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Leader di buone maniere e velocità di pensiero: Solari, il Principito che diventa Re(al)

Poca esperienza in panchina, da cinque anni alla guida delle giovanili del Madrid. L’argentino è chiamato al compito più difficile, con la speranza che possa seguire il percorso tracciato e bruscamente interrotto a maggio da Zidane

Se nasci in una famiglia di calciatori, non puoi non avere il calcio nel sangue. Nel caso di Santiago Hernán Solari, però, c’è di più. Perché El Indiecito, il nuovo allenatore del Real Madrid, alle grandi qualità con i piedi ha sempre abbinato una straordinaria velocità di pensiero. Così era a Rosario, dove è nato e ha iniziato la carriera prima di viaggiare in Spagna; sulle spalle le pressioni che sopportano i figli d’arte. Il papà Eduardo, lo zio Jorge, il cugino Fernando Redondo, i fratelli Esteban e David. Tutti calciatori. Impossibile non sognare di diventare uno dei grandi. Pallone sì, ma anche letteratura, l’altro amore di Santi. E ora che deve guidare la squadra più gloriosa del pianeta che sta crollando a picco le abilità intellettive potranno certamente servirgli.

In Argentina era riuscito a farsi un nome mentre sognava di sfondare in Europa, ma le cose a Madrid potevano terminare molto prima del previsto. Dopo il Newell’s e il River, infatti, Solari firmò per l’Atletico che attraversava il peggior momento della sua storia e che concluse la stagione ’99-2000 con la retrocessione in Segunda. Il Real (su suggerimento del cugino Redondo, si dice) fu sveglio a fiutare l’affare cambiandone per sempre il destino. Non fu semplice arrivare al livello dei Galacticos, complici alcuni problemi respiratori che non lo lasciavano in pace, ma con il lavoro Santi si prese il suo spazio. Arrivò a farsi amare dai tifosi del Madrid, quelli sempre pronti a fischiare le proprie stelle al minimo errore e a disprezzare chi non possiede le qualità per vestire la gloriosa camiseta blanca.

Solari rappresentava la borghesia, quella che spesso ti fa vincere le partite. Così si conquistò la gloria nella notte della Novena a Glasgow: titolare, lucido e decisivo per iniziare l’azione che portò alla straordinaria volée di Zizou. Scherzi del destino. Puntando – seppur temporaneamente – su di lui il Real Madrid ha scelto la tradizione, un altro hombre de la casa come fece nel gennaio del 2016 licenziando Benitez e consegnando le macerie di una squadra che stava crollando nelle mani di Zidane. Il resto è storia. I parallelismi con quella stagione sono tanti, questo Madrid è ‘un disastro’ (per dirla alla Casemiro). E troppi passi falsi da quelle parti non sono tollerabili.

Così accade che una stagione partita male stia procedendo peggio, con Florentino Pérez che dopo aver concesso una seconda chance a Lopetegui non ha più potuto aspettare. E ha guardato nuovamente in casa sua, non avendo troppe alternative. Dal suo addio alla Spagna nel 2005, Solari ha sempre espresso il desiderio di tornare a Madrid per mettere radici una volta terminata la carriera di calciatore. E così è stato. In Italia con l’Inter, il ritorno in Argentina, il Messico, poi l’addio in Uruguay con il Peñarol. E dopo il campo la panchina, un’idea nata con gli anni ma piuttosto scontata. Come è possibile rimanere lontano da quel mondo se il calcio ce l’hai nel sangue?

Poca esperienza, ma chi lo conosce dice che Solari è allenatore da sempre, con la sua capacità di analizzare perfettamente le gare appena terminate. Da giocatore ripensava ai dettagli, si chiedeva il perché delle cose, non ha mai creduto che una vittoria o una sconfitta fossero determinate dal caso. Poi parlava di calcio con tutti, e leggeva, leggeva sempre; perché “di conoscere e imparare non si finisce mai”. Anche per questo, mentre iniziava la sua carriera da allenatore, si toglieva lo sfizio di diventare editorialista sulle pagine di El País. Cadete A, Cadete B, poi il Castilla. La sua carriera nelle giovanili del Real è filata via abbastanza liscia fino a quando il club gli ha assegnato la panchina che fino a quel momento era stata di Zidane.

Sacchi e Del Bosque i maestri, gli uomini prima degli schemi, fatti e non parole. Superate non poche difficoltà, in questa stagione Santi ha messo la firma sul miglior inizio degli ultimi 14 anni, migliorando anche i record del suo predecessore e del Castilla di Lopetegui nel 2008. Anni fa iniziò una staffetta che oggi torna più attuale che mai. Florentino ha totale fiducia in lui e già nei mesi scorsi era orientato a puntarci. Oggi gli ha (momentaneamente) affidato una nuova sfida, con la speranza che possa seguire la strada tracciata e bruscamente interrotta a maggio da Zidane. Finora il suo principale obiettivo era quello di formare calciatori, ora dovrà riformare un ambiente che ha perso certezze – oltre che il miglior giocatore del mondo in estate.

Con il Castilla è stato capace di risolvere situazioni complicate, di prendere decisioni inusuali, pensando in primis al bene del club, dei dirigenti e dei suoi ragazzi. Oggi Solari si trova di fronte una sfida enorme: paga Lopetegui, ma i problemi sono ben più profondi. Deve rimettere in piedi un gruppo a pezzi fisicamente, nono in classifica, che forse – mentalmente – si è già arreso. Servirebbe un milagro, quello che a Zidane riuscì in quattro mesi e per tre anni da quel gennaio 2016. Ora tocca a Santi muovere le pedine, come faceva in campo. Quando da Indiecito divenne Principito. Che ora ha l’occasione di diventare Re(al) per non essere solo uno di passaggio.