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Commisso-Fiorentina, un anno fast fast fast

Ha saputo trattenere Chiesa, ha portato Ribery. Poi il nuovo centro sportivo, il dolore per l’esonero di Montella, il record di abbonamenti, lo sfogo post Juve e l’emergenza coronavirus. Rocco festeggia il primo anniversario da presidente viola

"Ahi, lo sapevo che non avrei dovuto rispondere". A New York è l'alba quando il cellulare di Rocco Commisso suona inaspettatamente. Lo sta contattando il Corriere Fiorentino, un paio di giorni dopo l'indiscrezione del NY Times secondo cui il magnate americano sarebbe ad un passo dall'acquisto della Fiorentina. Sorride Rocco, che da lì a qualche ora accenderà la tv per assistere alla partita fra i viola e il Genoa. Lo schermo dello smartphone si illuminerà di nuovo, ma questa volta sarà il suo braccio destro Joe Barone che su WhatsApp gli invierà il video della sciarpata della Fiesole. La squadra di Montella non vince da 13 partite e non andrà oltre lo 0-0, quanto basta tuttavia per evitare una clamorosa retrocessione in Serie B. 

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"Chiesa non sarà il mio Baggio"

Ma non i fischi dei tifosi, in aperta contestazione contro la famiglia Della Valle. Andrea e Diego decidono di lasciare, anche perché è la terza volta che Rocco torna alla carica dopo i tentativi del 2017 e del 2018. Il 2 giugno Commisso atterra a Linate, giusto qualche minuto prima della dirigenza dell'Inter, che nel frattempo sta tornando da Madrid, dove si era giocata la finale di Champions: "Come avete fatto a trovarmi? Eravate qui per Conte? Lui è più importante…", scherza. In valigia ha una cravatta viola che tirerà fuori solo a cose fatte. E' il 6 giugno: "ACF Fiorentina ha annunciato oggi che Rocco B. Commisso è il nuovo proprietario del club", si legge nel comunicato. E' passato un anno. 

Due giorni prima la Juventus aveva trovato l'accordo con Chiesa. 50 milioni lordi in 5 anni, una valanga di soldi: "Resta? Non faccio promesse che non posso mantenere", risponde Rocco, che però non ha nessuna intenzione di cederlo: "Non sarà il mio Baggio", ripete spesso. E poi lo ha promesso ad un bambino del Meyer nella sua prima visita all'ospedale pediatrico: "Cosa posso fare per te?", gli chiede: "Tieni Fede". Detto, fatto. E pazienza se non è arrivato Nainggolan, se De Rossi ha preferito l'Argentina e se Llorente è andato al Napoli. Lui è stato di parola. Ha portato Ribery, mica uno qualunque. Lo ha presentato in stile Rocky Balboa, cose che piacciono nel suo Bronx. Ci ha portato pure la Fiorentina, in tournèe. Era così emozionato che non ha resistito al caldo di Arthur Avenue. Un piccolo malore, niente di che per un 70enne che va ancora fast, fast, fast


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Montella, che dolore

Boateng e Lirola i suoi primi acquisti: "E' l'unico presidente che non mi ha chiesto plusvalenze", racconterà sorpreso Pradè. Il dolore più grande? Esonerare Montella. Ci aveva puntato. Per parlarci lo aveva fatto arrivare a Manhattan dal Bhutan, un regno buddista sull'Himalaya orientale. Lo aveva presentato in grande stile, proiettando la loro stretta di mano sui banner pubblicitari di Times Square. E poi Rocco, nella sua Mediacom, non aveva mai licenziato nessuno. Il calcio, però, sa essere crudele. La squadra non andava e serviva una reazione. Lo doveva a tutti quei tifosi che lo aspettavano fuori dall'Hotel Savoy per abbracciarlo: "In America non mi riconosce nessuno, qui mi fermano tutti", scherza i primi giorni. Alla prima di campionato con il Napoli è lui la star: "Avrò fatto 500 selfie. Io in curva? Grazie assai, ma sono troppo vecchio…".


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Parla tanto Rocco, non ha paura dei giornalisti: "I Della Valle non sono mai venuti in conferenza lo scorso anno? Wow", commenta sorpreso in sala stampa. Nel giorno della sua presentazione, si fa benedire in campo da Don Massimiliano, padre spirituale della Fiorentina. Gli abbonamenti arriveranno a 24mila, mai così tanti da almeno 25 anni. Rocco ne va fiero, così tanto da svegliarsi alle 4 del mattino per salutare via telefono i tifosi in coda al Fiorentina Point di Via Sette Santi. Li ringrazierà anche regalando loro quello che sarà il centro sportivo più grande della Serie A.


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La rabbia post Juve

In questi 12 mesi Commisso ha sofferto: "Fischiate me, non la squadra", le sue parole dopo il ko in casa con il Lecce. Ha gioito, specie dopo la vittoria di Sassuolo, la prima a cui ha assistito dal vivo rompendo una vera e propria maledizione. Si è arrabbiato con gli arbitri: "La Juventus non ha bisogno di aiuti per vincere", tuonò dopo i due rigori segnati da Ronaldo. Sempre chiaro e diretto: "I ragazzi sanno che non sono venuto qua per perdere. Non ho mai perso nella mia vita". 

Si è anche goduto Firenze. Ama la Birra Moretti dei 13 Gobbi, trattoria in pieno centro. Ha voluto provare la bistecca di Tullio e si sente a casa fra i tavoli di Grazie Assai, ristorante calabrese davanti allo stadio. Si chiama così proprio in suo onore. Antonio, il responsabile, tifa Inter. Però è di Lamezia a poco più di un'ora da Gioiosa Ionica, il paese natale di Rocco. Il 7 giugno era fra i 6mila tifosi che hanno assistito dalla tribuna alla presentazione del nuovo presidente, rimanendone incantato dall'umiltà e dalla forza. Lo ha invitato e quest'ultimo ha accettato, presentandosi perfino con maglie e cappelli da regalare a Giulia e Giuseppe, i due figli piccoli. Nel frattempo il coronavirus si è abbattuto con forza nella sua New York ma anche sulla Fiorentina. Tanti i casi, fra cui quello di Pradè, al quale Commisso è sempre stato vicino nei momenti più duri. Ha lanciato pure una raccolta fondi, "Forza e Cuore". Perché ormai il suo appartiene a Firenze, la seconda famiglia che lo sostiene nella battaglia per il nuovo stadio. "Amaci, che noi ti ameremo", gli dissero. Così è stato, fin dal primo giorno.


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