Bonucci: “La Juventus è la mia vita. Progetto Motta: bel futuro”

L’ex difensore azzurro ha parlato del proprio passato e non solo in una lunga intervista a La Stampa
Leonardo Bonucci e la Juventus, una storia d’amore lunga, bella e romantica, ma finita non nel migliore dei modi.
Escludendo il breve periodo al Milan, il difensore azzurro è stato a Torino per ben 12 anni, vincendo quasi tutto quello che avrebbe potuto.
Tanti alti e pochi bassi nel suo ciclo in bianconero, che si è concluso però con parecchia amarezza anche per i modi in cui è stato lasciato andare.
Il suo cuore continua però a battere per la Juve, e Bonucci lo ha dichiarato con convinzione in un’intervista a La Stampa.
Le parole di Bonucci
“La Juve è la mia vita. Lo è fin dal primo tocco a un pallone da bambino e lo è anche ora che ho smesso di giocare. Rappresenti milioni di tifosi, non puoi sottrarti alle tue responsabilità partita dopo partita. Io ho messo la Juve anche davanti alla mia famiglia“.
Con Chiellini, Barzagli e Buffon ha fatto la storia, ma cosa c’era dietro quel rapporto: “Eravamo amici, e questo conta. Amici per i quali difendere un gol era ossigeno, aria, respiro. Andavamo in campo per proteggere la porta, abbiamo scritto la storia. Io, Chiello e Barza, lasciando un attimo in pace Gigi, giocavamo per esaltare le qualità dell’altro: la complementarità nasce così e, così, i difetti sparivano e venivano a galla i pregi. Il merito è in gran parte anche di Conte, delle sue idee rinnovate e sempre valide”.

“Sogno di diventare CT dell’Italia o allenatore della Juve”
Da giocatore a tifoso, Bonucci ha commentato nel dettaglio la Juve di Thiago Motta: “Sì, ci vedo dentro un bel futuro: Thiago conosce il calcio come pochi, sa dove vuole arrivare. Le difficoltà fanno parte del momento, fidatevi di lui. I calciatori lo seguono perché hanno capito che la strada è quella giusta dopo stagioni in cui, più o meno, si faceva lo stesso tipo di calcio. Con i ragazzi ci parlo, con quelli che ho conosciuto bene: non trovo una voce che non sia di sostegno al lavoro del tecnico. Era già un allenatore in campo, ragionava come ragiona chi va in panchina: il suo standing era unico, la sua classe anche. Lo metterei con Buffon o Pirlo per farvi capire il suo livello. Leader non ci si può improvvisare. Thiago parlava poco, ma se parlava tutti lo seguivano. Gestione dei capitani? Questo, se devo essere sincero, è l’unico aspetto che non mi piace: la tradizione conta come le gare disputate o la conoscenza dell’ambiente. Io resto dell’idea che il capitano debba essere quello più “anziano”, ma Locatelli è uno che può farlo“.
E per concludere, l’ex difensore ha anche parlato della propria nuova carriera, non nascondendo i propri sogni: “Sono appena entrato nello staff della Nazionale Under 20 come collaboratore di Corradi, il mio lungo cammino è solo all’inizio, ma direi una bugia se non sognassi di diventare CT della Nazionale o allenatore della Juve“.