Pellegrino, dal Torino al… Torino: la doppia firma del destino

L’attaccante argentino regala la prima vittoria in campionato al Parma di Cuesta e segna due gol ancora contro il Torino
C’è una linea invisibile che unisce certe storie, come un filo teso tra il caso e la volontà. Qualcosa che somiglia al destino, ma che ha il sapore della fatica, del sudore e della scelta.
A volte, quel filo si tende tra due punti esatti sulla mappa – due luoghi, due momenti – e costruisce un cerchio perfetto. Per Pellegrino, quel cerchio comincia e finisce a Torino.
O meglio, contro il Torino. Sempre lui. Sempre loro. Sei mesi fa, a marzo, al Tardini andava in scena l’alba di qualcosa: la sua prima doppietta in Serie A, proprio contro i granata.
A distanza di tempo, stesso avversario, stessa scena, stesso esito. Ma stavolta con qualcosa in più. C’è la consapevolezza. C’è la pressione. E c’è la fame di chi sa di non potersi più nascondere.
Casco in testa e cuore argentino
Con quel caschetto in testa sembra un pilone dei Pumas più che un centravanti. L’immagine è quasi folkloristica, ma dentro c’è tutto Pellegrino: grinta, garra e una certa predisposizione alla battaglia. Non è rugby, certo, ma poco ci manca. Perché quando si scende in campo contro difensori come Maripán e Ismajli, ogni pallone è una mischia, ogni duello un placcaggio.
Lui non si tira mai indietro. Spalle larghe, petto in fuori e quel modo ruvido ma elegante di proteggere la palla, di farsi punto d’appoggio per la manovra del Parma di Cuesta. È lì che la squadra lo cerca, è lì che la squadra si appoggia quando il gioco si fa duro. E spesso, se Pellegrino fatica, il Parma si spegne. Ma contro il Toro, questa volta, non ha tremato. Anzi.

Rigore e redenzione
Il momento chiave arriva al minuto 36. Il pallone pesa, pesa come un macigno. In campionato i gol sono ancora a zero, e quella palla sul dischetto è più di un’occasione: è una prova del fuoco. Ma Pellegrino ha il cuore freddo e il mancino caldo. Calcia forte, preciso, imparabile. Ed esplode. È liberazione, è riscatto, è il primo passo di una giornata perfetta.
Il rigore gli toglie di dosso la ruggine, i dubbi, le paure. Da quel momento in poi gioca più leggero, più presente, più se stesso. Lotta, rincorre, riparte. È ovunque. E nel finale, quando Valeri pennella un cross perfetto, lui sale in cielo, ancora una volta, e colpisce. Di testa. È 2-1, è doppietta. È vittoria.
Feeling granata e fame di futuro
Curioso, quasi ironico, che i suoi primi gol in Serie A, l’anno scorso e quest’anno, siano tutti arrivati contro il Torino. Una specie di predestinazione, un déjà-vu che si ripete con ostinata puntualità. Ma stavolta c’è di più. C’è la sensazione che Pellegrino non sia più solo un giovane da scoprire, ma un punto fermo. Un riferimento. Un numero 9 vero. In un Parma che vuole sorprendere, che vuole crescere, che vuole restare aggrappato al sogno, servono certezze.
E lui lo sta diventando. Perché sa soffrire, sa segnare, sa aiutare. Perché ha la garra di chi viene da lontano e la fame di chi sa che ogni occasione può essere l’ultima. Da Torino a Torino, passando per una crescita continua. È il segnale che Pellegrino è pronto. Per prendersi il Parma. E forse, qualcosa in più.