“Fisicamente mi sento limitato, ma sono sopravvissuto usando la testa”. In effetti, in campo, la testa Xavi la usava davvero bene. Grazie a lui il Barcellona è diventato quello che è ancora adesso, e grazie al Barça lui è potuto diventare lo Xavi che tutti abbiamo ammirato. Uno scambio reciproco. Ma d’altronde, tra due anime catalane non poteva essere altrimenti.
24 anni e 25 trofei in blaugrana, partendo da La Masia - come Carles Perez, vicino alla Roma - fino alla conquista di 4 Champions League e 8 campionati spagnoli. Metronomo dei tempi di gioco del Barça, che con la palla sapeva sempre come e quando fare la cosa giusta. Raramente lo si trovava nel posto sbagliato e nel momento sbagliato. E poi “La Pausa”, il suo marchio di fabbrica. Quell’attimo di genio che gli permetteva di ritardare di qualche di secondo il passaggio, attirando gli avversari a sé e aspettando il movimento del compagno per lanciarlo verso la porta. Quella capacità innata di vedere le cose prima degli altri.
L’eredità del Tiki Taka
“Se Xavi ha una giornata no, il Barcellona non gioca bene nemmeno la metà. Lui è uno di quelli che domina il ritmo del gioco, e il suo modo di giocare permette alla squadra di girare. È diverso da tutti”. Parola di Johan Cruyff, che la moderna filosofia del gioco blaugrana l’ha sicuramente fatta nascere. Non è certo un caso che Xavi abbia citato proprio l’olandese nel giorno del suo addio al calcio, annunciando la propria nuova avventura da allenatore in Qatar: “Proseguirò lo stile che abbiamo sviluppato per molti anni sotto l’influenza di Cruyff a La Masia. Amo vedere le squadre che prendono l’iniziativa, attaccando e tornando all’essenza di quel che tutti adoriamo fin dall’infanzia: il possesso del pallone”.
Già, il possesso palla. Tradotto nel linguaggio del Barcellona: il Tiki-Taka. Quell’asfissiante e continuo palleggio tra compagni grazie al quale il Barcellona ha vinto tutto. Ma non solo, perché l’obiettivo è sempre stato un altro: “L’intenzione non è semplicemente di vincere” ha infatti dichiarato Xavi nel 2011 sui canali della Champions League. “Innanzitutto vogliamo giocare bene. Se poi arrivano i successi, tanto meglio. Ci sono squadre che si accontentano di vincere, ma poi gli manca l’identità. La soddisfazione del Barça invece è doppia, solo così la gente si identifica con la squadra. Il risultato a volte inganna, e c’è qualcosa di molto più grande: l’eredità”.
Un concetto astratto per i più cinici, per chi non guarda avanti. Per chi, come Mourinho, secondo Xavi “non ha lasciato nulla per il futuro. José pensa solo al risultato, ma non mi piace come giocano le sue squadre. E soprattutto non ha lasciato un’eredità, a differenza per esempio dell’Olanda di Cruyff”. O del Barcellona di Guardiola, Messi, Iniesta e Xavi, potremmo aggiungere. Perché quel Barcellona ha davvero segnato un’epoca, dominando tutta Europa. Anzi, stradominando. Lo stesso Sir Alex Ferguson, dopo la finale di Champions persa 3-1 a Wembley nel 2011 contro il Barça, ha dovuto ammettere lo strapotere degli avversari. Soprattutto rispetto alle figure dei maggiori interpreti del Tiki-Taka: “Oltre a Messi, il vero problema sono stati Xavi e Iniesta. Se avessero voluto, avrebbero potuto tenere il pallone tutta la notte”.
Dicono di lui
Anche gli ex compagni, non possono che apprezzarlo. “Per Xavi ho finito i complimenti” ha ammesso per esempio Iniesta. “Le emozioni che suscita e il suo modo di giocare non si possono spiegare a parole. Un calciatore unico, è un privilegio aver giocato con lui”. “Mentre noi viviamo nel presente, Xavi vive nel futuro. Pensa più in fretta di tutti e rende ogni cosa più facile” ha detto invece Dani Alves. E anche Pep Guardiola non la pensa tanto diversamente: “Non c’è stato un singolo giorno in cui non ho visto Xavi divertirsi. Voleva sempre giocare, che si trattasse di un’amichevole o di una gara professionale. Ha un amore incredibile per il calcio, e anche per questo è il più grande giocatore catalano di sempre”.
Il futuro attraverso il passato
Oggi Xavi allena l’Al-Sadd, in Qatar. Collabora con l’Aspire Academy per lo sviluppo del calcio qatariota e sarà ambasciatore dei prossimi Mondiali in Qatar nel 2022. Con la volontà di imporre la filosofia che ha fatto la fortuna del Barcellona: “Intendiamo il calcio come spazio-tempo. Giocatori come Messi, Iniesta o Busquets sanno sempre cosa fare, se sono soli o sono circondati”.
Completo controllo del campo, lettura anticipata di ogni situazione di gioco. Quello che Xavi ha portato nel calcio, ora vuole insegnarlo agli altri. Con la voglia di divertire e con una grande convinzione per il futuro: “Quando il fisico vincerà sulla tecnica, il calcio diventerà noioso”. Auguri a ‘El Profe’, il professore che ha impersonificato la rivoluzione blaugrana.