Varini, sette anni di Pro Vercelli: “Secondo presidente vero”
Con l’addio di Massimo Secondo dopo dieci anni di presidenza, la Pro Vercelli ha salutato anche Massimo Varini. Sette anni fianco al fianco, presidente e direttore sportivo. “Questa è la mia ultima intervista nella scrivania che è stata mia per sette anni – racconta Varini a Gianlucadimarzio.com – Per chi fa il mio lavoro non è facile stare così tante stagioni di fila nello stesso posto. Se Secondo non avesse ceduto avrei continuato”. Una lunga parentesi, con la vittoria di un campionato di Serie C e la permanenza per quattro anni in Serie B. “Da una vita la Pro Vercelli non stava a questi livelli – spiega Varini – Nella presidenza Secondo ci sono state due promozioni, credo sia la presidenza più importante nella storia della Pro dopo quella che contraddistinse il periodo degli scudetti”.
Un’esperienza chiusa quest’anno con la salvezza nel girone A con un progetto nuovo: una squadra con l’età media più bassa tra i professionisti (23,4 anni) e il massimo minutaggio dei giovani tra le sessanta squadre di Lega Pro. “Solitamente chi è primo per minutaggio dei giovani retrocede alla fine della stagione – spiega l’ex direttore sportivo – Noi siamo riusciti a salvarci. Quando ci si salva in B c’è un’altra soddisfazione, ma quest’anno siamo soddisfatti perché abbiamo messo in mostra il lavoro fatto nel settore giovanile negli ultimi anni”.
Il direttore “d’orchestra” è stato Alberto Gilardino. È bastato un incontro di due ore, a Milano, affinché Varini e l’ex campione del mondo trovassero l’accordo: “È stato Gilardino a convincere me, non viceversa. Ho capito subito che era l’allenatore giusto per noi, si incastrava perfettamente con il nostro progetto, dopo l’incontro di Milano è scattata la scintilla. Si tratta di una persona umile, se fossi rimasto avrei tentato di riconfermarlo e, un anno dopo, è un a scelta che rifarei ancora. In sette anni ci siamo distinti non solo per aver lanciato i giovani in campo, ma anche in panchina”.
Una vera e propria filosofia quella della Pro Vercelli che, sin dagli albori dell’era Varini, si è affidata a tecnici giovani. Da Scazzola a Vito Grieco, passando per Moreno Longo. “Al posto di Cairo ci avrei pensato due volte prima di cambiarlo – ammette Varini – Moreno è un allenatore vero, ha grandi capacità. L’esperienza di quest’anno lo ha fortificato, può diventare un allenatore importante”. Varini, però, non dimentica anche la parentesi con Claudio Foscarini che, nella stagione 2015-2016, riuscì a salvare la Pro Vercelli in Serie B: “È una persona straordinaria – spiega – Ci ha aiutato a venir fuori da una situazione di grande difficoltà, nei mesi che ha lavorato qui è stato importante per la società”.
BANI, LA MANTIA, MUSTACCHIO: LE PLUSVALENZE DI VARINI
Tanti sono i giovani passati dalla Pro Vercelli in questi anni. Su tutti Mattia Bani, un giocatore che Varini portò in Piemonte a parametro zero dalla Reggiana, lì dove aveva lavorato per quattro anni, prima di rivenderlo al Chievo. “Bani, oltre ad essere un grande giocatore, è una persona straordinaria. La coppia di quella stagione era Bani-Luperto. Se guardassi indietro, dovrei dire tanti giocatori che sono passati in questi anni nella Pro Vercelli”.
Da Bani a La Mantia, da Mustacchio a Ghiglione, passando per Ettore Marchi (“Il Benevento ce lo diede a conguaglio, per noi è stato fondamentale”) fino a Rolando Bianchi. Un rimpianto di Varini: “Rolando Bianchi è un mio cruccio – ammette – Purtroppo lo lasciammo andare perché Grassadonia non l’avrebbe fatto giocare. Come fanno normalmente le società abbiamo scelto l’allenatore e non il giocatore. Nella fattispecie aveva ragione Bianchi, è un rimpianto che mi è rimasto”.
“MASSIMO SECONDO, DOTTOR JEKYLL E MR. HYDE”
Che presidente è stato Secondo? Alla domanda, Varini sorride subito. “Secondo è un presidente con due facce, un po’ Dottor Jekyll e Myster Hyde – racconta – Bisogna lasciarlo stare nel momento della partita: lì è un tifoso e, come tutti i tifosi, a volte può eccedere per amore della sua squadra e gli copre gli occhi rispetto a quello che accade in campo. Ho lavorato con un vero imprenditore che ha saputo delegare fino in fondo, non mi ha mai scavalcato a nessun livello. Fuori ha una nomea sbagliata, ma io non potevo lavorare meglio in questi ultimi sette anni”.
LA VOGLIA DI SCOUTING
“Ormai sono in pensione” spiega Varini ma, dopo undici anni da direttore sportivo, vuole tornare al passato. Lo scouting, una passione che vuole continuare a coltivare. “L’ho fatto al Vicenza a inizio carriera, adesso vorrei riprendere perché ho la presunzione di vedere il giocatore, nella mia carriera qualcuno l’ho tirato fuori. Non importa la categoria, a me piace pensare al calciatore in prospettiva”.