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La panchina degli Whitecaps, il calcio in MLS e gli obiettivi per il futuro. Sartini: “È quasi la mia isola felice”

L’intervista a Vanni Sartini, allenatore dei Vancouver Whitecaps: dal calcio in MLS agli obiettivi per il futuro

Prendete una cartina geografica e tracciate una linea che parta da Firenze e arrivi fino a Vancouver. Sono circa 8750 chilometri di distanza. Due mondi differenti, con culture e tradizioni agli antipodi. Ma c’è chi, grazie al calcio, è riuscito a sentirsi a casa anche in un posto così lontano. “Qui si sta bene e si lavora bene, è quasi un’isola felice”. A parlare è Vanni Sartini, allenatore dei Vancouver Whitecaps (squadra militante in MLS). Sangue toscano, ma con il cuore ormai in Canada

Gli inizi in Italia

 

“Come ha fatto ad arrivare lì?”, direte voi. Partiamo con ordine. La storia da allenatore di Vanni Sartini parte nel 2008 sulla panchina del Mezzana Calcio. squadra militante nella prima categoria pratese. Anni di gavetta e formazione, il primo treno passerà dopo un po’. 

 

 

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Photo Credits: Vancouver Whitecaps

 

 

Perché dopo qualche anno, Vanni diventa il vice di Davide Nicola: “Lui mi ha dato la prima opportunità di lavorare nel calcio professionistico. Io inizialmente ero il suo analista tattico, poi ho fatto il secondo. Ci siamo sentiti per tanto tempo, ora non più con quella frequenza di prima ma i rapporti sono di sicuro ottimi”, racconta ai microfoni di gianlucadimarzio.com.

 

Il bagaglio lavorativo di Sartini inizia a crescere, ma dentro di sé c’è sempre stato un desiderio: “La voglia di andare all’estero e fare nuove esperienze l’ho avuta fin da ragazzo”. Un sogno, quello di Vanni, reso possibile anche dal suo ruolo al tempo nella FIGC: “Io, oltre ad allenare, lavoravo per il settore tecnico della Federazione a Coverciano. Mi occupavo della parte internazionale della scuola di allenatori, ovvero fare corsi o andare all’estero e insegnare la nostra metodologia”.

 

L’occasione arriva nel 2016. Sartini prende la palla al balzo e vola negli USA. Da lì, non tornerà più in Italia. “American Dream” realizzato. “Alcuni anni fa dovevo scegliere se andare a Bari con Nicola o andare negli Stati Uniti e decisi di andar via. Non ci pensai su due volte. Grazie ai contatti che mi sono creato girando il mondo, uno di questi mi ha portato ad avere l’offerta di lavoro per andare negli Usa”.

L’arrivo a Vancouver

 

Il primo passo negli USA, come detto, c’è stato nel 2016, quando la Federazione statunitense gli affidò il compito di formare gli allenatori. Sogno realizzato, ma siamo ancora all’inizio. Prossimo obiettivo: tornare in panchina. La chiamata arriva dal Canada: Sartini risponde presente. La voglia di mettersi in gioco è troppa. A Vancouver sono arrivato nel 2019. Per due anni sono stato il vice, poi alla fine del 2020 sono diventato l’allenatore della seconda squadra e il responsabile del settore giovanile”. 

 

 

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Photo Credits: Vancouver Whitecaps

 

 

 

Ma la storia di Sartini è piena di sorprese. E come la più classica delle favole, c’è sempre un lieto fine. “L’anno scorso Marc Dos Santos è stato esonerato e ho preso la guida della prima squadra”. Da Firenze a Vancouver, dalla prima categoria pratese alla panchina di una squadra di MLS. Era tutto scritto da qualche parte. Vanni ci ha creduto ed è stato ripagato.

 

Pensate sia finita qui? Macché, affatto. “Inizialmente dovevo essere il traghettatore per qualche partita, poi per fortuna abbiamo fatto grandi risultati e mi hanno tenuto”. Sulla panchina degli Whitecaps, Sartini compie un mezzo miracolo: prende la squadra al penultimo posto e la porta ai playoff. Vancouver si innamora del suo nuovo condottiero e la società lo ripaga: fiducia totale nei suoi confronti e rinnovo di contratto. 

 

 

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Photo Credits: Vancouver Whitecaps

 

 

Ma oltre alla partita dello scorso anno che ha sancito la qualificazione ai playoff, Sartini ha conquistato anche un trofeo: “La partita in cui siamo andati ai playoff e la finale di Canadian Championship vinta contro Toronto di quest’anno sono state le notti più belle della mia vita”. Primo trofeo in bacheca contro Insigne, Bernardeschi e Criscito. La sfida tra italiani l’ha vinta Vanni.

 

Il calcio in MLS

 

Giocatori esperti come Insigne e Chiellini, ma anche qualche giovane talento come Riqui Puig. L’MLS è ormai una realtà consolidata, anche se alcuni lo considerano ancora un campionato inferiore: “C’è un’idea sbagliata riguardo il livello dell’MLS. Se non sei al top, anche se sei un gran giocatore, non ce la fai. Abbiamo 3-4 giocatori davvero bravi che potrebbero giocare in Europa. C’è Veselinovic che è un difensore centrale, anche Ryan Raposo può diventare un buon giocatore. Il nostro miglior calciatore è Ryan Gauld che potrebbe giocare anche in Serie A, è stato già in Portogallo. Nel campionato ce ne sono almeno cinquanta”.

