
“È molto difficile giocare in questo modo. Ho sopportato la maschera solamente venti minuti, poi l’ho tolta. Era quasi impossibile respirare, andavo in debito di ossigeno. I guanti, invece, non mi hanno dato nessun problema, li ho tenuti per tutta la partita” – ha dichiarato Laureiro al quotidiano spagnolo.