Sacchi: “Van Basten e Gullit non li avrei cambiati con nessuno”
Il suo Milan ha fatto la storia. A #CasaSkySport Arrigo Sacchi ha ricordato la terza Coppa dei Campioni dei rossoneri, conquistata contro lo Steaua Bucarest il 24 maggio con una doppietta di Gullit e Van Basten. "Sensazioni? Indubbiamente piacevoli. Dopo la vittoria, il giorno dopo, mi capitò di svegliarmi con un sapore dolce in bocca. Non era solo la vittoria in se, ma come era stata ottenuta. Un sogno che si era realizzato grazie a una grande società, ai giocatori. Una vittoria che non lasciava dubbi. Diversa dalle altre. L'indomani l'Equipe titolò "Usciti da un altro mondo".
Sacchi ha parlato anche del suo calcio, definito spregiudicato, e delle sue fonti ispirazione. "Il Brasile mi entusiasmava, mi piacevano le squadre ottimiste che avevano il pallino del gioco, come puoi aumentare la tua autostima se lasci la palla agli altri? Da noi in Italia, ancora adesso, non è così. Avevamo due difensori centrali, questi si muovevano insieme a una squadra. Quando avevi la palla sentivi la collaborazione di tutti e quando non l'avevi si difendeva in 11". Le parole chiave dell'allenatore del Milan, durante l'intervista, sono state: comunicazione, collaborazione, sinergia e interiorizzazione. "L'ultima ti dava i tempi. Ti permetteva di sfruttare al 100% la somma che può produrre una squadra di undici. Ho capito che potevamo vincere il campionato quando vedevo che i giocatori arrivavano molto prima dell'allenamento, molti facevano esercitazione con il vice e, terminato l'allenamento, rimanevano anche a tirare e fare altro".
Tanti i meriti dell'allenatore, ma Sacchi ha affermato che non erano esclusivamente suoi. E racconta un aneddoto su Berlusconi. "Ero un signor nessuno e la società mi aiutò in tutti i modi. Avevo fatto una selezione di calciatori non solo tattica e tecnica, ma mentale. Avevamo un grande club, quando vai al Milan, Juventus o Inter, hai una superiorità morale, in più un presidente visionario e ambizioso. Dopo un suo intervento durissimo, in seguito alla sconfitta contro l'Espanyol, non abbiamo perso più una partita".
Sacchi ha continuando parlando anche del calcio in Italia e della sua personale etica del lavoro. "Il calcio è il riflesso della storia di un paese e anche della cultura. Il nostro è un paese che ha puntato più al tatticismo e ciò ci ha portato a giocare un "calcio sparagnino" anche quando c'erano i più grandi giocatori del mondo. Ho avuto la fortuna di avere grandi atleti che giocavano con la squadra e per la squadra a tutto campo. Cercavo di convincerli con la persuasione ma a volte ho usato anche la percussione. Il problema era la modestia, l'intelligenza, l'entusiasmo, la passione e l'etica del lavoro. Ho cercato di avere degli interpreti che fossero l'ideale per il calcio che volevo giocare. Ronaldo il fenomeno aveva un talento superiore a tutti, ad esempio, ma io non lo avrei mai preso. Ronnie era un fenomeno ma io cercavo armonia e la musicalità. L'attaccante più forte che avevo? Van Basten e Gullit, tutti e due in due modi diversi. Non li avrei cambiati con nessuno".
L'ex allenatore vincente del Milan ha infine raccontato un retroscena su uno dei suoi pupilli: Carlo Ancelotti. "Ho sempre pensato che il calcio si gioca con la testa e i piedi sono solo un mezzo. Ancelotti fu visitato dal nostro medico e scrisse che aveva il 20% di insufficienza al ginocchio. E Berlusconi mi disse che per tanti era una "sola". Io gli spiegai che prendendo Ancelotti vincevamo il campionato. Dopo due mesi il presidente mi disse che avevo voluto un direttore d'orchestra che non conosceva la musica. Lo feci allenare con la primavera in tutte le situazioni di gioco".
Dal 'suo' Milan a quello di oggi: "Rangnick? E' un ottimo allenatore, ma l'importante è che la società lo segua. Non è importante prendere il più bravo, è la squadra che ti porta ad acquisire una collaborazione e una comunicazione che ti permettono di tirare fuori il meglio. E in un ambiente che ti chiede quello. Io ci sono riuscito grazie ai giocatori e al club, che non mi ha mai messo in discussione e che quindi non mi ha mai fatto venire dei dubbi", ha spiegato Sacchi.
"Maldini? Spero che rimanga per la stima che ho di lui. Però Shakespeare diceva che quando si perde la dignità allora si diventa un miserabile. Non vorrei rimanesse senza che gli diano la possibilità di esprimersi. La componente più importante è avere un club con le sue visioni, il suo stile e la sua competenza. Poi viene la squdra, che è più importante di qualsiaisi singolo, anche di Maradona".