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Data: 22/03/2019 -

"Stadio di proprietà o affitti a lungo termine: è il futuro. 200% di incrementi"

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Il momento è quello giusto”. Puntare su uno stadio di proprietà o su un affitto a lungo termine per un impianto nuovo è diventato il business del'ultimo periodo nel calcio. Il modello è americano, in Europa sta a poco a poco diventando un obiettivo delle società. Molte si sono già attrezzate: in Inghilterra le società hanno acquisito diversi impianti, in Spagna prevale di più la formula dell’affitto tra i 10 e i 30 anni. Nella penisola iberica è attiva la Molca World di Valencia, di cui dirigente è Amedeo Carboni. Ve lo ricordate? 7 anni nella Roma, 9 a Valencia: quando ha deciso di smettere di giocare (terzino vecchia scuola) è diventato dirigente sportivo, per poi lanciarsi un una nuova avventura. Parallela al calcio ma diventata ormai quasi fondamentale per l’industria del pallone.

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Avere uno stadio ristrutturato per un acquisto o un noleggio di almeno dieci anni è un valore economico che resta nel tempo” racconta in esclusiva ai microfoni di Gianlucadimarzio.com, “ma va saputo gestire in modo strategico”. Sono tanti i progetti portati avanti per la Molca World: dal “Wanda Metropolitano”, a Valencia, Malaga, Levante, Betis, Huesca, Celta e molti altri di Serie B e C. I costi? Bassi, pensando alle cifre del mondo del calcio. Pensiamo a quello del Siviglia: valore di 16 milioni di euro. Quasi un quinto rispetto al cartellino di Cristiano Ronaldo per intenderci. “Quando dico strategico, comincio a parlare proprio della posizione. Chi ha capito davvero come valorizzare un impianto di proprietà sa che non deve essere lontano dalla città (perché nessuno vuole spostarsi troppo) e facilmente accessibile. I tifosi vogliono delle comodità, che devono abbinarsi alle normative Uefa parecchio restrittive ma che possono garantire un ritorno economico e commerciale notevole. Lo spazio è tuo, sei tu che lo crei. Dobbiamo capire che il calcio non è più solo uno sport ma è strettamente legato al business”.

I modelli da seguire possono essere diversi. “In Giappone” continua Carboni, “stanno prendendo sempre più piega gli stadi ecosostenibili, composti da materiali riciclabili. Poco impatto energetico, poco impatto ambientale. Bisogna sempre muoversi con prodotti all’avanguardia che non costino molto e che permettano di arrivare presto a un’intesa tra le parti coinvolte”. Quali? “Società e Comuni. Molte volte infatti si crea un accordo tra i due soggetti, con il Comune che a volte partecipa e a volte no. Per come la vedo io dovrebbe in realtà essere sempre così: la società risparmierebbe, la città invece affitterebbe lo stadio per un minimo di 30 anni e ci sarebbe un ritorno economico per tutti”.

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E in più si creerebbe l’esperienza della partita in modo molto diverso da ora. “Nel Manchester City è previsto un ristorante che incassa centinaia di migliaia di sterline l’anno, dove al centro c’è una passerella in cui gli atleti passano per recarsi al campo. Ti ritrovi a due passi dagli atleti, ti sembra di vivere il prepartita con loro”. Uno stadio-teatro, di fatto. “Proprio come avviene in America. Questi impianti diventano luoghi da vivere anche due o tre ore prima. O addirittura dove passarci la giornata: a fine gara si resta comunque lì. L’idea è che una persona trascorra allo stadio una media di cinque ore, non solo per svagarsi ma anche per lavorare”.

Si spiega meglio: “In Spagna si verifica spesso questo fatto. Cioè che un imprenditore che ha affittato uno spazio suo (come un palco, un piccolo ufficio), decida di portare i clienti a vedere la partita come regalo aziendale, ma allo stesso tempo utilizzi quei momenti anche per parlare di business. Sono tante le società che affittano gli spazi vip per fare le riunioni: in alcuni casi ci sono dei grandi sponsor che bloccano questi spazi anche durante la settimana, quando non ci sono le partite”.

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Stadio sempre aperto, per permettere all’investimento di fruttare in maniera considerevole. “Abbiamo calcolato che in due anni, solitamente, la spesa iniziale è stata ripagata. Si va da un aumento del 30% del fatturato, fino al 200%”, anche in base ai risultati sportivi ottenuti. “Bisogna tenere conto delle realtà che si analizzano: a mio avviso, la Juventus è estesa a livello nazionale, basti vedere come a Palermo la gente riempia lo stadio per vedere giocare i bianconeri. Se fosse in piazze come Barcellona o Madrid, farebbe sempre il tutto esaurito. La Roma, invece, non dovrebbe puntare su 85mila posti: un’affluenza di quel tipo sarebbe legata solo a determinate gare”. Valutazioni che aprono a un mondo nuovo: la politica dei biglietti da intraprendere, le affiliazioni, le attività parallele. Ma una convinzione: per il calcio, permettere alle società di avere una casa nuova su cui poter investire sembra un futuro sempre più prossimo a diventare un necessario presente.

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