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Vieira: “Il Bologna può essere un esempio. Norton-Cuffy? Uno dei migliori nel suo ruolo”

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Patrick Vieira a il Festival dello Sport di Trento

Le parole dell’allenatore del Genoa a il Festival dello Sport di Trento

Le origini. “Sono arrivato in Francia con il fratello e la mamma, avevo 8 anni. In Africa non abbiamo le strutture che ci sono in Europa. È iniziato tutto vicino a Parigi, dove ho fatto i primi passi”. Poi, l’esperienza da calciatore in Serie A: “Era il campionato numero 1, lo guardavamo tutti in Francia. Sognavo di cambiarmi vicino a Weah, Maldini. È stato un anno bellissimo, perché a fianco avevo giocatori con tanta esperienza. Erano tutti degli esempi positivi da seguire”. A il Festival dello Sport di Trento, Patrick Vieira ha ripercorso le tappe della sua carriera e della sua vita.

Tra i tanti allenatori che ha avuto, Vieira ha parlato di Fabio Capello al Milan: “Non ho giocato perché c’era troppa qualità, non c’era spazio per me ed è per questo che sono andato via. Ma Capello mi ha sempre preso in considerazione, e questo mi ha dato fiducia. Anche adesso, per i giovani è importante passare del tempo con l’allenatore e discutere”. E di Arsène Wenger, ai tempi dell’Arsenal: “È stato lui che mi ha dato la fiducia di andare sul campo, avere personalità. Sono arrivato all’Arsenal a 20 anni e mi ha dato la fiducia giusta.

Per una carriera ricca di trofei, ce n’è uno che Vieira non dimenticherà mai. “Il momento più bello del Mondiale del 1998? Penso a come sono entrato in finale e ho avuto la fortuna di fare l’assist a Emmanuel Petit.

La squadra più forte in cui ha giocato? “Credo che la Juve di quel periodo era fortissima. Abbiamo fatto il mondiale del 2006 e metà erano della Juve. Mi è dispiaciuto essere rimasto solo un anno perché mi sentivo bene. Purtroppo quello che è successo ha cambiato un po’ la mia idea. È stato un bell’anno e sono rimasto amico con tanti di loro. Scendere in Serie B? Non ci ho mai pensato. Buffon, Trezeguet sono rimasti ed erano più legati alla società. Ho avuto l’opportunità di andare all’Inter e ho preso questa strada”.

Vieira: “Nel 2006 eravamo più forti dell’Italia”

Dopo la maglia bianconera, Vieira ha vestito anche quella nerazzurra dell’Inter: “C’era un gruppo con tanta fame di vincere. In questo periodo ha dominato la Serie A. Era la squadra più forte d’Italia. Mourinho? L’allenatore più preparato di tutti. Sull’aspetto tattico e su come gestire la partita. Lui è molto, molto preparato. I giocatori hanno tutte le informazioni per fare la partita che si aspetta. Abbiamo avuto 2/3 discussioni, ma non si scalda mai e ti dice le cose come sono. Sta al giocatore gestire la verità. In quel momento era difficile per me giocare perché c’erano Stanković, Thiago Motta che facevano più lavoro per la squadra. È importante essere veri con i giocatori”.

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Patrick Vieira

Non è mancato un commento sulla finale dei Mondiali persa, nel 2006, contro l’Italia: “Eravamo più forti, ma loro erano più preparati mentalmente per i rigori. Episodio di Zidane? Non l’ho visto, dopo abbiamo parlato con Zinédine e uscire così non è al suo livello. Non meritava di uscire così. Ha dato tanto per la nazionale, è difficile essere arrabbiati con lui. È andata bene all’Italia“.

“I giovani per crescere devono giocare e sbagliare”

C’è poi una tappa che ha svoltato il percorso di Vieira. Quando ho finito la mia carriera, al Man City, non sapevo quello che volevo fare. Loro mi hanno dato l’opportunità di fare l’Ambassador per due anni. E mi sono sentito bene. Quando poi ho avuto l’opportunità nel settore giovanile, ho deciso di fare l’allenatore. Ho dimenticato il me giocatore, era importante per me avere questa esperienza. Ho lavorato con Pirlo a New York, è stata una bella esperienza allenare giocatori così”.

Ora il presente dice Genoa: “Credo che se guardiamo la classifica ora, avere due punti vuol dire essere in ritardo. Dobbiamo guardare il quadro complessivo. C’è l’aspetto dei punti, del gioco. E meritavamo più punti. Poi c’è il progetto di creare stabilità, abbiamo un’idea chiara sul progetto che vogliamo fare. Quando vediamo la storia del Genoa, ci sono sempre stati giovani che sono usciti dal settore giovanile. Dobbiamo puntare su questo, ma i giovani per crescere devono giocare e sbagliare. Abbiamo tanti giocatori giovani con potenzialità, ma devono giocare. Per questo che abbiamo perso un po’ di esperienza. Ci vuole tempo per crescere”.

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Patrick Vieira

Vieira ha poi proseguito: “A questo aspetto dei punti dobbiamo essere attenti. Dobbiamo creare spazio per i giovani. In una partita in cui non fanno bene, non dobbiamo perdere fiducia. Devono continuare a giocare. Questi giovani hanno il fuoco dentro e per continuare ad avere questo fuoco, devono vedere che fanno parte di questo progetto. Noi società e noi allenatori facciamo metà strada, l’altra metà la devono fare loro. Noi siamo qua al loro servizio, siamo a loro disposizione. Carboni è uscito da un infortunio, è rimasto fuori per tanto tempo. Colombo? Ormai conta solo l’aspetto del gol, ma dimentichiamo il lavoro che fa per la squadra. È uno che non molla mai e che lavora tantissimo. Se creiamo di più, lui può fare più gol. È più un problema collettivo”.

“Il Bologna può essere un esempio per noi”

Vieira ha le idee chiare. “Non possiamo essere una squadra attendista. Cos’è successo contro la Lazio? Ogni tanto una partita si può sbagliare. Tatticamente abbiamo perso un po’ di struttura, e con la qualità della Lazio siamo andati in difficoltà. È stato un messaggio per essere molto attenti, che stavamo perdendo struttura. Quando perdevamo la palla non eravamo mai messi bene sul campo, non abbiamo gestito bene la transizione negativa. Norton-Cuffy? Ha preso fiducia. È cresciuto sotto questo aspetto e oggi credo faccia parte tra i giocatori più bravi in Italia nella sua posizione“.

C’è un modello che può ispirare i rossoblù: Una società che lavora bene? Il Bologna, ha un allenatore bravissimo che mi piace tantissimo. Sta facendo un lavoro che può essere un esempio per noi al Genoa. Se spero in un derby di Genova? Credo che per il calcio e la città di Genova, un derby sia sempre bello da giocare”.