“Al triplice fischio i ragazzi non erano soddisfatti. Di più”. Può un pareggio essere accolto come una vittoria? Sì, se ti chiami San Marino e la tua non è una storia propriamente vincente. Un totale di 169 partite e una sola vittoria in 34 anni: contro il Liechtenstein, in amichevole, nel 2004.
Lì dove partire con lo sfavore dei pronostici è la regola, anche il secondo 0-0 consecutivo contro Gibilterra può assumere allora il sapore del successo. Eppure, dietro la prima striscia di risultati utili consecutivi in competizioni ufficiali, c’è molto di più: “Gli aspetti storici li lascio agli altri. La mia soddisfazione più grande è aver trasmesso alla squadra il senso di appartenenza nel rappresentare un Paese”, racconta a gianlucadimarzio.com Franco Varrella, dal 2018 il commissario tecnico della nazionale sammarinese.
Di Rimini, 67 anni e con un passato da vice di Arrigo Sacchi a Euro ’96 in Inghilterra: “Ho colto i significati dell’esperienza con l’Italia e li ho trasportati a San Marino. Per me non conta sia uno stato di 30mila abitanti all’ultimo posto del ranking Fifa”.
È bastato un mese: “Prima, a metà del secondo tempo potevamo star sotto di cinque, sei o sette gol, ma la preoccupazione maggiore era comunque capire se si fosse riuscita a prendere la maglia di Hazard o Lukaku. Adesso credo che dopo questa presa di coscienza alla maglietta ci si penserà solo una volta rientrati negli spogliatoi. Non dimenticheranno così facilmente che, pur a fatica, la palla possiamo tenerla anche noi”.
Tra mille difficoltà
Quando gli chiedi della sua storia lui risponde così: “Il successo è di San Marino, meno parliamo di me e meglio è”. All’ombra del Titano, facendo passi da gigante. In Serie B Varrella ha allenato Brescia, Salernitana e Triestina, oggi vive la difficoltà di essere un professionista a tutti gli effetti in un ambiente forzatamente dilettantistico. Dove la vita quotidiana può portare piccoli inconvenienti ma anche incredibili soddisfazioni: “All’inizio anche rispondere a una convocazione era legato alla quotidianità. Un imprevisto a casa o al lavoro e telefonavano al team manager: ‘Mi dispiace, non posso venire’. Nell’ultimo anno questo non è più successo, aver cambiato il loro modo di comportarsi è una grande vittoria personale”.
In rosa ci sono soltanto due professionisti: “Alcuni giocano in Promozione, ma non sono neanche titolari, scendono in campo una tantum. Molti altri appartengono al campionato sammarinese, un torneo interno dove la competitività è ancora minore. Quando vengono in Nazionale però danno tutti il massimo, qui ora si sentono soltanto dei rappresentanti di San Marino. Il mio successo è proprio averli portati a sentirsi competitivi e a comprendere che, pur vivendo di attività che non hanno nulla a che vedere con il calcio, nel momento in cui indossano questa maglia devono comportarsi da professionisti”.
Sì, avete capito bene. Per questi ragazzi il calcio è solo pura passione (LA STORIA): “Svolgono le attività più variegate: da lavori di ufficio a lavori manuali in catene di montaggio, per questo motivo possiamo allenarci soltanto la sera. Quando ci sono le partite spesso devono chiedere permessi particolari e rinunciare anche alle ferie, mentre il CONS (il Comitato Olimpico di San Marino, ndr) rimborsa ai datori di lavoro le due giornate perse dall’atleta. Il giorno prima di affrontare Gibilterra, i ragazzi hanno lavorato fino alle 18, poi alle 18.45 sono venuti al campo e abbiamo dormito insieme in un mini ritiro. In queste 24 ore si sono comportati da professionisti, per me è stato un altro piccolo grande risultato”.
E quest’anno si sono aggiunte anche le difficoltà del Coronavirus: “Durante la preparazione siamo riusciti a creare nel nostro centro sportivo una bolla virtuale per 25 giorni. Nessuno dei 30 ragazzi si è fatto prendere dal desiderio di romperla, per me è stato straordinario”.
Una nuova mentalità
Da sempre Cenerentola d’Europa, Varrella ha avuto il merito di cambiare la mentalità dell’intero movimento calcistico. Per dieci anni ha girato l’Italia con il compito di formare i nuovi allenatori come docente del settore tecnico di Renzo Ulivieri: “Poi alla fine dell’estate del 2017, dopo un lungo colloquio, ho deciso di seguire l’ex Juventus Massimo Bonini (ex capitano della nazionale sammarinese, ndr). A San Marino avremmo dovuto occuparci di tutto il settore giovanile, invece mandarono via l’allenatore della Nazionale A dopo una brutta sconfitta e iniziammo la nostra rivoluzione dall’alto”.
Gli ultimi due pareggi sono stati lo specchio della crescita: “Avevo già apprezzato la grande amarezza dei ragazzi in Liechtenstein dove avremmo strameritato la vittoria. Anche Gibilterra sabato voleva vincere a tutti i costi per chiudere il girone al primo posto, noi però non volevamo perdere e ce l’abbiamo fatta nonostante tutto il secondo tempo in dieci uomini. Avremmo potuto avere addirittura cinque o sei punti e giocarci anche la qualificazione. Mi piacerebbe confrontarmi di nuovo con squadre come la Moldavia o il Kazakhistan, oggi siamo mentalmente cresciuti. Anche grazie alla nuova formula della Nations League che ci ha permesso di affrontare squadre più vicine nel ranking, cambiando il nostro metodo di lavoro. Pensare di battere Gibilterra è frutto di una crescita, della grande speranza di chi non ha mai assaporato grandi gioie”.
Il mandato da commissario tecnico termina tra un mese, Varrella ha le idee chiare: “Finita la partita, la mia sensazione è stata più quella di un arrivederci (ride, ndr). Io penso di aver impostato una strada: mi sono divertito e sono contento di quanto ottenuto. Poi ci sono tante motivazioni dietro la scelta, in Nazionale non contano solo i risultati. Fosse per me io resterei altri due anni”.