Era talmente pronto che aveva già un preaccordo da ct degli oranje: "Se dopo Euro 2020 mi chiama il Barcellona, non posso dire di no un'altra volta". Le nazionali sono ancora ferme, i club già nel tornado degli eventi. Ora o mai più. L'Olanda cede il passo, Ronald Koeman riscopre il blaugrana.
Solo questione di tempo. Ajax e Feyenoord, PSV e nazionale: l'ex difensore 57enne era già tornato da allenatore ovunque avesse giocato dopo i 20 anni. Mancava l'ultimo, grande amore. Un vero planner, Koeman: "Sia in campo che in panchina, il suo atteggiamento è rimasto lo stesso. Diretto, controllato, poco emotivo. Ero con lui quando abbiamo vinto l'Europeo nell'88. E di nuovo al Southampton, un quarto di secolo dopo".
Chi parla è Piet Buter, storico volto del calcio olandese e senior scout dei Saints ormai da 10 anni. "Lì in Inghilterra io e Koeman ci vedevamo per tre-quattro meeting all'anno", racconta in esclusiva per GianlucaDiMarzio.com. "Sempre delle buone conversazioni, molto a modo. Ronald è un grande uomo di calcio. Ho visto 7 allenatori passare per Southampton: solo lui e Pochettino sono veramente world class".
Perché è da Barça
Buter non ha dubbi: "Koeman è un olandese doc in tutto. Ma c'è una cosa che lo rende un po' italiano: dalle nostre parti spesso si gioca per il bel gioco, mentre il calcio per lui vuol dire vincere le partite. Ha questa mentalità nel sangue. E sa trasmetterla alle sue squadre".
Dopo anni bui per gli oranje, in pochi mesi di panchina Koeman era riuscito a portare van Dijk e compagni al secondo posto in Nations League. "Per l'Olanda è un vero peccato, perché dovremo trovare un altro ct all'altezza", il rammarico del collega. "Ma il Barça è casa sua: l'avevano già cercato e non vedeva l'ora di arrivarci. Sono convinto che farà molto bene, anche se avrà un gran lavoro da fare". Ricostruire nell'anno zero. "Gestire calciatori carismatici come quelli blaugrana è la parte più difficile: Ronald ha le qualità e la personalità per imporsi".
Perché lo è già stato
Basta chiedere alla Samp. Quel siluro su punizione a Wembley spezzò il sogno blucerchiato e accese quello blaugrana. La firma di Koeman sulla Coppa dei Campioni 1992, il gol più importante dei suoi 239 in carriera. Numeri da bomber, peccato facesse il libero. "Una macchina", Buter fa ancora rewind fino all'unico trionfo della nazionale oranje.
"All'epoca ero il terzo assistente dell'Olanda: di Ronald ci si poteva fidare in ogni partita, era un leader. E in tutta la sua carriera solo una volta perse le staffe". Sempre durante quel magico 1988, dopo un altro gol pesantissimo: "In semifinale contro la Germania Ovest, una rivale storica. Quella vittoria in rimonta per noi fu una liberazione".
Koeman prese la cosa un po' troppo alla lettera: finito il match fu il solo a scambiare la maglia con i tedeschi, per poi correre sotto il settore avversario e usarla come carta igienica. "Il suo unico errore, quel giorno si lasciò andare". Umano anche lui.
Dietro l'allenatore
Il Barça gli scorre dentro. Fuori invece, Catalogna cercasi: biondo acceso, occhi chiari, giacca e cravatta anche lontano dalla panchina. "Poi ha la passione per il golf", continua Buter. "Un uomo di famiglia sobrio e riservato, sposato da tanti anni. Suo fratello Erwin - anch'egli ex giocatore e allenatore, ndr - è più rilassato, un po' festaiolo. Ronald invece assomiglia più al padre Martin, che fu osservatore del Groningen dove iniziò a giocare lui. Lo conoscevo molto bene".
Koeman senior morì di arresto cardiaco nel 2013. Per una simile patologia Ronald rischiò grosso lo scorso maggio, ma fortunatamente si riprese in fretta: "Dovrò prendermi un po' più cura di me", sorriderà lui uscendo dall'ospedale.
Anche allora ammise di sognare il Barcellona, di voler seguire le orme di Cruijff. Un doppio filo, mezzo arancio e mezzo blaugrana. Quella notte, a Wembley, la divisa del Barça era così. Neanche a farlo apposta: la storia di Koeman.