Squadre B in Serie C, Bollini: “Felicissimo, era ora! Tuteliamo i giovani, così possiamo rinascere”
Tutto vero: squadre B in Serie C dalla prossima stagione. “Era ora che accadesse”. Una svolta realizzata dopo decenni di dibattiti, tavoli tecnici, dilemmi e infine sì, anche grazie al nuovo corso intrapreso dopo l’eliminazione dall’Italia dal Mondiale. Una molla che ha reso possibile il cambiamento. Liete certezze, ora: “È un bene che la governance del nostro calcio abbia deciso così”. Alberto Bollini applaude la scelta, è stato uno dei primi a sostenerla: “Sono davvero entusiasta. Lo ero tanti anni fa, quando si iniziò a parlarne, e lo sono tutt’ora”. Adesso cambia tutto: “Per i ragazzi, per le società, per il calcio italiano”. Anche se rispetto agli altri paesi siamo ancora indietro: “E’ un percorso di crescita, serve tempo. Basta guardare cos’ha fatto la Germania…”. Un esempio. Dopo il crollo, la rinascita: “Dai primi anni 2000 hanno investito nei giovani, istituito centri federali, academy, hanno stabilito che una parte del bilancio di un club sarebbe stata destinata obbligatoriamente al settore giovanile. È cambiato tutto”. E cambierà ancora. Intanto con le seconde squadre in Serie C, una novità che da un lato è stata applaudita, innalzata a deus ex machina del calcio nostano, ma dall’altro ha suscitato una sfilza di polemiche. Soprattutto da parte dei vertici della Serie C e della Lega B. Alberto Bollini – Campione d’Italia per 2 volte con la Lazio Primavera (2000/01 e 2012/13) – ne ha parlato su Gianlucadimarzio.com.
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Alberto Bollini ha sempre coltivato il talento, da una “squadra di soli giocatori romani nei primi anni duemila” al funambolo Keita Balde, portato in prima squadra insieme a Reja “perché aveva qualità superiori alla media”. Predestinato. Uno di quelli irripetibili: “Velocità, tecnica, qualità evidenti”. Oggi, dopo aver allenato la Salernitana per un anno e mezzo, Bollini è a caccia di una nuova sfida. E magari di altre maravilla come Keita: “L’importante non è trovare talenti, ma concedergli la giusta opportunità per emergere”. Dipende dal contesto: “Pochissimi ragazzi della Primavera arrivano in prima squadra”. Perché? “Questo è legato sia alle abilità tecniche che al processo di maturazione”. I giovani vanno tutelati: “Ho allenato per 12 anni la Primavera, sai quanti ne ho visti perdersi per strada?” O arrivare nel calcio che conta dopo diversi anni?”. Tanti. “Dipende da vari fattori”. Ce li spiega Bollini: “Bisogna analizzare il contesto, alcuni ragazzi possono andare in un club dove l’aspetto agonistico è di un certo tipo, altri invece no. Ma non è un loro errore, bensì di chi fa queste scelte. Un ragazzo deve andare a giocare in una società che crede nei giovani, dove possa sentirsi in famiglia. Spesso, quando si tratta di prestiti, è la prima volta in cui un giovane via di casa, lontano dalla famiglia. Sono punti da rispettare”. L’introduzione delle squadre B potrebbe aiutare: “Certo! Grazie ad esse, i ragazzi sarebbero agevolati, i club potrebbero farli crescere in un ambiente noto, in un contesto professionale, dove giocano per risultati importanti. In tal senso, ho apprezzato molto la scelta di istituire la retrocessione dalla Primavera 1”. Così è rinata la Germania, così fa la Spagna da anni. Ora tocca all’Italia: “Va considerato anche l’aspetto culturale, filosofico e strutturale del calcio”. Soprattutto quest’ultimo. Ok i giovani, le idee, la volontà, ma servono le strutture: “Campi da calcio, figure professionali, staff tecnico, tutor, area medica, persone che inculchino il senso d’appartenenza. Così possiamo rinascere”. Questione di tempo, tanto. Ma è già un inizio.