Un tiro un po’ sbilenco e il pallone fa pluf. Dannata magia, quella del Penzo. “Andare allo stadio in barca è qualcosa di unico nel panorama mondiale. Però parliamo di una struttura anacronistica: bisogna metterci mano in continuazione semplicemente per tenerla in piedi. Quindi, con grande dispiacere, ma se si vuole fare calcio a Venezia bisogna individuare e realizzare un nuovo stadio”. Da cittadino, prima che da dirigente, un mantra che Dante Scibilia conosce bene.
Sessant’anni di false speranze, progetti naufragati sul nascere, proprietari che danno forfait (Zamparini). Venezia sfida la storia, il Penzo (lì, dal 1913: in Italia solo il Ferraris è in funzione da più tempo) sembra una fiaba e come in una fiaba c’è un sortilegio sul suo successore. Ma questa volta è diverso, banale verità. “Lo scorso ottobre il nostro progetto ha ottenuto il parere favorevole della conferenza dei servizi preliminare”, ha parlato il direttore generale degli arancioneroverdi in esclusiva per GianlucaDiMarzio.com.
“Oggi siamo nella fase di progettazione definitiva, analizzando le problematiche infrastrutturali e in attesa di definire la gestione dell’area commerciale che sarà presente nel nuovo complesso. Tra gli ultimi step burocratici e la fase di costruzione, contiamo di aprire la struttura al pubblico per la stagione 2023/24”. Sarebbe il nono anno dell’era Tacopina, arrivato a Venezia nel 2015 con una promessa. “Stiamo parlando di un impianto mai visto nel territorio veneziano”, continua raggiante Scibilia. Roba da 185 milioni e 18mila posti, ampliabili fino a 25mila in conformità con la normativa UEFA per le competizioni europee. Gli arancioneroverdi pensano in grande. “E ci sarà un parco entertainment che andrà oltre lo stadio: il nostro augurio è che tutta l’area dell’aeroporto, dove sorgerà il progetto, beneficerà di uno sviluppo a 360 gradi”.
Sull’esempio dei migliori, imparando da loro. “Noi cerchiamo di coniugare le caratteristiche che abbiamo notato in alcuni stadi con quella che può essere la realtà veneziana. In Italia il benchmark è la Juventus, che più di tutti ha avuto successo nella realizzazione dello stadio di proprietà”. E la Ai Engineering, che è stata la società di supervisione del progetto per l’Allianz Stadium, ricoprirà lo stesso ruolo a Venezia. “Il nostro stadio non sarà una copia di quello bianconero, ma presenterà delle analogie. Abbiamo anche studiato altri impianti americani, inglesi, tedeschi. Vogliamo replicare il meglio a casa nostra”.
La lezione dall’estero può essere soprattutto in termini di affluenza. Un problema cronico per il Venezia, che viaggia a 3500 spettatori di media nella stagione in corso (solo il Carpi registra un dato peggiore in Serie B). “Il nuovo stadio correggerà questo trend: il primo pensiero va a tutti quei tifosi che ci seguono ad ogni partita, e che ci auguriamo diventino sempre di più. Dal punto di vista logistico e del comfort sarà tutto più facilmente raggiungibile e fruibile”. Per i residenti, ma anche per i turisti che scopriranno una nuova attrazione sulla strada del Marco Polo.
“È vero, c’è il day match ma anche il resto della settimana: lì cercheremo di realizzare all’interno del complesso delle attività che potranno far vivere il Venezia ogni giorno”. Un piano che vale per tutti. “Così andare allo stadio sarà un’esperienza completa, divertente e emozionale al di là del risultato. Poi certo, vincere aiuta sempre nel business. Quindi cerchiamo di costruire un progetto sportivo importante che valorizzi eventuali risultati positivi”. La squadra sta vivendo una stagione delicata, con tre allenatori nel giro di pochi mesi. Eppure, Scibilia non perde di vista l’obiettivo di medio periodo.
“Se il Venezia dovesse andare in Serie A al momento dovrebbe emigrare fuori dal Veneto. Lo stesso problema ha la pallacanestro con la Reyer, una società che ha vinto lo scudetto due anni fa”. La legge della laguna, che compatta e allo stesso tempo isola. “È chiaro che una città come Venezia ha un equilibrio molto fragile, con delle criticità legate alla sua vita quotidiana, dall’acqua alta ai problemi di residenzialità. Va salvaguardata e vissuta dagli stessi cittadini con grande rispetto ed attenzione”, spiega Scibilia. “Un nuovo stadio nelle aree insulari è impensabile. Ma questo non vuol dire spostare la vita degli abitanti dalle isole alla terraferma. La città va pensata come un unicum, con un centro storico e una parte economicamente più dinamica”.
Dove si gioca il futuro del Venezia. Tra piazzali, stradoni e strutture all’ultimo grido, il calcio potrà finalmente decollare anche qui. Eppure, i viaggi in vaporetto, i ponticelli di legno e quei palloni spariti con un pluf, siamo sicuri che ci mancheranno. Maledetto Penzo.
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