Tutto ciò che Craiova ci ha lasciato: la scoperta di una piccola ed umile realtà dal rapporto con il calcio…particolare
Alla fine di ogni esperienza, la tendenza è sempre la stessa: tirare una riga e le somme, comunque vada e comunque sia andata. Inevitabile pensare che in un’occasione come quella relativa alla trasferta affrontata dal Milan a Craiova, città forse sconosciuta ai più pre sorteggio dall’urna di Nyon, la parola “avventura” avrebbe finito per mischiarsi ad un viaggio studiato, lungo oltre 400 km e reso possibile solamente dall’utilizzo di tre mezzi di trasporto (tra aereo, macchina e treno), ma altrettanto affascinante e probante. Con la naturale curiosità di scoprire come, in una piccola cittadina da circa 300mila abitanti, il calcio in Romania sia percepito e vissuto, attendendo l’arrivo di una “big” vogliosa di riscatto e di riabbracciare, dopo 1234 giorni, la partecipazione ad una competizione europea.
Craiova ci ha lasciato la consapevolezza di saper vivere il momento solo quando conta, nonostante il blasone dell’avversario. Riversarsi in massa al “Municipal” di Drobeta-Turnu Severin, o alla peggio in Piata Fratii Buzesti per seguire la gara sul maxischermo, senza lasciar letteralmente trasparire alcun tipo di trepidante attesa nelle ore antecedenti al match. A biglietti per la gara ormai esauriti, le uniche anime leggermente proiettate verso l’inedita (e più che speciale) sfida al Milan sono state contate sulle dita di due mani: l’acquisto di una maglia o della sciarpa celebrativa del match, poi nulla più. Almeno (appunto) fino a ieri: qualche auto ferma nelle piazzole di sosta, ricavate miracolosamente in piccoli sterrati lungo un’enorme distesa di campagne, percorrendo i 100 km che separano Craiova da Drobeta. Osservando sorrisi e bandiere sventolanti di chi, finalmente, cominciava a pregustare l’arrivo di un incombente appuntamento storico.
Craiova ci ha lasciato una gomma (o forse un bianchetto) per cancellare i tanti, troppi pregiudizi sul consueto concetto di clima ostile vivibile nelle trasferte affrontate nell’Est europeo. Vero: l’impatto, per chi può essere abituato a metropoli moderne e super organizzato, è certamente traumatico, di fronte a tanti frammenti di città antica ed in sgretolamento. Ma gli sguardi straniti nell’incrociare chi parla un’altra lingua rispetto alla tua esistono e, comprensibilmente, esisteranno sempre: il moto perpetuo con cui il piccolo capoluogo del distretto di Dolj vive ogni giornata fa rima con tranquillità e totale rispetto, con il solo, minimo accenno di confusione dettato dal lancio di mais di alcuni bambini ad un folto stormo di piccioni appollaiati. Dalla cortesia di diversi ristoratori, pronti ad offrire (nel vero e proprio senso della parola) specialità per promuovere i prodotti locali, a quella di un ufficio stampa premuroso e voglioso di non far mancare mai nulla, tantomeno di fronte ad un’occasione così importante. Poi, finalmente, loro: i tifosi. Uniti nel seguire lo speaker a ritmo per intonare l’inno dell’Universitatea, capaci di entusiasmarsi di fronte ad un semplice cambio di gioco o ad un dribbling nello stretto. E di arrabbiarsi, perché no, per qualche fallo non sanzionato: il tutto, però, sempre nella più totale correttezza. La stessa che ha permesso a tifosi e giocatori di lasciare, in tranquillità, lo stadio, con la possibilità per qualche piccolo tifoso rumeno di farsi firmare qualche autografo dai propri idoli.
Craiova ci ha lasciato un senso di estrema educazione, familiarità e umiltà. E gli esempi pratici sono a portata di mano, pronti ad andare a pari passo con le dimensioni di una realtà ora un po’ più nota a molti: stop sacrosanto e con metri d’anticipo pre strisce pedonali (mai troppo scontato…) da un lato; calciatori della squadra locale intrattenutisi per una buona mezz’ora, nel piazzale antistante allo stadio, insieme ad amici, compagne e tifosi per qualche foto dall’altra. Altro mondo, altra storia: un po’ come quella di Marin, tassista dall’italiano appena ricordato in pochi vocaboli, che pur di essere presente e fedele alla promessa fatta si presenta puntuale, tra andata e ritorno da Craiova a Drobeta, per portare parte della stampa italiana nel fulcro della ripartenza europea del Milan. Motivo? Con un prezzo forfait, il guadagno (roba da poco più di 100€) può valere anche più di diverse giornate di lavoro. Per un’attesa di oltre 7 ore, tra arrivo allo stadio, match, conferenze e ripartenza delle squadre, valsa un premio decisamente meritato.
Craiova, insomma, ci ha lasciato un’immagine estremamente positiva di sè. Cittadina più prettamente concentrata su studio (il nome del club non è un caso) e sviluppo di arte e musica, con una scuola in grado di regalare colonne sonore diverse ai pranzi in piazza, Craiova, con una base mista tra chillout e soul, ha deciso di vivere così la propria quotidiana esistenza: il “tasto” calcistico viene vissuto al punto giusto e nel momento giusto, ma non (attualmente) nel posto. I rallentamenti nei lavori di costruzione del nuovo, modernissimo impianto, denunciati anche all’amministrazione comunale dai principali quotidiani locali, hanno infatti impedito alla gente del posto di vivere, ancor più da vicino e numerosamente, un momento storico direttamente nel proprio impianto. Piccola macchia incapace, tuttavia, di rovinare una festa andata anche non lontana da un risultato positivo: ciliegina sulla torta mancata di una serata comunque indimenticabile. Grazie alla quale Craiova, tra un destino speciale regalatole dall’urna di Nyon e tanta, positiva semplicità, ha saputo ulteriormente diffondere la propria realtà in giro per l’Europa. League e non solo…