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Fiorentina, il super tifoso Paolo: “Tornare allo stadio vorrà dire rinascere”

E’ abbonato al Franchi dal 1981 e in 40 anni ha saltato solo una partita, prima che il coronavirus chiudesse le porte dello stadio: “Ma tornarci vorrà dire rinascere”

Paolo Brotini aveva cerchiato con il pennarello rosso la casella del 22 aprile. La Fiorentina sarebbe andata a Lecce, da sempre una delle sue trasferte preferite. L'occasione migliore per concedersi due-tre giorni di vacanza insieme alla famiglia. Lo ha fatto spesso, soprattutto in giro per l'Europa: c'era a Kiev nel 1989, quando i viola raggiunsero la finale di Coppa Uefa poi persa con la Juve. C'era in Francia con l'Auxerre: "E l'Inghilterra me la sono fatta tutta. Liverpool, Tottenham, Everton… ho pianto a Wembley quando Batistuta ha segnato all'Arsenal. Toldo parò tutto, ma noi giocammo in maniera eccezionale", ci racconta. 


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40 anni da abbonato

E' la storia di un tifoso che ha lo stadio nel sangue: "E' vita – conferma – il primo abbonamento l'ho staccato nel 1981, costò sulle 50mila lire. Quell'anno perdemmo lo scudetto all'ultima giornata con la Juve. La partita con il Cagliari la sentimmo tutti insieme sulle spiagge della Versilia. La radiolina alla fine volò in mare". In 40 anni di Franchi si è perso solo un match: "Fiorentina-Milan 2-0, era il 1998. Stavo male, avevo la febbre a 39". Sua moglie Isa, invece, ci andò lo stesso: "E' più tifosa di me – sorride Paolo – ci siamo conosciuti a scuola, da bambini. E ci siamo sposati l'11 maggio del 1969, il giorno del secondo scudetto. Vincemmo 2-0 a Torino contro la Juve. A proposito, che partita il 4-2 del 2013. Ero in tribuna accanto a Don Massimiliano, il prete della Fiorentina. Quello che fece…". 

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La prima volta

Passa il tempo, ma Paolo la prima partita della sua vita allo stadio se la ricorda bene: "18 aprile 1957, Fiorentina-Stella Rossa. Era la semifinale della coppa dei campioni, andai con un amico e suo babbo, tifoso interista. Non voleva perdersi il portiere avversario, Vladimir Beara. Allora era ritenuto il più forte al mondo". La passione nasce giocando a calcio nelle strade del paese: "A 15 anni fui preso dalla Fiorentina. Ero uno stopper niente male. Negli Juniores, però, mi spaccai i due menischi. Stavamo giocando un'amichevole con la prima squadra, saltai di testa e l'attaccante mi cadde sulla gamba. Sentii un rumore tremendo". Con lui giocavano anche i vari Chiarugi, Ferrante e Merlo, che poi diventerano campioni d'Italia.

Paolo oggi ha 75 anni. L'abbonamento l'ha fatto anche questa stagione, poltroncine lato Fiesole: "Dal 1981 ho girato tutti i settori dello stadio", scherza. Si è innamorato di Hamrin e Antognoni: "Poi, ovviamente, c'è Bati. Spesso io e mia moglie andavamo in trasferta con l'aereo della Fiorentina. Ci sedevamo sempre in fondo, lì c'era Gabriel con Rui Costa. Mi aveva visto ai piedi un paio di scarpe particolari, fatte con un pellame che non si macchiava. Me ne chiese un paio, ma io me ne dimenticai. Un anno dopo partimmo per Lecce e sentii una pacca sulla spalla: 'Mi avevi promesso un paio di scarpe', mi disse. Il giorno dopo gliele portai: "La prossima è contro la Juve, segna un gol', chiesi in cambio. Vincemmo 1-0, gol di Batistuta"


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"Rinasceremo"

Adesso Paolo aspetta un nuovo stadio: "Ma che facciano presto, non ho più molto tempo!". Aspetta, soprattutto, di poter tornare in quello attuale. Solo un virus poteva impedirglielo: "Con il Brescia l'ho vista nella sede del mio viola club. Eravamo una decina, sembrava un piccolo stadio. Da solo non ci so stare – sorride – davanti alla tv sono molto teso, tengo sempre un orologio in mano quando si vince perché il tempo non passa mai". Abita a Ponte A Egola, dove ha una conceria: "Abbiamo ripreso i primi di maggio, ma siamo ancora al 40% della forza lavoro". E' nato nel 1945, sa cosa vuol dire ricominciare: "La guerra aveva distrutto tutto, dopo la voglia di ricostruire era pazzesca. Ora le macerie sono economiche, ma se ne esce con l'ottimismo". E con il calcio, sognando di nuovo lo stadio: "Tornarci vorrà dire rinascere!".