Belgrado, la notte del derby eterno: “Un segnale per il calcio europeo”
Fumogeni, infortuni e stadio pieno. Ieri in Serbia si è giocata la sfida infuocata fra Partizan e Stella Rossa. Il racconto di chi l’ha vissuta dalla panchina
Una notte per mettere da parte ansie e paure. Novanta minuti per giocarsi tutto. Qualificazione, onore, gloria. Allo stadio si può tornare dal primo giugno. In quello del Partizan si presentano in 20mila per la partita contro l’avversario di sempre. Lo chiamano il derby eterno. I bianconeri contro la Stella Rossa, le due facce di Belgrado. Ieri, l’ennesima sfida per la semifinale di Coppa di Serbia. In uno scenario surreale. Tutto esaurito e aria irrespirabile a causa dei fumogeni che hanno bloccato la partita per qualche minuto: “Sono passato dalla paura di guardare in faccia il vicino a vivere emozioni del genere. Incredibile. Vedevo negli occhi dei giocatori una tensione particolare, quasi unica. Qui il derby è difficile da spiegare. Serve viverlo”.
Pierluigi Brivio, preparatore dei portieri della Stella Rossa e collaboratore di Dejan Stankovic prova a raccontarci le sue emozioni con razionalità. La notte è trascorsa: sconfitta 1-0 e finale di Coppa sfumata. “Il double era un obiettivo concreto. Abbiamo vinto il campionato qualche settimana fa. Era la mia prima volta in panchina. I giocatori hanno festeggiato distanziati. Nessuna celebrazione con i tifosi, ci hanno accompagnati sulla via del ritorno cantando e agitando fumogeni. Ma sono rimasti a distanza”.
Due settimane dopo, qualcosa è cambiato. Allo stadio si può tornare, l’uso della mascherina è soltanto consigliato e il virus sembra un brutto ricordo: “Ha colpito anche qui, anche se in misura più leggera rispetto all’Italia. Durante il lockdown c’era il coprifuoco. I morti sono circa 250. La paura c’è stata, ma adesso si prova a tornare alla normalità”. A partire dal calcio: “Spero che la partita di ieri possa essere un segnale importante per l’Europa. Un’apripista anche per i campionati che inizieranno a breve come la Serie A. Se le autorità hanno deciso che le persone potevano riempire lo stadio, allora la ripresa è concreta”.
Brivio ne ha vissuti di derby nella sua carriera. Portiere dall’1988 al 2010. Fra Vicenza, Venezia, Genoa, Napoli e non solo. Oggi preparatore, prima l’Inter Primavera adesso l'esperienza in Serbia. Belgrado ha qualcosa di diverso: “Il calore del pubblico è un’arma a doppio taglio. Quando vinci ti appoggiano, quando si perde è dura. Nel secondo tempo il derby si è giocato davvero poco. Interruzione per i fumogeni, infortuni vari. Rispetto a quelli italiani dove le squadre si affrontano a viso aperto, qui è molto più complicato mantenere la continuità e il ritmo”.
Un salto importante. Dalla Serie C con il Sudtirol ai campioni di Serbia della Stella Rossa: “Non me l’aspettavo. Ero chiuso in casa da due mesi che lavoravo stilando programmi personalizzati per i ragazzi. Una mattina mi chiama Deki e mi chiede di partire per Belgrado. Avevano bisogno di un preparatore dei portieri. Non ci conoscevamo. All’Inter abbiamo parlato poco. Ho allenato suo figlio Filip. L’occasione era troppo grande per rifiutare. Mi sono confrontato con il mio ex club e abbiamo trovato un accordo. Devo ringraziarli perché mi hanno permesso di essere qui”.
Brivio è salito sull’aereo e ha salutato l’Italia: “Mi sono trovato subito bene. La città è caotica e c’è un traffico intenso. Mi ricorda tanto Napoli per folklore e tradizione. La passione per il calcio è viscerale”. Parola di uno che vive di queste emozioni da 40 anni. In un mese ha trionfato in campionato e osservato il derby eterno dalla panchina.