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Lo voleva il Napoli, oggi è “Wonderwall”: Lunin, il portiere “con il ghiaccio nelle vene”

Il portiere dei blancos ferma i giocatori del City dagli undici metri e regala la semifinale di Champions League ad Ancelotti

Immagina essere il terzo portiere della squadra più forte del mondo, scalare le gerarchie (anche con un pizzico di fortuna) e vincere il premio di MVP da attore non protagonista nella partita più incredibile dell’anno, forse nella più importante della carriera. Chiedere a Andrij Lunin, l’uomo di ghiaccio del Real Madrid che si è regalato una notte galactica nella gara di ritorno dei quarti di finale di Champions League, contro il Manchester City. L’impresa dei blancos passa dai suoi piedi, o meglio dalle sue parate. E pensare che nel 2018 il portiere ucraino era vicino a vestire la maglia del Napoli

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Napoli e l’Italia nel futuro (passato) di Lunin

“Napoli e Inter? Sì, hanno mostrato interesse per Lunin. Attualmente la trattativa con gli azzurri è più avanzata” così dichiarava sei anni fa Sergei Alba Rafayilova, direttore generale dello Zorya Lugansk, club ucraino in cui giocava un 19enne Lunin. Con l’addio di Reina e il contratto scaduto di Rafael, in casa Napoli c’era la necessità di affiancare almeno due portieri a Sepe. Il direttore sportivo Cristiano Giuntoli puntò proprio il classe 1999, reduce da una stagione con 36 presenze e 10 clean sheets. “Qualsiasi calciatore vorrebbe lavorare con un simile allenatore (Ancelotti ndr.)”. L’incontro tra i due avvenne, ma solo quattro anni più tardi…nella capitale spagnola.

“Wonderwall”

Contro la squadra del cuore degli Oasis – e nella città d’origine della rock band – Lunin è “Wonderwall” nella notte di Manchester, proprio come canta Liam Gallagher. Uscite tra i pali in sicurezza, parate a mano aperta e in due tempi e, dulcis in fundo, due rigori parati dopo i 120’. 

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“Dovevamo rischiare di restare al centro in un rigore e abbiamo scelto di farlo con Bernardo, menomale che è andata bene” tutta l’onestà nelle parole del portiere classe 1999 che, nel momento più importante, ha avuto la freddezza e l’intelligenza di prendere la decisione migliore. Un’intuizione che vale un posto in semifinale e che gli consente di mettere la firma in quella che da molti era considerata una finale anticipata.

Cambiare la prospettiva

Una stagione di attese e stimoli vissuta fin qui da Lunin. Dalla panchina alla titolarità, aspettando il proprio momento, un vero e proprio “carpe diem”. E forse, è il paradosso della sua intera carriera, fin dai tempi del Metalist. Pronti via, Courtois si lacera il legamento crociato e, in attesa del sostituto, il Real guarda in casa e decide di schierare Lunin nella prima giornata di Liga. Con l’arrivo di Kepa, presto vengono ristabilite le gerarchie. In un mondo di calcoli e di schemi, l’imprevisto è sempre dietro l’angolo: prima di Real Madrid-Braga lo spagnolo si fa male nel riscaldamento. Risultato? Entra Lunin e dopo cinque minuti para un rigore: come dire, Bernardo Silva e Kovacic erano stati avvisati. 

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In bilico tra l’eterna promessa e l’oblio del dimenticatoio. Tra le stelle blancos una meteora sotto il cielo di Manchester destinata a brillare nel “nuovo” Bernabéu.