Okaka, gemelli uguali e diversi: “Stefano? Cantante e schiacciatore”
Stefania, sorella gemella dell’attaccante dell’Udinese, racconta il loro rapporto. Due professionisti dello sport cresciuti facendo sacrifici: “Giocava a pallavolo e scriveva canzoni”
Nascere insieme. Condividere stati d’animo, provare le stesse sensazioni. Essere gemelli è un filo che a dispetto del cordone ombelicale non si scinde mai. Quello di Stefano e Stefania Okaka si srotola dal 9 agosto 1989. “Abbiamo trent’anni, ma non è mai cambiato niente. Ogni mattina alle 9 gli mando un messaggio motivazionale”.
Deformazione professionale e senso di protezione.
Stefania è stata una pallavolista di alto livello. Schiacciatrice e alla fine soffocata da 17 infortuni. “Spesso capitava anche a lui di farsi male nel mio stesso periodo”. Ora Stefania ha smesso. Dopo una carriera di vittorie, convocazioni in nazionale e amarezze, è diventata mental coach. “Il pericolo dell’atleta agonista è dare molto agli altri e poco a se stessi. È capitato anche a me: avevo attacchi di panico, svenivo. Mi sono fatta aiutare e adesso vorrei fare lo stesso con altri atleti”.
Stefano e Stefania Okaka, cantanti mancati: "Facevamo i concerti"
Stefano non è un cliente. È un’anima alleata, da trent’anni. “Siamo andati via da casa a 13 anni, per cercare il successo attraverso lo sport. Io a Vicenza, lui a Cittadella. Poi lui è andato a Roma e abbiamo preso strade diverse. Solo per qualche mese nel 2011 ci siamo ritrovati vicini: Stefano a Bari, io a Castellana Grotta. Ci mancava il terzo per rifare la nostra band. Hai mai sentito parlare dei Due più uno?”.
Stefania sorride e apre il libro dei ricordi d’infanzia. Dove tutto iniziò: Castiglione del Lago, provincia di Perugia. Luogo di nascita degli Okaka e dei Due più uno: “Io, Stefano e il nostro amico Thomas andavamo in giro a cantare. Scrivevamo le canzoni, avevamo meno di 10 anni. Incidevamo anche delle cassette”. Ormai introvabili. Peccato. “Stefano è sempre stato molto sentimentale nei gusti musicali: Alex Baroni, Tiziano Ferro, ma più di tutti Alessandra Amoroso. La sua canzone preferita? Io gli sento sempre cantare “Stupida” quando è a casa”.
Amoroso. Un cognome nel destino di Stefano. Alessandra come riferimento musicale e la stessa maglia bianconera di Marcio, indimenticato brasiliano dell’Udinese. “La 7, che è sempre stato anche il mio numero. Quando gioca è come se giocassi anch’io”. Potere gemellare. Soddisfazioni e delusioni condivise. Da sempre.
I sacrifici dei genitori, l'evasione dello sport. "Dalle pulizie alla gloria"
La loro vita, soprattutto all’inizio, è stata tutt’altro che un gioco. I loro genitori sono arrivati in Italia all’inizio degli anni 80 dalla Nigeria. “Hanno fatto gli straordinari per noi. Facevano tanti lavori per darci da mangiare. Nostra mamma faceva la donna delle pulizie. Spesso io e Stefano l’aiutavamo. Tante volte abbiamo pulito i banchi dei nostri compagni di scuola insieme a lei. Gli stessi in cui ci sedevamo anche noi. Attraverso lo sport abbiamo cercato una via d’uscita. Stefano giocava a pallavolo nel Trasimeno volley (l’attuale Perugia). Era uno schiacciatore poderoso, ma il richiamo del calcio è stato più forte”.
Il gemello di Stefania era partito alla grande: tanti record di precocità infranti con la Roma da minorenne. Debutti in ogni competizione e primi gol fra il 2005 e il 2006, poi l’ineluttabile giro di prestiti. Un ottimo anno a Genova nella Samp di Mihajlovic e ancora via, direzione Anderlecht. Tredici reti, quanto basta per attrarre il Watford: due anni e mezzo in Premier tra luci e ombre, fino al ritorno in Italia. A Udine, a caccia di continuità personale. “Siamo sensibili, altruisti e testardi. A volte troppo. Anch’io quando giocavo tendevo ad avere un carattere scontroso, prendevo le cose troppo sul personale. Bisogna cercare di pensare sempre positivo e fuggire il vittimismo”.
Ragionamenti da mental coach, da sorella e da ex atleta. Costretta dalla cronaca, troppo spesso, a parlare da sociologa: “Il razzismo esiste in Italia, come purtroppo altrove. Nella pallavolo c’è un pubblico diverso e non ho quasi mai avuto problemi. A 15 anni fui chiamata ‘scimmia’ ma è stato un episodio isolato. Nel calcio è molto più frequente. Per essere chiari, ho capito la reazione di Balotelli. È esasperante sentire certe espressioni nel 2020”.
Un anno in cui il suo gemello cercherà di trovare i gol della salvezza. Ogni mattina alle 9 troverà un messaggio motivazionale sul telefono. Come nelle stagioni precedenti. Potere gemellare. Anime alleate.