A tutto Dybala: “A scuola, appunti e Coca Cola. In Nazionale gioco a Trucco con Messi”
Paulo Dybala a cuore aperto. Senza limiti, solo la verità. Tutto in esclusiva a El Pais. “In campo voglio la palla. Ho avuto allenatori che mi chiedevano di non muovermi, di aspettare. Io non ce la facevo. Senza la palla io mi perdo, ho bisogno di toccarla, ho bisogno di azione. Credo sia questo, una necessità. La necessità di generare qualcosa: colpire la traversa, fare un doppio passo o un tunnel. Il gol è il gol, chiaro, però ci sono davvero poche cose che mi piacciono di più di fare un assist: quell’abbraccio lì con il tuo compagno che ha appena fatto gol…".
Passato, presente e futuro: Dybala si racconta
Leader della Juventus anche all'interno dello spogliatoio? “Ho cambiato il mio modo di essere leader. Mi sento importante, uno di quelli che i tifosi rispettano, però non mi sento un senatore e non voglio nemmeno esserlo. Un leader deve trasmettere qualcosa, generare un sentimento positivo all’interno del gruppo. Non serve gridare o insultare perché ti rispettino. Bisogna sapere quando e come parlare con un compagno anche se alle volte basta stare zitti. Evra era un fenomeno in questo. O Buffon, che è un signore, e solo la sua presenza ti trasemette qualcosa”.
Messi in Nazionale e Ronaldo nel club. Più di così? “I miei amici mi dicevano proprio questo: “Fesso, hai il migliore in Nazionale e adesso ti portano l’altro migliore del mondo nel club”. Io rispondevo: “E’ un vantaggio per me!”. Già. “Chi è che non vuole fare un uno-due con i migliori al mondo? Stiamo parlando di due fenomeni assoluti, a livello calcistico e mentale. Ho un buon rapporto con Cristiano, parliamo spesso e alle volte ci fermiamo a discutere per larghi tratti. Di cosa? Nazionale, della Juventus, ma anche di cose extra campo. E con Leo Messi è lo stesso. La relazione tra noi è cresciuta molto, com’è logico che sia. Non ci vediamo tutti i giorni ma con il tempo abbiamo costruito un ottimo feeling: beviamo il mate e giochiamo insieme ad altri compagni a ‘Trucco’, un gioco di carte. Lui è bravo sì, mente bene”.
Sarri. “Ha un modo di intendere il gioco del calcio totalmente differente rispetto agli altri allenatori che ho avuto. Per me e forse anche per gli altri attaccanti è molto più divertente: creiamo tanto. Ti permette di rischiare, sai che avrai opportunità. Ci sono partite in cui, davvero, generiamo 20 occasioni da gol. Immagina cosa possa essere per un attaccante”. Le rivali di oggi? “L’Inter ha un gioco interessante, Conte ha una mentalità differente e questo si nota: non hanno cambiato così tanti giocatori eppure si nota una squadra con un’altra impronta”.
Un tuffo nel passato. Dalla Champions alla scuola, in Argentina. Finita? “Si! Non è stato facile. L’ultimo anno soprattutto, quando debuttai in prima squadra: tra viaggi e ritiri è stato davvero un bel caos. E per fortuna che l’ho finita perché lo studio ti dà le basi. Nel mio caso mi ha promesso di avere una vita normale, quella di qualsiasi altro adolescente. Io vivevo in un’altra realtà, però la scuola mi riportava coi piedi per terra: prendevo appunti, mi compravo una coca-cola a ricreazione. Ad ogni modo il calcio educa. E’ un’educazione invisibile che ti insegna a rispettare i compagni, rispettare gli orari e avere una certa disciplina. Il sabato giovavo così il venerdì sera dovevo andare a letto presto. Ovviamente i genitori sono un punto cardine e incidono tantissimo”.