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Dalla lettera al gol alla Samp. Il primo allenatore di Soulé: “Vi racconto il mio Mati”

Intervista a Ignacio Nestor Mendez, primo allenatore al Kimberley dell’attaccante della Juventus, Matias Soulé

Mar del Plata è la principale località balneare d’Argentina ed è conosciuta come La Ciudad Feliz, o più semplicemente La Feliz. Felice come lo stato d’animo di Ignacio Nestor Mendez dopo un’intera domenica trascorsa sul campo del Club Atlético Kimberley. “Quando sono rientrato a casa, mia moglie mi ha subito chiesto: ‘Non hai visto il gol di Mati?’. Ho guardato il video e mi è venuto un brivido. Ho mandato un messaggio al padre ed erano contentissimi. Non mi sarei mai immaginato che segnasse di testa. In precedenza aveva preso un palo, ma l’importante è che abbia segnato, non importa come”. A parlare a Gianlucadimarzio.com è il primo allenatore di Matias Soulé al Kimberley, dopo il primo gol in Serie A con la maglia della Juventus.  

 

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Il primo allenamento e il gol al Banfield

Nacho, come lo conoscono tutti, oggi allena il Boca Juniors di Mar del Plata, ma il destino ha voluto che il giorno del primo gol in bianconero del classe 2003 fosse ad allenare su uno di quei campi del Dragon Verde dove tutto era iniziato.  “Ricordo che aveva 7 anni e arrivava dall’Argentinos del Sur dove aveva giocato a futsal, era la prima volta che giocava in un campo a 9. Io ero l’allenatore della categoria 2003 del Kimberley, e a una settimana prima dall’inizio della stagione apparve Matias: fece il primo allenamento con esercizi di tecnica in spazi ridotti, lo iniziai a guardare e gli vidi fare una bicicleta, poi toccava il pallone con la suola e correva con un buon controllo di palla. Già lì si capiva che era differente. Così, terminato l’allenamento gli chiesi di chiamare i suoi genitori e gli dissi che non c’era bisogno di aspettare 2-3 giorni per valutarlo, volevo che rimanesse con noi. La sera stessa suo padre mi inviò un messaggio per dirmi che anche loro erano d’accordo”. Papà Nestor e mamma Virginia sono sempre stati presenti, non gli hanno mai fatto mancare nulla e lo hanno seguito anche a Torino. “La sua famiglia ha mantenuto sempre i piedi per terra e sono sempre stati rispettosi. Lo hanno sostenuto sempre nel suo percorso”.

 

 

 

 

 

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Nacho Mendez l’ha allenato per 3 anni: i primi 2 su un campo a 9 e l’ultimo a 11 da sotto-età, dopo averlo lasciato per un anno con un altro allenatore. Tante partite insieme, ma ce n’è una che non dimenticherà mai: la prima. “In casa del Banfield campione in carica degli ultimi due campionati di futsal. Speravo di non prenderne 8 quel giorno, poi su un corner a sfavore, Mati era in area per aiutare la difesa, riceve il pallone e parte in contropiede. Gli dicevo di passarla, ma lui continuava a scartare gli avversari e dopo aver superato il centrocampo erano rimasti solo due difensori, così gli iniziai a gridare di puntare la porta. Fece gol, vincemmo 3-1 e togliemmo l’imbattibilità al Banfield. Con il loro allenatore sono diventato amico e ogni volta che lo incontro mi ricorda questo episodio”. 

 “Gracias Profe por todo, este gol es para vos”

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Alla fine di quella stagione, poi si giocava un torneo che ospitava l’Independiente. E tra i cimeli che conserva Mendez ce n’è uno che risale proprio a quelle partite. Un foglio con scritto: “Profe grazie per tutto quello che mi hai insegnato in questi 2 anni. ‘Si capisce quello che dico’. Questo gol è per te. Grazie, Mati”.  “Lo facevo giocare come trequartista o come esterno sinistro, e a volte a destra. Spesso gli dicevo: ‘Dale Mati, devi usare il destro, si capisce quello che dico?’, non lo dicevo solo a lui, ma era una frase che ripetevo sempre. Alla fine del torneo mi ha regalato una foto della squadra con questa lettera. Sono cose fantastiche che ti restano”. 

 

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Non solo consigli, ma anche regole. Mendez ci teneva alla puntualità alle convocazioni e agli allenamenti. Chi non le rispettava poi partiva dalla panchina o non giocava. “Mi ricordo che sin da piccolo è sempre stato molto serio, ci teneva. È sempre stato determinato nel voler diventare un calciatore, non aveva solo il talento, ma anche la mentalità. L’unica volta che il padre fece ritardo da lavoro per accompagnarlo alla partita, nonostante avesse avvertito con un messaggio, Mati si presentò al campo con gli occhi lucidi e giocò nervoso”. Il rapporto con l’attuale numero 30 bianconero è continuato negli anni, nonostante la distanza.“2 anni fa era tornato qui e un suo amico mi ha invitato a giocare una partita con loro ed è stato bello. Ogni tanto gli scrivo su Instagram, ma è già a un altro livello…Comunque parlo spesso col padre e gli ho detto di complimentarsi da parte mia”. Dal Vélez alla Juventus nel 2020, fino alla convocazione da parte di Scaloni con la Selección a novembre 2021 e ora il gol alla Sampdoria in Serie A. Adesso, non c’è più bisogno di chiedergli se ha capito.