 

 

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Photo Credits: Vancouver Whitecaps

 

 

Un processo di crescita, quello dell’MLS, che passa anche dal grande lavoro commerciale dei club. L’attenzione all’ambito del marketing e alla partecipazione dei tifosi, lì si cura ogni dettaglio. “Tutte le parti marketing e commerciali delle squadre sono stellari. All’inizio della partita, all’intervallo, alla fine c’è sempre qualcosa. La cosa che è migliorata tanto da quando sono arrivato è lo spettacolo in campo. Non siamo al livello dei top campionati europei, ma siamo lì sotto”.

Le differenze con il calcio italiano, però, sono tante. Tra queste anche il diverso approccio dei tifosi: “Ci sono due tipologie: ci sono quelli che vengono qui a tutti gli eventi e quelli che sono come dei clienti. Non c’è una cultura come la nostra. Qui bisogna fare in modo di ingaggiare maggiormente i tifosi in quello che facciamo e renderli partecipi. Questo sta funzionando bene, gli stadi qui in Mls sono sempre pieni. C’è grandissimo entusiasmo, hanno fatto anche un nuovo accordo con le televisioni”.

 

Il calcio viene vissuto in modo molto diverso. Questo impatta anche sulle pressioni di allenatori e giocatori: “Ci sono sicuramente meno pressioni, Questo perché qui non ci sono retrocessioni, la squadra non rischia mai di scendere di categoria e di perdere la possibilità di giocare nel campionato successivo. Se perdi 5-6 partite ti possono dare un pochino più di tempo per poterti esprimere come allenatore. Il contesto però sta cambiando: quando sono arrivato era davvero difficile vedere un allenatore esonerato, adesso su 28 squadre almeno 7-8 cambiano in panchina”.

 

 

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Photo Credits: Vancouver Whitecaps

 

Ma una delle più grandi differenze è l’impatto delle partite in trasferta. Migliaia e migliaia di chilometri tra uno stadio e l’altro, con viaggi che possono durare ore e ore: “Qui i viaggi sono allucinanti, ti impattano ogni singolo aspetto, come per esempio la periodizzazione e l’intensità degli allenamenti. Anche il cambiamento climatico tra partita e partita, perché puoi giocare in Florida dove ci sono 30 gradi e dopo tre giorni vai a Toronto dove ce ne sono 15. Quando siamo in casa non andiamo in ritiro, ci ritroviamo tre ore prima della partita allo stadio. Questo perché le distanze incidono tantissimo e quando vai in trasferta sei via per 2-3 giorni. Quindi tutti i momenti che si possono passare con la propria famiglia sono importanti”.

 

Chi vive quotidianamente questa realtà può raccontarla con occhi diversi. Perché dietro a quei 90 minuti di partita ci sono ore e ore di lavoro di giocatori, allenatori e non solo. Dietro le quinte c’è un’organizzazione capillare: “C’è anche tanto investimento nel settore giovanile. Ci sono sfide che non abbiamo in Italia: il Canada è enorme, riuscire a fare uno scouting generalizzato è molto difficile. Nonostante sia un paese grande ci sono solo tre squadre che giocano in Mls, mentre le altre nella Canadian Premier League. Non c’è grandissima competizione giovanile a livello locale, devi viaggiare molto e ci vogliono investimenti enormi. Il club, infatti, ha deciso di investire in accademie in tutto il Canada che selezionano i migliori e poi arrivano a Vancouver da noi quando hanno 15-16 anni. È il meccanismo che ha permesso agli Whitecaps di scoprire Alphonso Davies. Io sono arrivato quando lui è andato al Bayern, ci siamo solo sfiorati”. 

 

 

 

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Ma se c’è un aspetto in particolare in cui l’MLS è avanti al calcio italiano, è la situazione delle infrastrutture: Per entrare in Mls devi avere il progetto dello stadio e del centro sportivo. Si lavora benissimo, qua c’è qualsiasi cosa”.

 

Gli obiettivi per il futuro

In tutta la sua carriera, Sartini non ha mai fatto programmi per il futuro. Ha vissuto giorno per giorno, godendosi il presente e le cose concrete. Al resto ci ha pensato il destino: “Qui mi trovo bene e per farmi andare via da Vancouver e dal Nord America ci vorrebbe un’offerta che mi possa cambiare la vita. Qui si sta bene e si lavora bene, le pressioni non sono pesanti. È quasi un’isola felice”.

 

 

 

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Ma, inevitabilmente, il pensiero a quello che potrà succedere c’è sempre.Un giorno mi piacerebbe tornare. Sono italiano e tornerò sicuramente a vivere lì, ad allenare non lo so. Non è l’obiettivo della mia vita, voglio continuare solo a fare il mio lavoro a buon livello e divertirmi”. Il richiamo dell’Italia, ma anche la voglia di continuare a inseguire sfide su sfide nella sua Vancouver. “Concretamente non ho ricevuto offerte dall’Italia. L’anno scorso ho avuto un paio di colloqui qui in Mls e con squadre di divisioni inferiori in Inghilterra. Ma non ho approfondito niente. In futuro siamo aperti a tutto”.

 

 

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Prima di pensare troppo in là, c’è da fare i conti con l’ultima partita di MLS di questa stagione. Domenica, Vancouver si gioca tutto contro Minnesota per entrare ai playoff. Un dentro o fuori che Sartini non vuole sbagliare. Per riscrivere la storia per il secondo anno di fila.