Da Conte a Conte: la parabola di Oscar, che ora vede la Cina
Sessanta milioni di sterline. S-E-S-S-A-N-T-A. A metterli in tasca sarà il Chelsea di Antonio Conte, pronto a consegnare Oscar nelle mani dello Shanghai SIPG di Villas Boas. Un altro brasiliano diretto in Cina, che andrà ad affiancare Hulk, Conca ed Elkeson in uno dei club della capitale economica del Paese. Una storia, quella dell’Oscar europeo, che ricorda un film girato al contrario: colpi di scena all’inizio, poi un un climax discendente di prestazioni fino all’abbandono. Dorato, sia chiaro, ma pur sempre abbandono. A maggior ragione per un giovane (classe 1991) come lui.
Alla fine tornerà da chi l’ha voluto per primo, quando ancora incantava nella Seleçao U20. Ci aveva già provato, Villas Boas, nel non lontano 2012: quasi 20 milioni di sterline all’Internacional per portarlo nel suo Tottenham, poi scavalcato dal Chelsea di Roberto Di Matteo, fresco di impresa in Champions League. Ne bastarono cinque in più per strapparlo dal club brasiliano che fu anche di Alexandre Pato. Curiosa la somiglianza tra i due, oltretutto: entrambi partiti col botto alla prima esperienza europea, entrambi poi costretti in qualche modo a rivedere la rotta. Uno per gli infortuni, l’altro per un talento mai definitivamente sbocciato. E quindi sopito.
Come per gioco del destino, uno dei primi flash inglesi di Oscar riporta proprio ad Antonio Conte, che ora lo ha messo ormai definitivamente ai margini del suo progetto. Conte che quattro anni fa proprio i Blues aveva pescato nel girone di Champions, e che quella doppietta alla sua Juventus, nella prima partita del girone, difficilmente può averla dimenticata. Un concentrato di colpi e di tocchi da predestinato, che in pochi mesi avevano fatto entrare Oscar nei cuori dei suoi nuovi tifosi. L’Europa League vinta, poi anche Premier League e Coppa di Lega. Nel suo primo periodo al Chelsea un ruolo da titolare inamovibile, poi col passare del tempo sempre più rincalzo, jolly di lusso. Un guaio, soprattutto per un brasiliano come lui.
Passato dai 4000 minuti in campo nel 2012/13 ai 2700 del 2015/16, anno della seconda eliminazione consecutiva in Champions per mano del PSG. In più metteteci la crisi di prestazioni di un club arrivato a malapena nella zona medio alta della classifica inglese, che non ha contribuito a rinforzarne l’immagine e i numeri. Oscar ha chiuso le porte al suo talento e ha deciso di abbandonare la nave, regalando giusto una manciata di gol e assist. Un declino cominciato troppo presto, sfociato nella scelta di lasciare tutto e partire per l’Oriente. A caccia dei soldi e di una sensazione di forza di cui – probabilmente – sentirà solo l’eco. Come in un film girato al contrario, ora vede Shanghai.