“Il mio Benfica, mix di talenti. Con Rui Costa intesa perfetta”: parla Pinto, dg della società
Se cerchi “Tiago Pinto Benfica” su Google fatichi a trovarlo. Appaiono ricerche correlate a calciatori, qualche pagina in portoghese. È strano da un lato, perché sul direttore generale di una delle squadre più importanti del campionato portoghese, almeno una pagina su Wikipedia te l’aspetti. Poi scavi un po’, e capisci. Enfant prodige? Chiamiamolo così: ha solo 35 anni, è più giovane di molti giocatori, eppure già da due stagioni sta ricostruendo passo dopo passo il Benfica, insieme con Rui Costa.
È stato artefice della “Reconquista”, termine che celebra lo scudetto del 2019, e sta costruendo con l’ex Fiorentina e Milan una squadra da sogno. I nomi? Vertonghen e un certo Cavani (molto vicino), per dirne giusto due.
Investimenti importanti, per rendere il Benfica una squadra fortissima anche fuori dai confini. “Per quanto riguarda il livello complessivo dei club portoghesi” ci racconta da Lisbona, “dobbiamo analizzare due forme differenti. C'è il lato internazionale, con i giocatori (Cristiano Ronaldo, Bernando Silva Joao Felix, Bruno Fernandesi), e gli allenatori (José Mourinho, André Villas-Boas, Jorge Jesus, che ha vinto la Libertadores lo scorso anno). Senza dimenticare i direttori sportivi e gli addetti allo scouting. Ma poi c'è il livello che amo definire ‘interno’ al Portogallo: non è all'altezza di quello che viene esportato, ma permette al nostro Paese di fare cose buone nel calcio. Non ci sono solo il Benfica, il Porto, lo Sporting. Ma anche altri progetti come il Braga, Rio Ave, Famelicao: dimostrano che i portoghesi sanno di calcio, e hanno tante idee di successo”.
Non è abituato a parlare, Pinto. Lo fa pochissimo. Anche per questo non lo si trova su Google. Per lui ci sono i fatti e non è un modo di dire: prima del calcio, sempre nel Benfica, ha amministrato la squadra di hockey, quindi quella di volleyball, di futsal e di basket. Trofei ovunque. E dal 2017 ci prova con il calcio: ha preso il posto dell’esperto Coelho (per 14 anni al direzione del club). La scelta del presidente Vieira è stata vincente. “Qui si vive per il calcio” conferma a Sky Sport. “Per noi è un piacere ospitare la Champions League. Senza pubblico? È un peccato, ma ci consoliamo con le squadre più forti del mondo. Tra molti anni ci si ricorderà che queste fasi finali, nel tempo del coronavirus, sono state disputate a Lisbona e nel nostro stadio”.
Il “Da Luz”. Luce, che può indicare talento illuminante, come quello di Cristiano Ronaldo. “Sì, il Portogallo esporta talenti. Pensavamo di ritrovarlo qui, CR7, ma il calcio è così. Strano. Se ci piacerebbe avere nelle nostre giovanili il nuovo Cristiano? Beh, la qualità nel nostro settore non manca. Ma ci vuole pazienza, bisogna saper far crescere i ragazzi senza la pressione di dover essere i futuri Ronaldo, o Joao Felix, che diventerà il migliore al mondo. È difficilissimo raggiungere quei livelli, ma posso garantire che il futuro del calcio portoghese c’è, con tanti giovani di assoluta qualità”.
“Abbiamo investito tanto nelle infrastrutture e continueremo a farlo” continua. “È l’idea del nostro presidente, che da subito ha lavorato sui centri di allenamento. È anche una questione di immagine del club: bisogna spendere per allenatori e giocatori, ma mai dimenticare le infrastrutture. Il nostro principio è che un giocatore arrivi qui e pensi solo ad allenarsi e a giocare, al resto pensiamo noi: così li proteggiamo. Penso sia uno dei migliori centri di allenamenti del mondo”.
E poi c’è la direzione sportiva, appunto. Con un certo Rui Costa. “È importante per il Benfica, ma specialmente per me” prosegue Pinto. “Lavoriamo tutti i giorni insieme, si è portato anche qui un bel pezzo di Italia. Lo si vede in tutto: nel modo di parlare, di vestire e pensare. Per me è una meraviglia, tutta l’esperienza che ha avuto a Firenze e a Milano serve in ogni momento, nella relazione coi giocatori e nella gestione sportiva. Manuel ha assorbito molto dai direttori che ha avuto in Italia e dal modo in cui voi concepite il calcio: spesso, sia che le cose vadano bene o male, tira fuori un aneddoto su quello che Galliani ha fatto con lui, o di Maldini nello spogliatoio. Ci arricchisce. Lui e il presidente sono due modelli per me. E poi va detto che si impara anche dai giocatori”.
Proprio Rui Costa lo ha messo di fronte a due visioni di calcio diverse. “Per esempio il passaggio di giocatori tra grandi club: in Italia è comune, in Portogallo molto meno. O il vostro modo di intendere il calciomercato: anche in un momento di crisi, dopo essere stato il campionato più importante del mondo, avete saputo costruire delle grandissime squadre. Vale per la Juventus attuale ma anche per l’Inter, per dire. Il calcio italiano resta un modello per noi. Chi vi invidio? Non sono italiani, ma Dybala e Ibrahimovic mi piacciono tantissimo. Il primo è un piccolo Messi dai tempi di Palermo; il secondo ha una personalità incredibile. Riesce a influenzare una squadra intera”.
Incroci, ricordi. A proposito di ex Palermo: “Miccoli? Qui ha lasciato un segno molto importante. Non solo un grande giocatore tecnicamente, ma con l’attitudine giusta. Sembrava sempre felice di essere in campo. Qualsiasi tifoso del Benfica vada in Italia, pensa a Rui Costa e Miccoli: il primo è un idolo, il secondo ha lasciato un ricordo che resta vivo”.
Talenti benfiquistas
E chi lo sta lasciando ora? “Molti giocatori del Benfica sono pronti per giocare un giorno in un top club mondiale. Grimaldo per me è uno dei primi cinque esterni sinistri d’Europa, potrebbe giocare ovunque. Florentino è un giovane dal grandissimo potenziale: credo però che continuerà ad essere un giocatore del Benfica, per quanto trovi perfettamente normale che ad altri club possano interessare i nostri calciatori”. Niente Milan, quindi? “Non credo. Anche perché ci serve il giusto mix: giovani di qualità, portoghesi di valore, stranieri importanti. Abbiamo preso Waldschmidt, Everton, e Vertonghen: ci serve qualità con esperienza internazionale, per fare un passo avanti in Europa e conquistare titoli in Portogallo, provando a vincere il campionato perso quest’anno”.
Già, l’Europa. Quella che manca per quella maledetta maledizione di Bela Guttman. “Dobbiamo essere coscienti che in Champions c’è sempre spazio per le outsider. Guardate il Dortmund, l’Atletico Madrid, il Lipsia, l’Atalanta. E quindi anche per noi. Ma è una competizione molto complicata: guardate la Juventus. Noi dobbiamo fare le cose un passo alla volta: qualifichiamoci alla fase a gironi, proviamo a passarla, poi vediamo. Nessuno vince la Champions in un giorno. Il livello necessario per alzarla è altissimo. Negli anni è un processo che speriamo di riuscire a compiere”. Silenzio, si torna a lavorare. L’erba del “Futebol Campus” è verdissima, molto curata. Perché i dettagli fanno la differenza, Pinto lo sa bene. E lavora su quelli per vincere.